Bambini aggressivi: come gestire i comportamenti violenti

Come comportarsi di fronte ai bambini aggressivi? Quali sono le strategie educative più adeguate? Cercare di comprendere le ragioni che si celano dietro ai comportamenti violenti è il primo passo per risolvere il problema

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Francesca Perica , educatrice montessoriana
Due bambini aggressivi che si sfidano durante una partita di calcio

I bambini aggressivi, con i loro comportamenti, preoccupano spesso gli adulti, che non di rado reagiscono a loro volta con aggressività. Questa, tuttavia, non è una buona soluzione. Come vedremo, per gestire efficacemente l’aggressività dei bambini è opportuno comprendere innanzitutto da dove essa deriva e mantenere un atteggiamento calmo e accogliente. 

I comportamenti aggressivi nei bambini compaiono di solito tra 1 e 2  anni, per continuare, talvolta, fino all’età prescolare e anche oltre. Morsi, capelli tirati, colpi inferti ai coetanei e, magari, ai genitori… Ma quali sono le ragioni alla base dell’aggressività infantile? E come possono aiutarci, con i bambini aggressivi, la psicologia e la pedagogia?

Cause di aggressività nei bambini

È bene dire subito che i comportamenti aggressivi nei bambini non sono mai gratuiti o immotivati, anzi, le loro origini possono essere complesse e diverse. 

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire da dove deriva l’aggressività infantile

Nel corso dell’età evolutiva la corteccia prefrontale, ossia l’area del cervello che ha un ruolo centrale, tra le altre cose, nella regolazione delle emozioni e nel controllo del comportamento, è ancora profondamente immatura. Questo fa sì che per i bambini piccoli sia difficile controllare i propri impulsi ed esprimere e regolare in maniera efficace le proprie emozioni. Può quindi accadere che un bambino, vivendo uno stato emotivo particolarmente intenso e non sapendo gestire quell’emozione, finisca per sfogare la propria frustrazione “fisicamente”.

In questi casi, uno stato emotivo di de-regolazione è all’origine di comportamenti aggressivi. Non si tratta, tuttavia, dell’unica causa possibile; cause altrettanto frequenti sono:

  • la stimolazione sensoriale eccessiva;
  • il dolore da dentizione;
  • i tentativi di esplorazione sensoriale (spesso all’origine dei morsi);
  • l’autodifesa;
  • il desiderio di comprendere i meccanismi di causa-effetto («Cosa succede se faccio questo?»).

Al di là delle cause, è importante comprendere che quando un bambino è aggressivo ci sta segnalando che qualcosa è fuori del suo controllo e che ha bisogno di aiuto per ritrovare l’equilibrio. 

Mantenere la calma è la risposta migliore, perché si consentirà anche al bambino di tranquillizzarsi più rapidamente. 

Bambini aggressivi e bambini violenti: è la stessa cosa?

I termini “violenza” e “aggressività” indicano qualcosa di ben diverso. Per poter parlare di “violenza” è necessario che vi sia la volontà consapevole di arrecare danno o disagio agli altri. Secondo il pedagogista Daniele Novara, però, prima dei 7 anni di età non è possibile parlare di “intenzionalità dell’atto violento”, e dunque tantomeno di “bambino violento”. Vero rancore o violenza non esistono nei primi anni di vita, e fino ai 10 anni circa sono davvero rari i comportamenti realmente pericolosi.

Nel caso in cui un bambino, ad esempio in età scolare, metta in atto più volte comportamenti classificabili come violenti, è di centrale importanza che gli adulti coinvolti compiano un’analisi accurata della situazione. Comprendere le cause all’origine delle condotte di un “bambino violento” (dinamiche familiari disfunzionali, consumo inadeguato dei media…) è fondamentale per progettare e attuare interventi efficaci.

Bambini che picchiano

L’aggressività può assumere tante forme diverse. Può esserci, ad esempio, il bambino “manesco” che picchia i propri coetanei, e in certi casi accade addirittura che i bambini si picchino da soli.

Di fronte a dei bambini che si picchiano è certamente importante intervenire in maniera decisa per porre fine alla condotta inadeguata. Ristabilito l’ordine, però, invece di punire o riprendere i litiganti, bisognerebbe mostrarsi loro “alleati”, aiutandoli a comunicare e accompagnandoli verso una soluzione positiva e verso modi più efficaci di entrare in relazione.

