Al via un bando per i diritti dell’infanzia

Dal 2018 Uppa è partner di un progetto che sostiene famiglie svantaggiate e benessere dei bambini. Vediamo i risultati ottenuti e cosa c’è ancora da fare

Chiara Scarcello , europrogettista
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Un bando per sostenere le famiglie in condizioni di svantaggio socio-economico e che mira ad ampliare l’accesso ai servizi per le fasce deboli, coinvolgendo tutti i soggetti che contribuiscono alla crescita, all’educazione e alla cura dei bambini. Si tratta di Prima Infanzia 0-6 anni, finanziato dall’impresa sociale “Con i Bambini” e promosso dalla Fondazione Comunità di Messina. All’interno di questo contesto si inserisce Ecologia integrale per i diritti dell’infanzia, del quale Uppa è partner dal 2018, progetto che propone un modello innovativo di lotta alla povertà, includendo partner istituzionali, organizzazioni del terzo settore ed enti di ricerca. Fra questi, gli assessorati alle politiche sociali del comune di Brescia e di Messina, dov’è iniziata la sperimentazione.

Da Nord a Sud

Le città di Brescia e Messina, aree target del progetto, appartengono a zone geografiche profondamente diverse che evidenziano inoltre la contrapposizione tra province del Nord e del Sud Italia. L’area Maregrosso di Messina è un quartiere in cui l’emergenza abitativa costituisce un serio problema; una questione che in realtà affligge l’intera città fin dagli inizi del ‘900. In quest’area vivono circa 15.000 abitanti su una popolazione totale di 237.357.
Brescia Est è una zona particolarmente ampia della città, conta circa 24.000 abitanti e comprende cinque quartieri con caratteristiche diverse: da quello residenziale, fornito di ogni servizio e luoghi di aggregazione, a quelli dominati dall’edilizia popolare, poco serviti e con una popolazione perlopiù a basso reddito.

Livelli di intervento

Ecologia integrale per i diritti dell’infanzia si sviluppa su tre livelli:

  1. Promuovere la salute e lo sviluppo cognitivo precoce di tutti i nati nelle aree target, intervenendo sui processi di emarginazione. Il tutto sfruttando la collaborazione dei centri di neonatologia e dei servizi anagrafici comunali, grazie ai quali si sta sviluppando un programma di assistenza domiciliare che può arrivare a vere e proprie forme di “adozione sociale” dei nuclei familiari nei quali si registrano situazioni a rischio.
  2. Evolvere pratiche di welfare comunitario già presenti sui territori: dalla creazione di servizi dedicati ai bambini nella fascia 0-3 anni alla costruzione di spazi di “crescita” per gli adulti, come ad esempio quelli per il sostegno all’imprenditoria sociale finalizzato all’inserimento lavorativo.
  3. Favorire un confronto personalizzato con le famiglie e i bambini che versano in condizioni di povertà.

Per raccontarvi del progetto abbiamo intervistato la dott.ssa Anna Maria Finazzi, responsabile del settore Servizi per l’infanzia del Comune di Brescia, che ci ha aiutato a comprendere meglio le caratteristiche socio-economiche del suo territorio.

In cosa risiede la carica innovativa di Ecologia integrale per i diritti dell’infanzia?

Il progetto esce dalla logica d’intervento assistenzialistico sulle singole aree fragili e, al contrario, mette in rete soggetti e risorse, attiva le capacità e le potenzialità interne alle famiglie e le sostiene nel processo di ricerca di autonomia. A tal proposito, utilizza professionalità e risorse economiche in maniera personalizzata per rispondere all’obiettivo ultimo: il benessere dei bambini nella prospettiva che diventino adulti autonomi e responsabili.

Può raccontarci il panorama sociale nel quale si innesta il progetto a Brescia?

