Scabbia: sintomi e trattamento di un’infezione antica

Storicamente associata a condizioni di indigenza e scarsa igiene, questa malattia trova oggi una larga diffusione in luoghi affollati come residenze sanitarie, scuole, ospedali e famiglie numerose, sia nei Paesi in via di sviluppo sia in quelli sviluppati

Lorenza Di Genova , pediatra e neonatologa
Bambino affetto da scabbia

Laura, di soli 9 mesi, è tempestata di piccole lesioni sulla cute, di colore rosso e causa di continuo grattamento. La mamma è preoccupata: che sia varicella? Eppure no. La risposta del pediatra è un’altra: si tratta di scabbia.

La scabbia è un’infestazione parassitaria dovuta all’acaro Sarcoptes scabiei var. hominis che, insinuandosi nello strato più superficiale della cute, depone le uova, provocando intenso prurito ed eruzioni cutanee.

Ma come avviene esattamente il contagio? Come si effettua la diagnosi e quali sono i trattamenti da seguire? Quali sono le conseguenze e le complicanze di questa malattia nel caso non venga trattata in maniera adeguata?

Cos’è la scabbia

Cos’è la scabbia? Come detto, si tratta di una malattia della pelle causata da un minuscolo acaro, il Sarcoptes scabiei, invisibile a occhio nudo, che scava cunicoli nello strato più superficiale della cute (l’epidermide) per deporre le uova, provocando prurito intenso, soprattutto notturno, e la comparsa di piccole lesioni. 

La scabbia interessa milioni di persone nel mondo: a livello globale, negli ultimi decenni, si registrano tra 200 e 300 milioni di casi l’anno, senza distinzione di sesso o etnia. In Italia si sta osservando un aumento drastico della malattia.

Storicamente associata a condizioni di indigenza e scarsa igiene, oggi trova larga diffusione in luoghi affollati come residenze sanitarie, scuole, ospedali e famiglie numerose, sia nei Paesi in via di sviluppo sia in quelli sviluppati. Emblematica è la diffusione costante e rilevante registrata nella Regione Lazio dal 2017 al 2023, dopo una riduzione durante la prima fase della pandemia COVID-19. Tale fenomeno è stato attribuito a lockdown, convivenza in spazi ristretti, aumento dei viaggi e dei soggiorni in strutture collettive dopo la pandemia.

Altro elemento preoccupante e di rilievo è la possibile resistenza dell’acaro ai trattamenti standard.

Le fasce di popolazione più esposte includono bambini e adolescenti, persone fragili o in condizioni di disagio sociale e gli anziani ricoverati. 

Scabbia: le cause

L’etimologia del termine “scabbia” ne sottolinea l’aspetto cruciale: dal latino scabere (grattare), è una malattia dermatologica infettiva, particolarmente contagiosa e pruriginosa, sostenuta dall’acaro Sarcoptes scabiei, variante homini.

L’acaro della scabbia è un parassita obbligato che si riproduce nella pelle. In particolare, la femmina adulta è in grado di penetrare nello strato più superficiale della cute, scavando un cunicolo in fondo al quale deposita ogni giorno due o tre uova (che si schiudono dopo due-quattro giorni). Le larve che ne fuoriescono scavano piccoli sentieri verso la superficie dell’epidermide, dove giungono a maturità e si accoppiano dopo circa 15-17 giorni.

La femmina vive quattro-sei settimane e può deporre fino a 50 uova, mentre il maschio è meno longevo e muore subito dopo la copulazione. Sugli oggetti, la femmina è in grado di sopravvivere sino a quattro o cinque giorni, prima di morire di fame. Le persone affette da scabbia ospitano sulla pelle un numero di parassiti limitato a 5-10 adulti, senza superare, in genere, le 30-40 unità. 

La povertà, a prescindere dall’etnia, rappresenta il fattore di rischio ambientale di maggior rilievo. Vivere in condizioni di sovraffollamento e scarsa igiene e la difficoltà a raggiungere luoghi di cura idonei per diagnosi e terapia facilitano la diffusione e la maggior gravità della scabbia. Inoltre, in Paesi sviluppati come il nostro, la pandemia da COVID-19 ha sortito inizialmente l’effetto di ridurre la diffusione dell’acaro, per poi determinare un’impennata di casi registrati: la condivisione di ambienti chiusi, in condizioni igienico-sanitarie precarie, e il successivo turismo di massa sembrano aver favorito il contagio in ambienti quali campeggi, hotel e ostelli, oltre alle residenze sanitarie e alle scuole.