Anche nel caso di bambini che si picchiano da soli l’intervento più efficace è quello volto a interrompere l’azione, per poi aiutare il bambino a ritrovare, mediante l’ascolto e la vicinanza, il proprio equilibrio emotivo. Si tratta, comunque, di comportamenti che tendono a scomparire naturalmente col passare del tempo, a mano a mano che il piccolo acquisisce nuove competenze che gli consentono di regolare meglio le proprie emozioni e di controllare le proprie reazioni comportamentali, senza lasciarsi sopraffare dalla frustrazione.

Bambini aggressivi a casa e a scuola

Può anche capitare che i figli si mostrino aggressivi verso i genitori. Se i bambini sono aggressivi con la mamma o con il papà occorre innanzitutto non trascurare il proprio ruolo di modello comportamentale: se a uno schiaffo si reagisce con un altro schiaffo, con una minaccia o con una sonora sgridata, si continua a esporre il piccolo a un linguaggio violento. Aumenteranno quindi le possibilità che i bambini, nel tempo, diventino sempre più aggressivi.

Un bambino che picchia la mamma non agisce per cattiveria o per dispetto. Lo fa perché non riesce a esprimere un bisogno o un’emozione, e quindi reagisce istintivamente. Invece di giudicare o punire, i genitori dovrebbero mostrare fermezza e, al contempo, rimanere rispettosi e presenti. Meglio interrompere il comportamento aggressivo con un chiaro e autorevole «no». 

Non servono spiegazioni prolisse, che spesso peraltro i più piccoli non sono in grado di seguire. Facciamo capire al bambino che comprendiamo la sua emozione, ma ribadiamo con poche e semplici parole che agire in quel modo fa male alla mamma, o al papà, e che perciò è una condotta inaccettabile. Potremmo dire, ad esempio: «Vedo che sei davvero arrabbiato! Ma se mi colpisci mi fai male. Non posso lasciartelo fare».

Piuttosto che soffermarci sul comportamento (il morso, lo schiaffo…), spostiamo l’attenzione su ciò che potrebbe nascondere (quale emozione o bisogno). Lasciamo da parte la frustrazione e comunichiamo al bambino che capiamo le sue necessità, ma che è importante trovare, insieme, altre strategie per esprimerle.

Va infine osservato che capita che per gioco i genitori “pizzichino” o diano piccoli morsi ai loro bambini. Ebbene, si tratta di un’abitudine da evitare: anche se lo si fa piano, anche se lo si fa per scherzare, si sta trasmettendo il messaggio che gesti del genere sono ammissibili.

Cosa fare, invece, se i bambini sono violenti alla scuola dell’infanzia o all’asilo? A dire il vero, è abbastanza comune imbattersi in bambini aggressivi al nido e alla scuola materna: sono ben poche le classi in cui non ci sia almeno un “morsicatore” o un “tiratore di capelli”. Nulla di cui preoccuparsi: fino a un certo livello, l’aggressività in questa fase dello sviluppo è del tutto normale

Come abbiamo detto, la corteccia prefrontale è ancora poco evoluta, il che rende difficile ai bambini controllare i propri impulsi e regolare gli stati d’animo; non sapendo in che modo gestire una forte emozione (ira, gelosia, frustrazione…), è normale che i bambini diventino violenti in classe e finiscano per mordere o colpire un compagno.

In questi casi, è bene intervenire prendendosi cura sia dell’“aggredito” sia dell’“aggressore”. Dopo aver verificato che il bambino colpito stia bene, si offrirà aiuto anche al bambino che ha inferto il colpo: ignorarlo o punirlo, infatti, lo porterebbe solamente a chiudersi in sé stesso, mentre l’obiettivo deve rimanere, certo, tracciare in maniera netta il confine tra comportamenti accettabili e inaccettabili, ma anche scoprire le motivazioni interiori del piccolo. Solo così sarà possibile aiutarlo.

E se i bambini sono violenti alla scuola elementare? 

Crescendo i bambini acquisiscono nuove competenze cognitive, linguistiche, emotive e sociali. Imparano a regolare sempre meglio i propri impulsi e a mantenere l’autocontrollo, privilegiando il canale verbale rispetto a quello fisico. Tuttavia può ancora accadere che adottino comportamenti aggressivi, e si dimostrino quindi violenti anche alla scuola elementare. Che cosa fare?

