Inverno e malanni, istruzioni per l’uso

Come sopravvivere all'inverno, tra febbre e malanni di stagione

Immagine per l'autore: Tommaso Montini
Tommaso Montini , pediatra
Bambino all'aria aperta in inverno

Il contadino la mattina guarda il cielo e sa che il suo lavoro dipenderà molto da quel cielo. Anche il pediatra la mattina guarda il cielo, perché anche una semplice frase come «fa freddo, non vorrei che mi prendesse un raffreddore…», per un pediatra di famiglia può diventare un incubo. Quando fa freddo, infatti, tutte le mamme hanno paura di far uscire i loro bambini e tutte vorrebbero avere un pediatra in casa.

La stagione dei malanni

In inverno i bambini si ammalano tutti. Tutti? Sì, tutti. Quante volte? La media è quattro-cinque volte, ma potrebbero essere di più. Il sistema immunitario ha bisogno di essere stimolato per crescere bene e, piaccia o no, le malattie sono un fatto assolutamente normale nel corso dello sviluppo. Solo pochi o pochissimi, per fortuna, saranno i problemi seri ed è importante che quelli non sfuggano al pediatra.

Facciamo tante cose per tentare di ammalarci meno, a partire dai quei rimedi consuetudinari che ci hanno insegnato le nonne. Qualche volta queste consuetudini complicano la vita più delle malattie stesse e alcune forse sono legate a false credenze. Proviamo a parlarne.

Malattie che si manifestano con la febbre

Le malattie che si manifestano con la febbre sono, quasi sempre, un problema infettivo. Infettivo vuol dire che qualche microrganismo (in genere si tratta di virus o batteri) entra nell’organismo e fa qualche danno. I germi si trasmettono da una persona a un’altra, la via più comune è attraverso le microscopiche goccioline di saliva che ognuno emette quando respira o parla. Queste restano in sospensione nell’aria e possono essere inalate da altri.

Quando respiriamo, le goccioline arrivano a pochi centimetri dalla nostra bocca, ma con un solo starnuto si calcola che vengano eliminate circa ventimila goccioline con una velocità iniziale di quarantacinque metri al secondo. Con un colpo di tosse possiamo fare anche meglio e possiamo raggiungere una distanza di oltre due metri. Una volta emesse, le goccioline restano sospese nell’aria per molto tempo, in rapporto al tasso di umidità dell’ambiente, e possono diffondersi in tutte le stanze di una casa. Attraverso i vani delle scale facilmente riescono addirittura a contaminare tutto un fabbricato.

Questo è il modo più frequente con cui ci ammaliamo, ma è possibile una trasmissione anche attraverso oggetti contaminati (fazzoletti, telefoni, giocattoli, mani, ecc.). In tutti i casi si tratta sempre di germi che da un uomo si spostano a un altro uomo.

Meglio l’aria aperta che quella chiusa

Il colpo d’aria, di vento o di freddo, come vedete, non c’entra niente e non fa venire la bronchite, come spesso si sente dire, anzi. La probabilità di respirare le goccioline infette è molto più alta in un ambiente piccolo, poco areato, dove respirano più persone e dove magari c’è il riscaldamento acceso che secca le mucose respiratorie, riducendone le naturali capacità difensive.

Non parliamo poi del fumo di sigaretta che spesso riempie questi ambienti e che, da solo, è in grado di provocare irritazione delle vie respiratorie e broncoreattività. Alcuni studi hanno addirittura ipotizzato un’azione tossica dell’odore delle colle e delle laccature dei mobili moderni. Sto parlando delle nostre case dove, diligentemente, spesso vengono chiusi i bambini ai primi freddi.

L’aria aperta è il posto migliore per proteggere i bambini. All’aperto le persone sono più lontane tra loro e le loro goccioline sono diluite e rapidamente allontanate. Se poi c’è vento, meglio ancora. Vengono allontanate molto prima.

Il disinfettante più potente è il sole

L’aria aperta è il posto ideale soprattutto perché c’è il sole, la luce. Il sole è il più grosso disinfettante della natura, il miglior antibiotico. I suoi raggi, non quelli che passano attraverso i vetri, uccidono un gran numero di germi e virus o interferiscono con la loro crescita. È per questo che i materiali chirurgici di plastica o gli abbassalingua vengono disinfettati con lampade ultraviolette. Queste lampade non fanno altro che riprodurre una frequenza della luce solare che tutti noi abbiamo in abbondanza, gratuitamente, tutti i giorni.

«Sì, ma non fa male il freddo?». Rispondo con una domanda. Perché si mettono gli alimenti in frigorifero? Lo facciamo perché i microrganismi che alterano gli alimenti crescono bene al caldo e si riproducono molto più lentamente al freddo. A bassissime temperature, pensate agli alimenti surgelati, i batteri non si riproducono affatto. E allora? I germi sentono freddo e vengono a vivere nelle nostre case, al caldo. A meno dieci gradi è possibile morire assiderati, ma difficilmente si prende il raffreddore che, correttamente, bisognerebbe chiamare rinite, visto che il freddo c’entra ben poco.

Le malattie più gravi, infatti, sono diffuse nelle zone del mondo più calde. Non è solo una questione di benessere economico. A pensarci solo un attimo, sono cose ovvie. Eppure, siamo condizionati da tradizioni che si tramandano senza una riflessione critica.

Malattie da affollamento

Ma perché allora ci si ammala di più in inverno che in estate? Non succede perché fa freddo, ma perché, a causa del freddo, ci chiudiamo in casa, accendiamo i riscaldamenti e stiamo in locali piccoli e affollati, in città sempre più inquinate. Sarebbe il caso di chiamarle malattie da affollamento piuttosto che malattie da raffreddamento.

Uno dei problemi maggiori che si presenta per la diffusione delle malattie infettive dei bambini è senza dubbio la scuola. Trenta bambini che respirano in un’unica classe chiusa, magari con una stufa accesa, sono una bomba infettiva. Se in media ogni bambino si ammala quattro o cinque volte per inverno, se ci sono trenta bambini per classe, basta fare una semplice moltiplicazione per comprendere che circa tra le centoventi e le centocinquanta volte a inverno c’è in classe almeno un bambino che emette con tosse e starnuti milioni di goccioline infette, che vengono respirate da tutti gli altri (abbiamo parlato della propagazione del raffreddore anche in questo articolo).

La febbre non è una malattia

L’errore più diffuso è quello di identificare le malattie con la febbre. Il pensiero comune è di considerare il bambino con la febbre come un malato, che quindi non può uscire, non può andare a scuola, mentre se non ha la febbre è automaticamente sano. E quindi può andare a scuola anche se magari ha la tubercolosi «tanto non ha febbre quindi può uscire».

Attenzione, la febbre è solo un sintomo (spesso può causare acetone, ne parliamo in questo articolo), non è la malattia e non è nemmeno il sintomo più importante. Non è vero che con la febbre il bambino non può uscire perché gli può venire la bronchite, ma è sicuramente vero, invece, che con la tosse non dovrebbe andare a scuola.

«Bravo dottore! E con il lavoro come la mettiamo? Glielo dice lei al capo ufficio che non sono andata al lavoro perché il bambino ha il naso che cola?». Il problema è complesso. Ci vorrebbe davvero un supporto importante per le mamme che lavorano. E allora? Forse il buon senso resta l’unico rimedio possibile. Ce la faremo, passerà anche questo inverno.

Articolo pubblicato il 02/12/2015 e aggiornato il 24/11/2022

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