Co-sleeping: dormire con il bambino nel lettone

Più al bambino piccolo verrà data la possibilità di dormire accanto alla madre nel lettone, più sarà capace in seguito di stare da solo. Paradossalmente, infatti, accogliere il desiderio di dipendenza dei figli piccoli favorisce il loro percorso verso l’autonomia

Co-sleeping tra mamma e bambino

Quale bambino prima o poi non ha passato una o più notti nel lettone con i suoi genitori? Se potessero scegliere, quasi tutti i piccoli lo farebbero. Co-sleeping è proprio il termine col quale viene definito, nella comunità scientifica, il dormire insieme, pratica che viene svolta utilizzando un unico letto – quello dei genitori – oppure aggiungendo la cosiddetta “culla co-sleeping”, ovvero una culletta attaccata al letto che permette di praticare il co-sleeping sicuro.

Ma quindi cos’è il co-sleeping di cui tanto si sente parlare? Si tratta di una semplicissima abitudine che ci accomuna ai primati non umani, le scimmie, geneticamente molto vicine a noi e che prevede di dormire insieme al bambino. Il co-sleeping è una consuetudine molto diffusa presso tutti popoli del mondo, mentre nella società occidentale è caduta in disuso solo da qualche decennio. Potremmo dunque affermare che, per i nostri cuccioli, il fatto di dormire da soli è una novità. Ma il co-sleeping porta dei benefici? È una novità utile o non viene più praticato per questioni di sicurezza? 

Perché si pratica il co-sleeping?

Il cucciolo di essere umano nasce immaturo; devono trascorrere molti anni prima che divenga adulto, e in tutto il suo sviluppo, soprattutto quando è più piccolo, è estremamente vulnerabile ai pericoli ambientali (predatori, freddo, fame…). Quello di tenersi vicini alla propria madre è dunque da sempre, per i piccoli, un istinto di sopravvivenza.

Il co-sleeping rientra nel “Sistema comportamentale dell’attaccamento”, strategia di cui ciascun bambino, fin dalla nascita, si serve per tutelare la propria sopravvivenza e che possiamo suddividere per punti:

  • Fino ai 6-7 mesi il bambino segnala i propri bisogni fondamentalmente attraverso il pianto e si calma col contatto fisico, col suono della voce, con la visione di un volto umano, succhiando qualcosa, oppure dondolandosi.
  • Il bambino più grande è capace di riconoscere e richiamare alla mente l’immagine di molte cose che ha visto e che ora ricorda, soprattutto l’immagine della madre; diviene capace dunque di accorgersi della sua assenza e di cercarla consapevolmente per raggiungerla.
  • Verso gli 8-9 mesi in quasi tutti i bambini questa fase è stata raggiunta ed è facilmente riconoscibile per la comparsa dell’ansia da separazione.

Quando il bambino si accorge che la madre è assente o distante prova una sensazione di ansia che può farlo piangere. Non tollera facilmente di essere separato da lei, e se fino a poco tempo prima andava tranquillamente in braccio a chiunque, ora piange non appena un estraneo prova a tirarlo su. È un periodo in cui anche i bambini che dormivano molte ore consecutivamente iniziano a svegliarsi e a richiamare la madre col pianto cercando di ricongiungersi a lei.

Anche di giorno, mentre gioca, il bambino non supera una certa distanza da sua madre e ne controlla di tanto in tanto la vicinanza con lo sguardo, cerca di avvicinarsi a lei se si è troppo allontanato. La madre fa altrettanto con un comportamento complementare e reciproco, che si manifesta intensamente fino alla fine del terzo anno ma che rimane attivo per tutta l’età dello sviluppo e poi per tutta la vita, in forme sempre più blande.

Ovviamente, poiché questo comportamento nasce e si struttura per la difesa del piccolo dai pericoli ambientali, verrà espresso dalla mamma soprattutto in determinate circostanze: se il bambino è malato o distante da lei, se si trova in un ambiente sconosciuto o con estranei, se c’è un rumore forte o c’è buio… È dunque facile intuire perché, nel momento in cui si sveglia di notte, al buio, nella propria culla, il piccolo avverte l’ansia della separazione e cerca di ricongiungersi alla madre.

Co-sleeping e autonomia

Ma come mai a un certo punto i bambini – chi prima chi dopo – diventano capaci di tollerare la separazione, di calmarsi anche senza un contatto fisico e, infine, di dormire da soli senza ansie?

Ogni madre risponde a modo proprio alle richieste di vicinanza e di rassicurazione del figlio (anche in base al proprio carattere e al ricordo delle cure e dell’accudimento da lei stessa ricevuti quando era piccola). La maggior parte delle donne lo fa in maniera costante, coerente e sensibile. Così, nel tempo, il bambino arriva a comprendere che la mamma, anche se non c’è, è pronta ad accorrere, e che il suo modo di richiamarla è assolutamente efficace e gli sarà utile ogni volta che avrà bisogno di lei.

Ma cosa c’entra il co-sleeping con tutto ciò? Paradossalmente, più al bambino piccolo verrà data la possibilità di dormire accanto alla madre nel lettone, più sarà capace in seguito di stare da solo. «Ma è meglio aggiungere una culletta attaccata al letto? Il co-sleeping non è più sicuro con un’estensione del letto?». La decisione spetta ai genitori. Culletta co-sleeping o meno, quel che è più importante sapere è che più verrà accolto il desiderio di dipendenza del bambino fin da piccolo, più facilmente il bambino diventerà, in seguito, autonomo.

Trascurare sistematicamente le richieste di vicinanza del bambino o rispondere in maniera incostante rallenta o ostacola questo processo di formazione della sicurezza interiore. Pertanto, ogni madre dovrebbe dare al proprio bambino la possibilità di chiederle di starle accanto di notte – soprattutto se il piccolo ha paura, o è malato, o è ansioso per un motivo qualsiasi – e che un co-sleeping “a richiesta” è probabilmente la strategia più giusta.

Co-sleeping: fino a che età?

Il co-sleeping è sicuro per la crescita del bambino? Gli studi di epidemiologia mostrano che a 9 mesi l’84% dei bambini si sveglia almeno una volta, con un picco di risvegli a 2 anni, e che fino ai 3 anni (soprattutto verso i 18 mesi) molti dormono nel lettone con i genitori per tutta la notte o per una parte della notte, abitudine che diminuisce nel tempo, al punto che tra i 5 e i 10 anni praticamente tutti imparano a dormire tranquillamente da soli.

Immagine per l'autore: Anna Maria Moschetti
Anna Maria Moschetti

medico pediatra dell’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), presidente della Commissione Ambiente dell’Ordine dei Medici di Taranto e responsabile dell’Associazione Culturale Pediatri di Puglia e Basilicata per le malattie dei bambini legate all’inquinamento.

Articolo pubblicato il 24/06/2013 e aggiornato il 12/12/2022

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