Montata lattea: sintomi e quando arriva

È il processo in cui si verifica il passaggio dal colostro al latte di transizione e poi a quello maturo, e dura generalmente 10-15 giorni. Solo in casi specifici può essere necessario favorirlo attraverso piccole strategie

Giada Barbirato , ostetrica
neonato allattato dopo arrivo montata lattea

«Arriva o non arriva la montata lattea? E quando? Avrò abbastanza latte?». Per alcune donne, spesso spinte da pressioni esterne, l’attesa della montata lattea dopo il parto può rappresentare una fonte di stress e ansia. Il passaggio dalla produzione del colostro, il primo prezioso alimento per il neonato (ricco di proteine, carboidrati e anticorpi), alla produzione di latte maturo può richiedere tempi diversi, e nella maggior parte dei casi questi rientrano in una situazione di fisiologia che non deve allarmare né i genitori che desiderano intraprendere la strada dell’allattamento al seno, né gli operatori sanitari che assistono le cure nei primi giorni dopo il parto. Per le mamme che non desiderano o non possono allattare, la montata lattea può essere invece evitata attraverso metodi farmacologici e non solo. 

Cos’è la montata lattea e quando arriva?

Nei due-tre giorni successivi al parto il colostro si trasforma gradualmente in latte di transizione per diventare infine latte maturo ricco di grassi, il tutto secondo un processo (la lattogenesi) durante il quale il latte subisce importanti modifiche che riguardano le sue caratteristiche: la composizione, il colore, la funzione.

Ogni fase ha una funzione specifica che risponde alle esigenze individuali del neonato. I componenti del latte materno, infatti, soddisfano in ogni fase le richieste che ha in quel determinato momento il metabolismo del bambino. Il passaggio dal colostro al latte di transizione e poi a quello maturo (processo che dura dai 10 ai 15 giorni) viene chiamato montata lattea. 

Quanto tempo dopo il parto avviene la montata lattea?

La formazione del latte di transizione inizia dopo tre-quattro giorni e, successivamente, nell’arco di 10-15 giorni si completa la formazione del latte maturo. I tempi di evoluzione possono variare da soggetto a soggetto e solo in rari casi il ritardo può rappresentare un ostacolo all’allattamento.

La normale fisiologia della lattazione comincia ben prima dell’attacco iniziale del neonato dopo il parto. Questo processo prevede che il seno cambi la sua composizione, le sue dimensioni e la sua forma già durante le varie fasi dello sviluppo femminile, ovvero pubertà, gravidanza e allattamento. Ognuna di queste fasi è influenzata da una cascata di cambiamenti fisiologici di tipo ormonale che sono cruciali per il successo dell’allattamento al seno

Quanto dura la montata lattea? 

È fisiologico non produrre un latte liquido e bianco nei primi giorni dopo il parto. Come abbiamo visto, nel corso delle prime poppate il neonato trova gocce di colostro, un liquido molto denso che rappresenta l’alimento ideale per i primi giorni di vita, quando il bambino ha bisogno di un latte facilmente digeribile, lassativo, protettivo e dall’alto potere nutrizionale; ciò al fine di contenere il calo ponderale, espellere le prime feci (il meconio) e fornire un’arma contro le infezioni neonatali. 

Con l’aumento delle dimensioni dello stomaco del neonato e dei livelli di prolattina e ossitocina, il colostro cambia le sue caratteristiche: diminuisce la sua componente proteica e aumentano i grassi per dare vita gradualmente a un latte maturo, adeguato alla crescita del bambino. Quando arriva la montata lattea, il processo non è ancora completato e può durare, come detto, dai 10 ai 15 giorni. Il latte, nell’arco di questo periodo, procede con la sua trasformazione: dal colostro al latte di transizione, fino al latte maturo.

Montata lattea: i sintomi

La montata lattea non è sempre legata a sintomi specifici (come abbiamo visto è un processo graduale che può avviarsi senza particolari disagi nel giro di qualche giorno). Può però, in alcuni casi, essere accompagnata da una sintomatologia dovuta all’aumento repentino della produzione di latte in seguito alla suzione e alle variazioni ormonali, con la trasformazione delle strutture ghiandolari. Per effetto di questi avvenimenti, il latte cambia la sua composizione: pian piano perde la sua iniziale densità, e il colore giallo/arancio tipico del colostro vira al bianco.

La frequenza e la durata delle poppate possono subire un cambiamento e il neonato può avere delle variazioni di peso (aumento o diminuzione). L’importante è essere seguiti da professionisti esperti e competenti in allattamento che sappiano valutare i parametri di fisiologia e consigliare al meglio la donna e il partner. 

Alcuni segni e sintomi caratteristici della montata lattea sono:

  • senso di tensione al seno più o meno intenso;
  • calore e pesantezza in alcune aree del seno;
  • aumento di volume del seno;
  • lieve aumento transitorio della temperatura corporea materna;
  • brividi percepiti dalla mamma su tutto il corpo.

La montata lattea può essere confusa con un ingorgo mammario?

L’ingorgo mammario si differenzia totalmente dalla montata lattea perché quest’ultima è un processo fisiologico temporaneo (il seno è pieno di latte, il maggiore afflusso di sangue che ne consegue non fa che aumentarne la produzione, andando a creare una tensione che però si risolve nel giro di qualche giorno con l’avvio dell’allattamento). L’importante è valutare la risoluzione di questi sintomi e l’assenza di altre problematiche non associate alla fisiologia della montata lattea, come ad esempio il già citato ingorgo mammario, le ragadi o altre infezioni. 