Nel 2018 Brescia ha raggiunto i 198.000 abitanti, di cui il 18% di origine straniera. Nella zona di Brescia Est, che da sola raggiunge i 24.000 abitanti, la natalità si attesta sui 150-160 nuovi bambini l’anno (un trend in netto calo, dato che solo nel 2013 le nascite registrate furono 250). Su una popolazione infantile 0-3 anni di circa 500 bambini, poco meno del 30% frequenta un asilo. Il progetto mira ad occuparsi della restante popolazione infantile che non accede ad alcun servizio educativo per la prima infanzia, mirando a includere anche coloro che vivono in famiglie dalle condizioni economiche precarie.

In che modo lo sviluppo di un sistema di welfare locale può essere cruciale per migliorare la condizione delle famiglie povere presenti nell’area?

Una delle premesse su cui si fonda il progetto è la teoria dei “primi 1000 giorni”, periodo durante il quale si gettano le basi per un corretto sviluppo psicofisico dell’individuo. Sono infatti i primi anni di vita a determinare uno stile sano sia dal punto di vista salutare (alimentazione e attività fisica) che relazionale. Proprio per questo il progetto promuove pratiche di welfare comunitario, integrando l’esperienza bresciana con quella della città partner di Messina.
Far crescere una comunità che sappia offrire alternative ai nuclei familiari con figli piccoli, significa dare pari opportunità e contrastare l’insorgere di condizioni di disagio socio-economico, dalle quali spesso derivano forme di povertà educativa e relazionale. A tal proposito, uno dei punti di forza del progetto è il servizio Tempi per le famiglie, pensato per i nuclei con bambini da 3 mesi a 3 anni: una valida alternativa all’asilo nido, in quanto permette di dedicare alcune ore della giornata alla cura dello sviluppo cognitivo e comportamentale dei piccoli, coinvolgendo anche i genitori. Si tratta di luoghi sicuri, dove si svolgono attività guidate da educatori specializzati: i bambini giocano e imparano, i genitori fanno amicizia, e tutti stanno insieme in modo divertente, informale ed educativo.
Una seconda area d’intervento prevede, laddove necessario, un servizio di sostegno educativo e psicologico nonché di accompagnamento verso percorsi di autonomia per i nuclei familiari.
Parallelamente, il progetto mira a sostenere l’imprenditoria sociale per favorire e ampliare le opportunità d’inserimento lavorativo in risposta alla domanda di reddito.

Quali sono le azioni da sviluppare nell’area di Brescia Est e cosa è stato fatto dal momento dell’attivazione del progetto?

È stato portato a termine un bando per l’individuazione del soggetto a cui affidare l’home visiting, azione che permette a operatori professionali ed educatori di diffondere stili di vita sani ed esporre i servizi offerti dal progetto a tutte le neo mamme della zona target.
Inoltre, è stato promosso un corso di formazione al quale hanno partecipato operatori dei consultori, educatori, insegnanti di scuola e bibliotecari. Il programma promuove l’avvicinamento alla lettura fin dalla prima infanzia; questo perché – ricordiamolo – la lettura aiuta lo sviluppo delle connessioni neuronali, delle competenze linguistiche e arricchisce la relazione genitore-bambino.
È stata inoltre costituita un’equipe per la valutazione e la definizione di progetti personalizzati rivolti a famiglie con bambini in età 0-3 anni.

Quali risultati ed effetti pensate di riscontrare in futuro sulle zone target?

Ci aspettiamo un aumento della coesione sociale e un potenziamento dell’accoglienza all’interno della comunità, quindi una riduzione della sensazione di isolamento nei soggetti a rischio, in particolare per quanto riguarda donne straniere sprovviste di una rete familiare di supporto. La creazione di percorsi personalizzati, inoltre, porterà a un ampliamento delle opportunità lavorative. Tutti questi elementi influiscono sullo sviluppo cognitivo e sulla felicità dei più piccoli.

Articolo pubblicato il 28/02/2019 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura bodnarchuk / iStock

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