La sindrome di Asperger è una condizione di neuro-sviluppo che rientra nelle forme dello spettro autistico e si distingue – pur senza ritardo significativo del linguaggio o disabilità intellettiva – per difficoltà nel relazionarsi socialmente, interessi ristretti e comportamenti ripetitivi. Qui di seguito vengono illustrate le manifestazioni tipiche (esempi: interazione sociale difficoltosa, interpretazione letterale del linguaggio, routine rigide), le modalità attraverso cui viene effettuata la valutazione diagnostica (con team multidisciplinare) e si chiarisce che, nonostante il termine “Asperger” resti nell’uso comune, dal 2013 la condizione viene considerata parte di un unico “disturbo dello spettro autistico”.
Inoltre, si presentano le strategie di supporto: interventi psico-educativi, potenziamento delle abilità sociali, adattamenti scolastici e familiari, e valorizzazione delle competenze individuali. Obiettivo: offrire una panoramica chiara e accessibile per genitori e professionisti, spiegando che il focus non è “curare” ma aiutare la persona a svilupparsi in modo pieno e con il sostegno adeguato.
Andrea, 11 anni, ha una voce molto profonda che in genere lo precede prima che entri in ambulatorio. Mi parla con grande padronanza di rotazione dei pianeti, delle stelle, del sistema solare e della scoperta della Luna; tutti argomenti che adora e conosce fin da quando è piccolo. Sua mamma mi ha raccontato che il primo giorno di scuola media ha persino interrogato la professoressa di scienze sulla distanza tra i vari pianeti, giudicandola impreparata. Andrea ha la sindrome di Asperger.
La sindrome di Asperger fa parte dei “disordini pervasivi dello sviluppo”, ovvero quel gruppo di malattie che riguardano il comportamento e la socialità. Si manifesta nei bambini fra i 4 e gli 11 anni di età ed è più frequente nei maschi.
La sindrome prende il nome dal pediatra viennese Hans Asperger, che all’inizio del Novecento descrisse il comportamento di quelli che egli stesso definì “piccoli professori”, ovvero bambini dal carattere solitario, goffi nei movimenti, che stavano spesso isolati dai loro coetanei e avevano difficoltà a comunicare e a relazionarsi con gli altri, ma che, al tempo stesso, coltivavano i loro interessi (musica, scienza, letteratura, matematica, collezionismo) con una dedizione particolare, fino a diventare dei veri e propri esperti.
Sono tutte caratteristiche riscontrabili nei bambini con la sindrome di Asperger, che utilizzano inoltre un linguaggio fatto di poche parole e spesso parlano in modo spropositato (“a ruota libera”), e che, nella maggior parte dei casi, si muovono in modo impacciato, fino a risultare ridicoli o avere difficoltà nel mantenere l’equilibrio.
La sindrome di Asperger è considerata da molti studiosi come una forma di autismo più lieve (o, come si dice in gergo, “ad elevato funzionamento”), poiché i bambini con questo tipo di disturbo si comportano in modo ripetitivo, schematico e si relazionano poco con gli altri coetanei; proprio come i bambini autistici. Diversamente dall’autismo, però, un bambino con la sindrome di Asperger riesce a esprimere chiaramente sentimenti di affetto e di attaccamento nei confronti dei propri familiari, ha un’intelligenza e un linguaggio nella norma e i suoi sintomi non peggiorano col passare degli anni.
Le cause della sindrome di Asperger non sono ancora del tutto conosciute. [1]
È molto probabile che l’origine sia multifattoriale, cioè che siano tanti i fattori a entrare in gioco nel determinare questa sindrome. Alcuni studiosi hanno ipotizzato una predisposizione genetica, in considerazione della ricorrenza dei casi all’interno di alcune famiglie. È stato inoltre ipotizzato che l’esposizione a fattori tossici durante le prime settimane di gravidanza possa alterare il normale sviluppo del sistema nervoso centrale del piccolo e predisporre alla sindrome. A tal proposito, però, ancora oggi non esistono dati scientifici certi.
Alla diagnosi di sindrome di Asperger si arriva in maniera graduale, partendo dall’osservazione del bambino. Esistono delle “bandierine rosse” che genitori e pediatri devono prendere in considerazione nel comportamento del piccolo:
Quando un bambino presenta una o più di queste caratteristiche, il pediatra lo invierà al neuropsichiatra infantile, che approfondirà la questione attraverso alcuni test specifici per la diagnosi della sindrome di Asperger, basati sia sulla valutazione del comportamento sia sulle capacità cognitive.
La gestione di questo disturbo è basata su una serie di interventi che hanno lo scopo di migliorare il comportamento e la comunicazione del bambino con sindrome di Asperger, aiutandolo in quegli aspetti relazionali che altrimenti potrebbero penalizzarlo e isolarlo dal gruppo (come le difficoltà nel linguaggio) e incoraggiando i suoi punti di forza (come ad esempio i suoi “interessi speciali”); proprio i suoi interessi sono una vera e propria risorsa per lui, in quanto fonte di divertimento, apprendimento e autostima.