A questa età, non sempre l’intervento dell’adulto è la soluzione migliore. Come suggerisce Daniele Novara, i conflitti non sono, di per sé, qualcosa di negativo. Se i bambini, infatti, imparano a “litigare bene”, acquisiranno nel tempo sempre più strumenti per gestire le situazioni di difficoltà e risolverle senza dover ricorrere all’aggressività.

Anche nel caso in cui un bambino sia spesso violento in classe, etichettarlo o punirlo non serve. Piuttosto, è importante che le figure educative di riferimento (genitori e insegnanti) si confrontino e, lavorando in sinergia, si interroghino sulle possibili, diverse, cause all’origine del comportamento. Cambiamenti importanti nella vita familiare (ad esempio l’arrivo di un nuovo membro, una separazione o un lutto), difficoltà nello stabilire legami con i propri coetanei o la carenza di stimoli adeguati nel contesto educativo potrebbero portare i bambini a essere aggressivi in classe. Osservare il bambino nei differenti contesti di vita sarà decisivo per capire il tipo di sostegno di cui necessita.

Strategie educative 

Le migliori strategie educative per bambini aggressivi, dunque, sono quelle che mirano ad aiutarli a esprimere i loro vissuti e bisogni senza che questo comporti il fare del male ad altri.

Per poter intervenire in maniera efficace sui comportamenti aggressivi è importante comprenderne le cause scatenanti. Se, ad esempio, si scoprisse che i comportamenti aggressivi compaiono soprattutto in concomitanza di momenti di transizione, le strategie educative più efficaci saranno quelle volte a stabilire delle routine quotidiane, come l’utilizzo di carte illustrate per rendere più “leggibili” le fasi della giornata.
Se invece si osserva che alcuni comportamenti violenti sono dovuti a un accumulo di adrenalina, a un’eccitazione eccessiva o a una forte emozione difficile da esprimere a parole, le attività di manipolazione (con la pasta di sale, la sabbia, l’argilla…) rappresentano una buona soluzione: offrono una piacevole stimolazione sensoriale, dall’effetto calmante, e permettono di indirizzare in maniera positiva le proprie energie, evitando che sfocino in aggressività o violenza.

Oltre alle strategie educative volte a prevenire il manifestarsi di comportamenti aggressivi, è importante sapere come agire nel momento in cui ci si trova davanti a tali comportamenti. In particolare bisogna:

  • segnare subito il limite, bloccando il comportamento con amorevole fermezza;
  • concedere al bambino del tempo per calmarsi, offrendogli rassicurazione, vicinanza emotiva e, se richiesta, anche fisica;
  • aiutare il piccolo a tradurre in parole l’emozione o il bisogno che ha provocato quel comportamento; 
  • ragionare insieme sulle modalità alternative per risolvere il malessere senza dover ricorrere all’aggressività.

Molto importante, è bene ribadirlo, sarà il gioco di squadra tra scuola e famiglia, in maniera che gli interventi siano sinergici. 

Un bambino che viene accompagnato in un percorso di introspezione, a riconoscere ed esprimere con consapevolezza le proprie emozioni e i propri bisogni profondi, diventerà un adulto rispettoso, capace di volersi bene e di instaurare relazioni sane con gli altri.

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Francesca Perica

Dopo la laurea in Scienze dell’educazione si specializza nel Metodo Montessori per la prima infanzia presso l’Opera Nazionale Montessori e successivamente con il Centro Nascita Montessori. Nel 2016 fonda “Aiutami a fare da me”, sito che ha lo scopo di divulgare il pensiero di Maria Montessori, e nel 2019 si trasferisce in Germania continuando il suo lavoro di educatrice presso un asilo nido di ispirazione Reggio Children. Collabora con numerose riviste specializzate e sostiene i genitori con percorsi individuali di parent coaching.

Bibliografia
  • Berry Brazelton, Joshua Sparrow, Il tuo bambino e… l’aggressività. Una guida autorevole per affrontare rabbia e collera, Raffaele Cortina, Milano, 2006
  • Daniele Novara, Litigare fa bene. Insegnare ai propri figli a gestire i conflitti, per crescerli più sicuri e felici, Rizzoli, Milano, 2015
  • Daniele Novara, Litigare per crescere. Proposte per la prima infanzia, Erickson, Trento, 2010
Articolo pubblicato il 27/09/2021 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura SeanShot / iStock

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