La scabbia è contagiosa?

La scabbia è una malattia molto contagiosa, facilmente trasmessa da persona a persona tramite il contatto fisico diretto, ossia in seguito a contatti prolungati tra cute e cute, cute e mucose, oppure attraverso oggetti personali come lenzuola o vestiti, seppur con minore facilità per la scarsa resistenza dell’acaro al di fuori del suo ospite umano.

Il periodo d’incubazione, passato il quale compaiono i primi sintomi, è di circa tre settimane, durante il quale la persona infestata può diffondere la scabbia nonostante l’assenza di manifestazioni cutanee evidenti. Inoltre, la trasmissibilità della malattia è elevata fino a quando non viene trattata e gli acari e le uova vengano distrutti. In chi ha già avuto la scabbia, la possibilità di una nuova infestazione esiste e il periodo di incubazione è più breve, pari a uno-quattro giorni dopo l’esposizione.

Gli animali possono essere infestati dall’acaro della scabbia in varianti diverse da quella responsabile della malattia umana, non in grado di riprodursi e sopravvivere su di noi. Tuttavia, il contatto con animali infetti può causare prurito temporaneo e irritazione cutanea, a causa di morsi o punture degli acari, delineando un quadro clinico definito “pseudo-scabbia”. Tale condizione non richiede trattamenti specifici, tuttavia è fondamentale curare l’animale infestato.

Tradizionalmente, la cattiva igiene è sempre stata additata come responsabile pressoché unica della scabbia; tuttavia, questa malattia può interessare qualsiasi persona che entri in contatto stretto e prolungato con l’acaro a prescindere dal ceto sociale, dall’igiene personale e senza distinzioni di età o sesso. Non a caso i bambini sono particolarmente suscettibili a causa della condivisione di spazi e oggetti in asili e scuole, anche se le strutture presentano un ottimo livello igienico.

Scabbia: i sintomi

I sintomi della scabbia sono principalmente l’intenso prurito e le lesioni cutanee. Il prurito diffuso, peggiore durante le ore notturne, sembra essere determinato da una reazione da ipersensibilità ritardata all’acaro e alle sue feci. Le lesioni cutanee in adulti, adolescenti e bambini più grandi immunocompetenti configurano un quadro di scabbia detta “classica” e sono per lo più papule rosse con superficie escoriata a causa del grattamento e lesioni serpiginose, arrossate, della lunghezza di circa 2-15 mm, definite, come già detto, cuniculi (i tragitti lungo i quali la femmina depone le uova). Le lesioni si localizzano principalmente:

  • a livello dei polsi;
  • tra le dita delle mani:
  • in prossimità di gomiti e ginocchia;
  • a livello ascellare e delle areole del seno;
  • in sede ombelicale e genitale, perineale e glutea. 

Collo, cuoio capelluto e viso di solito non sono coinvolti. Diversamente, neonati e bambini più piccoli presentano sedi di interessamento diverse: inizialmente può localizzarsi a livello di ascelle e tronco, per poi diffondere ovunque, anche in testa. Inoltre, nei più piccoli, le lesioni sono maggiormente aggressive e non è rara la manifestazione di noduli rossastri, notevolmente pruriginosi, con localizzazione tipica nelle ascelle e nella zona genitale, oltre che sul palmo delle mani o sulla pianta dei piedi, definendo in alcuni casi un quadro di “scabbia nodulare”. I noduli possono persistere anche dopo il trattamento degli acari e sono il risultato di una reazione immunitaria protratta.

Negli anziani, nei soggetti immunocompromessi, sottoposti a terapia prolungata con corticosteroidi, e nei neonati può manifestarsi la “scabbia norvegese” (oanche detta “scabbia crostosa”), caratterizzata da placche rosse, squamose e crostose molto estese e che interessano potenzialmente tutta la superficie cutanea, incluso il capo, a prescindere dall’età del soggetto. In tal caso, il prurito può essere assente.