A tal proposito, oltre a genitori e terapeuti, anche gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale, perché devono sostenere e incoraggiare la formazione e l’educazione del bambino. Durante l’adolescenza, infatti, i pazienti con sindrome di Asperger notano la propria diversità e si rendono dunque conto delle difficoltà che incontrano nei rapporti con i coetanei; se non adeguatamente supportati, possono sviluppare forme di depressione o disturbi d’ansia.
Al di là di questo, gli “Aspie” (è questo il termine con cui si definiscono le persone affette da questo disturbo) non presentano particolari problemi di salute e hanno una durata della vita media uguale a quella della popolazione generale.
Dunque, anche gli individui con sindrome di Asperger possono condurre una vita assolutamente normale. Uno studio condotto nel 2015 su 26 soggetti affetti dalla sindrome ha rilevato che ben il 96% di essi aveva conseguito un diploma e che la maggior parte aveva ottenuto un impiego stabile e svolgeva anche professioni redditizie. [2]
Anche per quanto riguarda le relazioni sociali è emerso che una buona percentuale risultava avere un partner stabile o sposato e con figli.
Ecco un elenco di personaggi illustri del passato che molto probabilmente hanno avuto la sindrome di Asperger: Michelangelo Buonarroti, considerato fra i geni del Rinascimento; Wolfgang Amadeus Mozart, compositore, pianista, organista e violinista austriaco, autore di capolavori musicali; Isaac Newton, matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo e alchimista inglese, una delle più grandi menti di tutti i tempi.
Fra le figure famose del presente, spiccano invece i nomi di Bob Dylan – cantautore e compositore statunitense, oltre che premio Nobel per la letteratura -, Steve Jobs, imprenditore e creatore di una delle aziende informatiche più note del pianeta, e Greta Thunberg, la giovane attivista ecologista che ha mobilitato centinaia di migliaia di giovani nel mondo in manifestazioni a difesa dell’ambiente.
Che cos’è oggi la Sindrome di Asperger e perché non si parla più spesso di “Asperger” come diagnosi separata?
La Sindrome di Asperger veniva in passato definita come un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da intelligenza nella norma o superiore, assenza di ritardo linguistico significativo, ma difficoltà nelle interazioni sociali e comportamenti ripetitivi. Oggi, secondo i manuali diagnostici (come il DSM‑5 del 2013 e la ICD‑11 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), non viene più utilizzata come categoria separata, ma rientra nei “disturbi dello spettro autistico” (ASD) al livello 1 o con basso bisogno di supporto. Tuttavia, il termine “Asperger” rimane in uso nell’esperienza clinica e quotidiana perché ancora utile ad indicare uno stile di neurodivergenza con specifiche caratteristiche.
Quali sono i segnali più frequenti che possono far sospettare la presenza di questa condizione in un bambino?
I segnali includono: difficoltà nel comprendere o rispondere alle regole sociali (es. salutare, attendere il proprio turno, mantenere una conversazione), difficoltà nella modulazione del linguaggio o nell’intonazione (uso un po’ pedante o letterale del linguaggio), interessi molto ristretti o intensi (collezioni, dettagli, numeri), attaccamento a routine rigide e difficoltà al cambiamento. In genere non vi è ritardo evidente del linguaggio o ritardo cognitivo, ma le competenze sociali risultano compromesse. Se notate questi comportamenti in modo persistente e significativo nella vita quotidiana del bambino, è utile parlarne col pediatra o con un neuropsichiatra infantile.
Come posso sostenere mio figlio a casa e a scuola se presenta questo profilo?
Un supporto efficace comprende: instaurare routine prevedibili che aiutino il bambino a orientarsi, prevedere e comunicare in anticipo i cambiamenti, usare linguaggio chiaro e semplice per spiegare aspettative e regole sociali, valorizzare i punti di forza del bambino (es. attenzione ai dettagli, memoria, interesse specifico) e favorire gradualmente le abilità sociali (giochi in piccoli gruppi, turn-taking, interazioni guidate). A scuola può essere utile un sostegno specifico (insegnante di sostegno, educatore), adattamenti ambientali e collaborazione tra genitori e insegnanti. L’intervento precoce e l’ambiente di sostegno migliorano la qualità della vita e l’autonomia.

calabrese, dopo la laurea in Medicina e chirurgia, conseguita presso l’Università di Messina, inizia il proprio percorso di formazione specialistica in Pediatria presso lo stesso Ateneo. Durante gli anni della scuola di specializzazione approfondisce le proprie conoscenze nel settore delle malattie endocrine dell’età infantile frequentando il Centro di Endocrinologia pediatrica del Policlinico Universitario di Messina. È autrice di diverse pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali. Dal 2019 scrive per Uppa.