Chiara, la mamma di Ada è arrivata nel mio ambulatorio con molti dubbi su come gestire l’allattamento durante lo svezzamento della sua bambina: ha paura che la sua produzione di latte durante questa fase non sia più idonea ai bisogni della piccola e teme di non riuscire a cavarsela con l’introduzione dei nuovi alimenti. Chiara inoltre mi confida che in famiglia continuano a dirle che Ada ormai è grande, e che è ora di iniziare a farle assaggiare qualcosa, visto che il suo latte non la sazia più…
La prima cosa da fare, mi dico, è rassicurare Chiara sul fatto che la piccola sta crescendo molto bene con il suo latte, come dimostra il grafico sulle curve di crescita. Successivamente cerco di darle gli strumenti affinché possa capire in autonomia come gestire questa nuova fase.
Le dico, ad esempio, che in tema di allattamento e svezzamento l’OMS raccomanda di allattare in modo esclusivo fino ai 6 mesi e di cominciare poi gradualmente a offrire del cibo complementare mantenendo comunque l’allattamento anche fino ai 2 anni e oltre. Aggiungo inoltre che il riferimento a 6 mesi per introdurre gli alimenti solidi è solo un’indicazione generale, e che esistono dei segnali per capire se il bambino è pronto per gli assaggi oppure no, ovvero la capacità di:
Queste competenze possono comparire intorno ai 6 mesi o anche più tardi (cosa perfettamente normale, visto che ogni bambino ha i suoi tempi, e questi vanno rispettati).
Non esiste inoltre un’indicazione precisa su quanto allattare in svezzamento, momento in cui, lo ricordiamo, il cibo solido va a complementare il latte materno o di formula, non si sostituisce ad esso, come molti pensano; il latte infatti continuerà a essere l’alimento principale del bambino per molti mesi ancora.
Gli studi stimano che i bimbi dai 6 agli 8 mesi hanno necessità di assumere giornalmente ancora circa 500 kcal dal latte materno e solo 200 kcal dagli alimenti complementari. Com’è facilmente immaginabile, queste 200 kcal sono facilmente raggiungibili con qualche assaggio durante i pasti o le merende, come ad esempio qualche cucchiaio di pastina con vegetali, un assaggio di yogurt, un po’ di frutta…
La cosa importante è continuare a rispondere in modo attivo, con l’allattamento, alle richieste del bambino, come si è fatto fino a quel momento. L’interpretazione appropriata dei segnali di fame e sazietà e la risposta adeguata da parte dell’adulto, aiutano infatti il piccolo a imparare ad autoregolare l’assunzione di alimenti, ed è un modo per garantirgli cibo a sufficienza, senza alimentarlo in eccesso.
Compito dei genitori è quello di garantire un ambiente sereno e di condivisione durante i pasti, nonché un’offerta di alimenti sani e il più possibile variegata. Il bambino dovrà inoltre avere la possibilità di scegliere in totale libertà tra gli alimenti che gli vengono proposti e di decidere in autonomia anche quanto mangiare, dunque senza forzature da parte degli adulti. Alcuni studi ci dicono che i bambini ai quali viene offerto questo tipo di accudimento (cosiddetto “responsivo”) hanno meno rischi di incorrere in problemi di sovrappeso e sviluppano una migliore qualità dell’alimentazione.
Quanto allattare durante lo svezzamento dipenderà quindi da ogni coppia mamma-bambino. Alcuni piccoli si accostano subito ai nuovi alimenti con grande curiosità e interesse, altri invece dopo il primo assaggio sputano tutto e tornano al loro amato latte materno, che sarà in ogni caso la base della loro alimentazione per molti mesi ancora.
Rassicuro inoltre Chiara che la produzione di latte in svezzamento continuerà in modo fisiologico se lei continuerà ad attaccare Ada quando sono insieme e la piccola lo richiede. Le propongo anche, per i primi tempi dello svezzamento, di tirarsi un po’ di latte, da lasciare a chi accudirà la piccola quando lei è al lavoro. Questa è una buona strategia per rasserenare sia la mamma sia la piccola, perché se Ada non vorrà assaggiare nulla degli alimenti solidi che le verranno proposti, ci sarà comunque il latte della mamma da offrirle.
Ma servono le poppate notturne in svezzamento? Servono nel momento in cui il bambino le richiede. Alcuni piccoli, a sei mesi, dormono già tutta la notte, ma la maggior parte ha bisogno ancora di ciucciare, sia per necessità nutritive e per tenere alta la produzione di latte sia per essere rassicurato in questa nuova fase. Molti si svegliano più spesso durante la notte, ma ciò non deve far pensare che il latte materno non sia più sufficiente, bensì che, semplicemente, con l’avanzare della crescita sono cambiate le necessità di accudimento del bambino.
L’alternanza di poppate e prove di svezzamento è esattamente la nuova avventura che attende mamma e bambino in questo periodo. Non ci sono nuove regole da introdurre, come non ci sono state finora con l’allattamento a richiesta: il bimbo farà degli assaggi di cibo durante i pasti, quando i genitori mangeranno, rassicurato dal fatto che il seno ci sarà comunque. Non c’è nessun trucco da introdurre o escogitare se non rendere questo passaggio il più sereno possibile.
Ma quante poppate al giorno con lo svezzamento? Non c’è una risposta, come non c’era prima quando il latte materno era l’unico alimento. Sarà, lo ripetiamo, il bimbo a chiedere il seno, mentre i genitori dovranno solo preoccuparsi di quali altri alimenti offrirgli.
Bisogna concludere l’allattamento con lo svezzamento? Non per forza e solo se la mamma o il bambino lo desiderano. Come abbiamo capito, questa lunga fase dell’avvio all’alimentazione complementare prevede la compresenza degli alimenti solidi e del latte della mamma. Piano piano, ogni bambino aumenterà la quantità di cibo solido e ridurrà quella di latte materno. L’OMS prevede che questa fase duri fino oltre i 2 anni del bambino, ogni piccolo con i suoi tempi.
Quando smettere di allattare con lo svezzamento sarà allora una scelta della mamma, poiché non c’è un metodo per capire se serve ancora il latte al bambino, e va inoltre tenuto bene a mente che la suzione, nei primi 2 anni, non è solo nutrimento ma anche affetto, rassicurazione e coccola.
Nutrizionista e dietista clinica presso l’Ospedale materno infantile IRCCS “Burlo Garofolo” di Trieste, svolge attività di ricerca, formazione e divulgazione riguardante in particolare l’alimentazione e la prevenzione dell’obesità infantile. È referente regionale di due progetti di sorveglianza nazionale sul monitoraggio del sovrappeso e dell’obesità di bambini e adolescenti (OKkio alla Salute e HBSC) e autrice del libro “Io mangio come voi” (Terre di mezzo, 2014).