Per alleviare i disagi determinati dalla montata lattea la donna può eseguire massaggi circolari al seno, utili a ridurre la tensione mammaria, o fare impacchi caldo-umidi o docce calde, tenere il seno libero da costrizioni e cercare di riposare il più possibile. 

Montata lattea tardiva

La montata lattea, come detto, può arrivare secondo tempistiche diverse, più precocemente o, in alcuni casi, dopo un ritardo (da valutare solo se compaiono segni patologici nella donna o nel neonato). Studi prospettici hanno dimostrato che la montata lattea tardiva può verificarsi soprattutto in alcuni casi specifici che presentano fattori predisponenti

  • taglio cesareo, soprattutto se urgente;
  • parto spontaneo con travaglio prolungato;
  • parto prematuro;
  • assenza di contatto pelle a pelle o contatto ritardato tra madre e neonato dopo la nascita;

Le donne che manifestano il desiderio di allattare e sono a rischio di montata lattea tardiva dovrebbero essere informate fin dalla gravidanza sui meccanismi del processo della lattazione e ricevere un supporto aggiuntivo almeno durante la prima settimana che segue il parto. Il momento della montata lattea non sempre coincide con quello della dimissione dalla struttura ospedaliera ed è quindi importante che la donna riceva un’assistenza adeguata anche successivamente. 

Avere un ritardo nella montata lattea non significa dover rinunciare all’allattamento al seno. La produzione del latte può infatti essere stimolata anche tardivamente con l’aiuto di un professionista. Anche nel caso di un parto prematuro, così come nelle situazioni in cui il neonato e la madre devono essere separati a causa di patologie importanti, è possibile aiutare la montata lattea attraverso la stimolazione manuale e meccanica del seno, al fine di conservare prima il colostro e poi il latte materno per il proprio bambino. 

Montata lattea dopo il taglio cesareo

La montata lattea dopo un taglio cesareo può arrivare più in là del previsto per i seguenti motivi: persistenza del dolore post-operatorio, ritardo della cascata fisiologica ormonale, ritardo del primo attacco al seno da parte del neonato.

In questa circostanza il supporto assistenziale è l’arma più potente. Ecco quali possono essere le strategie per favorire la montata lattea anche nel caso di taglio cesareo:

  • favorire l’attacco precoce al seno;
  • imparare la stimolazione manuale del seno;
  • eseguire il contatto pelle a pelle in sala operatoria (quando possibile);
  • eseguire una terapia antidolorifica adeguata.

Come stimolare la montata lattea

La montata lattea può essere stimolata e favorita attraverso alcune strategie che riguardano la promozione e il supporto dell’allattamento. Tra queste le più importanti sono:

  • attacco al seno e poppate frequenti nelle 24 ore;
  • praticare il rooming-in con il supporto del personale ospedaliero;
  • adeguato riposo;
  • supporto psicologico e pratico alla donna;
  • buona idratazione con aumento dell’assunzione di liquidi;
  • alimentazione ricca ed equilibrata;
  • eventuale stimolazione manuale del seno, o con tiralatte in circostanze specifiche;
  • eseguire il contatto pelle a pelle nei primi giorni dopo il parto.

Per favorire la montata lattea è importante avere consapevolezza e competenze sull’allattamento, ma soprattutto saper chiedere e individuare un aiuto per affrontare eventuali difficoltà in merito all’avvio delle poppate al seno e al corretto attacco del bambino. A tal proposito, il corso preparto, il confronto positivo e la condivisione tra mamme, il supporto degli operatori sanitari, sono tutte strategie fondamentali. 

Come evitare la montata lattea

La montata lattea può anche essere prevenuta con alcune strategie. Nel caso in cui la madre o la coppia, per controindicazioni specifiche o per motivi personali, decidesse di non avviare l’allattamento al seno o di volerlo interrompere fin dai primissimi giorni, la montata lattea può infatti essere evitata. In questo caso, sarà importante, in primo luogo, non stimolare il seno, poiché l’avvio della cascata ormonale e della produzione del latte è favorita proprio dalla suzione del neonato o dalla spremitura manuale o meccanica del seno. 

Nei primi giorni è meglio evitare massaggi o impacchi caldo-umidi al seno o qualsiasi stimolo importante. Su indicazione medica, nel caso di necessità, può essere prescritta una terapia farmacologica per inibire il processo fisiologico della lattazione. 

Giada Barbirato

Ostetrica e giornalista scientifica, lavora attualmente nella Sala Parto dell’Ospedale Santi Giovanni e Paolo di Venezia, dove si occupa dell’assistenza al travaglio e al parto fisiologici e dell’assistenza neonatale e nel puerperio.

Bibliografia
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  • Ministero della Salute, Allattare al seno, un investimento per la vita, «salute.gov.it», 2019.
  • J. Pillay, Tammy J. Davis, Physiology, Lactation, «StatPearls Publishing», luglio 2021.
  • Donna J Chapman, Rafael Pèrez-Escamilla, Identification of Risk Factors for Delayed Onset of Lactation, «J Am Diet Assoc.», 1999.
  • Jane A. Scott, Colin W. Binns, Wendy H. Oddy, Predictors of delayed onset of lactation, «Matern Child Nutrition», 2007.
  • Neville M., Morton J., Physiology and endocrine changes underlying human lactogenesis II, «Journal of Nutrition», 2001

 

Articolo pubblicato il 20/12/2021 e aggiornato il 07/10/2022
Immagine in apertura Zurijeta / iStock

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