Interferenti endocrini: cosa sono?

Sono dannosi per l'uomo e per l'ambiente, ma possiamo impegnarci per ridurne la presenza

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Laura Reali , pediatra di famiglia
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Elena Uga , pediatra
Posate e piatti di plastica

I distruttori endocrini o interferenti endocrini sono sostanze in grado di interferire e alterare l’equilibrio ormonale. Questi composti possono provocare danni spesso non evidenziabili nel breve termine.

Per capire l’azione degli interferenti endocrini dobbiamo ricordare che le nostre ghiandole sono regolate da molecole chiamate ormoni, che viaggiano trasportate dal sangue e agiscono sui tessuti e sugli organi, consentendo il normale funzionamento degli stessi. L’equilibrio ormonale è fondamentale per lo sviluppo del feto, per la crescita del bambino, per lo sviluppo sessuale e le attività riproduttive.

Interferenti endocrini: quali rischi comportano?

Gli interferenti endocrini possono imitare l’azione di alcuni ormoni e quindi interferire con il funzionamento di questo sistema. Chi è maggiormente danneggiato dalla loro azione mimetica? Il danno maggiore lo subiscono gli organismi in rapida crescita, i bambini, il feto, il ragazzino o la ragazzina nell’età dello sviluppo, ma anche l’adulto durante il ciclo riproduttivo.

Le ricerche mediche fin qui condotte hanno evidenziato che chi è esposto agli interferenti endocrini ha un maggior rischio di sviluppare malattie dell’apparato riproduttivo (infertilità, aborti, endometriosi); è stata anche segnalata la possibilità di un aumento di incidenza di disturbi comportamentali nell’infanzia (iperattività) per gli effetti di queste sostanze sullo sviluppo cerebrale. Inoltre, è stato ipotizzato che l’esposizione a queste sostanze aumenti il rischio di patologie autoimmuni come il diabete e di alcuni tipi di tumore (alla mammella e al testicolo).

Dove si trovano gli interferenti endocrini?

Gli interferenti endocrini più diffusi con cui possiamo entrare in contatto sono i composti perfluorati (PFOS e PFOA) utilizzati dall’industria per trattare tessuti idrorepellenti e antimacchia, ma anche le carte oleate a uso alimentare e i rivestimenti antiaderenti delle pentole. Nella catena alimentare si concentrano nei prodotti ittici e si diffondono anche negli ambienti chiusi, attraverso la polvere e l’aria contaminata da prodotti trattati con perfluorati. Un’elevata esposizione a queste sostanze può determinare conseguenze dannose a carico del fegato e della tiroide.

Fra i più noti interferenti endocrini ci sono anche gli ftalati, utilizzati per rendere elastiche alcune sostanze plastiche e ampiamente diffusi in pellicole alimentari, imballaggi, stoviglie usa e getta, bottiglie in plastica per acqua e bevande. Essi si possono diffondere dal contenitore ai liquidi o agli alimenti in esso contenuti e tramite questa via arrivare all’uomo. Altri interferenti endocrini ubiquitari sono gli idrocarburi policiclici (IPA), sostanze che si producono dai processi di combustione sia industriali sia domestici (come il fumo di sigaretta e di cottura); sono inoltre contenuti in alimenti tostati (bisogna evitare di mangiare le parti bruciate), affumicati e fritti, cotti alla brace, ma anche al forno. Gli IPA sono cancerogeni e genotossici. I polibromodifenileteri (PBDE), dal nome complicatissimo, sono sostanze ampiamente utilizzate come prodotti antifiamma; li si ritrova in mobili, tendaggi, tappeti e nella costituzione di schiume di poliuretano (materassi).

Uno degli interferenti endocrini più noti è il bisfenolo A, sostanza plastica utilizzata nell’industria alimentare (per esempio nei rivestimenti interni di lattine per alimenti e bevande) e contenuto nei vecchi biberon, prima che il suo utilizzo venisse bandito: simula l’effetto degli estrogeni e altera la funzione tiroidea, interferendo con le funzioni del sistema riproduttivo, nervoso e immunitario. Nell’adulto i danni da bisfenolo A sembrano essere modesti, mentre feto, neonato e bambino potrebbero risultare molto più vulnerabili. Proprio in considerazione di questa maggiore vulnerabilità, la commercializzazione di biberon con bisfenolo A è bandita in Europa dal primo giugno 2011.

Cosa possiamo fare per limitare i danni?

Evitiamo di scegliere tessuti trattati con sostanze idrorepellenti o antimacchia sia per il vestiario che per materassi, lettini o fasciatoi. All’atto dell’acquisto di sedie, seggiolini o materassi che possano contenere schiume, informiamoci sul tipo di ritardante di fiamma utilizzato; nel caso si danneggino e la schiuma non sia più completamente racchiusa in un tessuto protettivo, sostituiamoli. Aeriamo spesso gli ambienti chiusi e riduciamo il ristagno di polvere, soprattutto a terra, dove i piccoli giocano o gattonano.

Lasciamo che i liquidi caldi si raffreddino prima di versarli in contenitori plastici non adatti alle alte temperature, riduciamo il più possibile l’utilizzo di alimenti e bevande conservate in contenitori plastici (ricordiamoci che l’acqua in bottiglia, prima di essere consumata, rimane nella plastica per molti mesi). Se possibile non utilizziamo pentole antiaderenti o cambiamole non appena inizino a essere usurate. Riduciamo il più possibile il consumo di alimenti affumicati o alla brace e consumiamo molta frutta e verdura fresche, sciacquandole abbondantemente con acqua corrente prima di consumarle.

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Laura Reali

nata a Frosinone nel 1956, pediatra di famiglia a Roma dal 1985, si occupa soprattutto di Formazione e di ricerca in pediatria delle cure primarie. È redattrice della rivista «Quaderni ACP» e autrice per Uppa magazine, dove ricopre anche il ruolo di responsabile scientifico. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali, e di alcuni libri.

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Elena Uga

pediatra, lavora presso l’ospedale S. Andrea di Vercelli e si occupa nello specifico di allergologia, allattamento e ambiente. Dal 2011 collabora come autore per Uppa.

Articolo pubblicato il 28/07/2015 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura invisible163 / Shutterstock.com

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