Anche la scabbia in gravidanza può essere particolarmente aggressiva per i cambiamenti immunologici che la donna vive e che la rendono più suscettibili alle infestazioni parassitarie. Pertanto, le macchie cutanee, così rosse e variegate, meritano una diagnosi tempestiva mirata all’eradicazione dell’acaro. 

I tempi di guarigione della scabbia variano di caso in caso e, generalmente, la risposta alla terapia specifica comporta la completa risoluzione dell’infestazione. Infatti, i farmaci uccidono gli acari entro 24-48 ore dal trattamento iniziale, tanto che, dopo le prime 24 ore dall’inizio del trattamento, è possibile uscire dall’isolamento e tornare in comunità.

Il prurito dopo la cura della scabbia può persistere per giorni fino ad alcune settimane a causa della reazione infiammatoria cutanea e non indica necessariamente che l’infestazione sia ancora attiva. Tuttavia, se i sintomi persistono o peggiorano, è fondamentale consultare nuovamente il proprio medico.

Diagnosi di scabbia

La diagnosi di scabbia si basa principalmente sulla storia clinica, ossia sulla modalità di comparsa delle lesioni, della loro diffusione in sedi tipiche per età e della sintomatologia contrassegnata dal prurito intenso. L’esame obiettivo e l’analisi al microscopio del materiale ottenuto dall’incisione dei cunicoli consentono di confermare il sospetto attraverso la visualizzazione di acari, uova o palline fecali.

Le analisi del sangue non trovano alcuna indicazione. Sono utili, tuttavia, in caso di complicanze, quali l’infezione della cute secondaria al grattamento con possibile disseminazione di batteri nel sangue, il cui campanello d’allarme è rappresentato dalla febbre. 

La diagnosi differenziale è cruciale per mirare il giusto intervento terapeutico e prevede l’esclusione di possibili condizioni che possono causare sintomi simili, come dermatiti, psoriasi, eczemi o infezioni batteriche. 

Trattamenti per la scabbia

La cura della scabbia prevede l’uso di farmaci che uccidono l’acaro, definiti acaricidi. La terapia di prima scelta si basa su prodotti ad uso cutaneo quali la permetrina al 5%, un galenico in formulazione unguento a base di Zolfo e potassio carbonato, e il benzoato di benzile al 10-20%.

Il trattamento è raccomandato anche per le persone che sono state in contatto stretto con il soggetto affetto da scabbia, anche in assenza di sintomi. Tra i prodotti a uso topico, la permetrina è il farmaco di prima scelta a partire dai 2 mesi di età, a dosaggi differenti e crescenti in base al peso. Bambini più grandi, adolescenti e adulti devono applicare la permetrina su tutta la superficie corporea, dalla nuca in giù, e risciacquare dopo 8-14 h. I trattamenti devono essere ripetuti dopo sette giorni. Nei neonati e nei bambini piccoli, la permetrina deve essere applicata sul capo e sulla nuca evitando le regioni prossime all’occhio e alla bocca. Il precipitato di zolfo dal 6 al 10% in vaselina è una terapia alternativa per lo più riservata ai lattanti di età inferiore ai 2 mesi o alle donne in gravidanza. 

La terapia per via orale si basa sulla molecola ivermectina, indicata nei soggetti che non rispondono al trattamento topico o che non lo eseguono correttamente, oppure nei casi di scabbia norvegese. La sua somministrazione è autorizzata dai 5 anni di età, per pesi superiori ai 15 kg circa.  

I rimedi naturali ed economici contro la scabbia, a base di candeggina e bicarbonato, non solo risultano inefficaci, ma anche dannosi per la loro tossicità su cute e mucose degli esposti. Tuttavia, la candeggina, se correttamente diluita, può essere usata per pulire superfici dure e non tessili per la disinfestazione ambientale. I saponi allo zolfo possono essere utili come coadiuvanti nel trattamento della scabbia, in quanto lo zolfo è tossico per gli acari, ma non sostituiscono i farmaci specifici come gli unguenti a base di zolfo, che richiedono periodi di applicazione prolungati e dosaggi specifici.

L’uso di creme idratanti e la somministrazione di antistaminici orali sono strumenti validi a contrastare l’intenso prurito, che, se non gestito, può complicarsi con infezioni secondarie della cute oltre che con il peggioramento della qualità della vita. 

La remissione delle lesioni avviene dopo la guarigione e si verifica in genere dopo 3-4 settimane dall’inizio del trattamento. Le manifestazioni nodulari, in particolare, possono persistere per mesi.

L’aderenza alla terapia incide sul successo delle cure. Il fallimento terapeutico, infatti, è strettamente correlato alla corretta somministrazione dei farmaci specifici nei tempi prescritti. 

Prevenzione

La prevenzione ambientale assolve funzioni diverse e complementari: evitare l’infestazione da scabbia ed eradicare gli acari quando presenti.

Evitare affollamento e osservare adeguate misure igieniche in luoghi pubblici e privati è buona norma, tanto quanto la corretta disinfestazione degli ambienti interessati da casi sentinella. In particolare, in caso di scabbia manifesta e in fase di terapia, bisogna prestare attenzione al lavaggio degli indumenti e della biancheria: vestiti, coperte e lenzuola usati nella settimana che precede il trattamento devono essere lavati in lavatrice a temperature superiori ai 60°C. Ciò che non può essere lavato ad alte temperature deve essere riposto in un sacco di plastica chiuso per almeno 7 giorni, in quanto l’acaro non sopravvive oltre i 4-5 giorni senza contatto con la pelle. Inoltre, è fondamentale disinfettare le superfici in modo accurato con acqua e detergenti comuni. 

Tra i rimedi preventivi, la doccia calda gioca un ruolo dubbio: se da una parte allevia il prurito, dall’altra è da evitare in concomitanza dei trattamenti cutanei, soprattutto prima della loro applicazione, per il maggior rischio di indurre tossicità sistemica per maggior assorbimento delle molecole, senza sortire effetti reali sull’uccisione dell’acaro, che richiede temperature di circa 50°C per morire.

Scabbia: conseguenze e complicanze

Diverse sono le possibili complicanze della scabbia: in primis, le infezioni batteriche secondarie al grattamento, come l’impetigine, che possono peggiorare a loro volta e causare ascessi cutanei o infezioni sistemiche. Non di minor rilievo:

  • frequenti disturbi del sonno
  • lesioni cutanee croniche
  • complicanze renali quali la glomerulonefrite post-streptococcica (casi rari).

Inoltre, tra le conseguenze della scabbia non va sottovalutato il danno psicologico: questa malattia viene da molti definita come un vero e proprio “incubo”, in grado di destabilizzare famiglie intere e comunità: prima della diagnosi il prurito rende le notti insonni e le giornate poco produttive; dal momento della diagnosi in poi, lo stigma della malattia lascia cicatrici indelebili. La scabbia limita poi i contatti e la frequenza delle comunità per tempi protratti e incide sulla percezione di sé..

Tuttavia, la prognosi è ottima nella maggior parte dei casi: come detto, l’acaro muore entro 48-72 ore dall’avvio della terapia specifica. La possibilità di recidiva esiste ed è favorita dal trascurare l’importanza del trattamento dei contatti asintomatici e della disinfestazione ambientale, così come può essere aggravata da una mancata attenzione alle cure prescritte.

Quando rivolgersi al medico

Il prurito persistente, prevalentemente notturno, la comparsa di lesioni sulla cute e l’alto rischio di contagio rendono mandatoria e tempestiva la valutazione medica. Casi subdoli, caratterizzati dal solo prurito, o da lesioni nodulari non pruriginose, o macchie cutanee e papule in zone non tipiche, rendono tardiva la consulenza specialistica, aggravando il diffondersi della malattia.

Una corretta formazione e informazione possono aiutare a riconoscere precocemente i casi infetti e a depotenziare il carico emotivo legato alla patologia, che risponde bene a terapia mirata, se correttamente eseguita.

Bibliografia
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  • Ministero della Salute; “Scabbia”, salute.gov.it, maggio 2024.

Articolo pubblicato il 27/11/2025 e aggiornato il 27/11/2025
Immagine in apertura Zay Nyi Nyi / iStock

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