Chi è diventato genitore a rivoluzione digitale già in corso deve fare i conti con una sfida completamente nuova per il genere umano: crescere dei figli che vivono in due mondi invece che in un’unica realtà. Il digitale è infatti una realtà a tutti gli effetti, dove bambini e ragazzi vivono una parte della loro vita costruendo relazioni sociali e sviluppando le proprie competenze relazionali, sociali, emotive, cognitive.
Se il digitale è una realtà, all’interno di quella realtà abitano insieme le esperienze positive e quelle negative, le emozioni vitali e quelle che vorremmo evitare. E tra le esperienze che i nostri figli rischiano di incontrare nel mondo digitale, una fa molta paura ai genitori: il cyberbullismo. Quali sono le caratteristiche di questo fenomeno?
Quali sono le caratteristiche del cyberbullismo? Si tratta di una particolare forma di bullismo che si avvale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (invio di messaggi offensivi o insulti o di foto umilianti tramite sms, e-mail, chat o social network) con l’obiettivo di molestare una persona per un periodo più o meno lungo.
Rispetto al bullismo in presenza, il cyberbullismo presenta una serie di caratteristiche che lo rendono silenziosamente più velenoso. L’assenza di barriere non solo fisiche ma anche temporali, che caratterizza il mondo digitale rispetto a quello fisico, permettono al cyberbullismo di caratterizzarsi per:
Nonostante il cyberbullismo possa presentarsi in forme diversissime tra loro, alcune sono le modalità più presenti. Ma quanti “tipi” di cyberbullismo esistono?
Nel 2023, in un’indagine approfondita l’Istat ha rilevato che quasi il 70% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, dichiara di avere subìto un qualche episodio offensivo, aggressivo, diffamatorio o di esclusione sia online che offline. Sono numeri altissimi, che non possono non allarmare i genitori.
All’interno dei numeri rilevati dall’Istat si trovano ovviamente situazioni diverse tra loro. Essere esclusi da una chat è una forma riconosciuta di cyberbullismo, e non bisogna sottovalutarne l’impatto emotivo su un ragazzo in fase di costruzione della sua identità, anche sociale. Ma certamente le conseguenze dell’esclusione da una chat sono molto diverse da quelle di chi vede condivise proprie immagini intime senza consenso, o da chi riceve insulti da gruppi di coetanei.
Qualunque sia la forma, più o meno grave, di bullismo online, essere vittime di cyberbullismo significa in ogni caso avere a che fare con una forma di violenza con caratteristiche ben precise. Ovvero:
L’indagine curata da Istat “Bambini e ragazzi: comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri”, ha raccolto informazioni sui comportamenti offensivi e aggressivi tra i ragazzi.
Il 68,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni dichiara di aver subìto, nei 12 mesi precedenti, un qualche episodio offensivo, aggressivo, diffamatorio o di esclusione sia online che offline. Oltre il 90% dei giovani tra gli 11 e i 19 anni ha dichiarato di trascorrere almeno un paio di ore al giorno su internet e, tra loro, i ragazzi che dichiarano di aver subìto, nel corso del 2023, un qualche comportamento oltraggioso online ammontano a circa il 34%: decisamente più i maschi che le femmine, con una differenza di 7 punti percentuali. I maschi sono quindi i più coinvolti da episodi di cyberbullismo, anche se alcuni fenomeni (il bodyshaming, la diffusione di immagini intime) colpiscono con specifica violenza in particolare le donne.
Il dettaglio delle forme vessatorie avvenute online qualche volta nell’anno o più volte al mese evidenzia come in questa dimensione i ragazzi si siano sentiti più colpiti delle ragazze, anche in termini di esclusione/emarginazione (19% contro 16,6%). La forbice tra i due generi è, comunque, decisamente più larga con riferimento alle offese e agli insulti: oltre 7 punti percentuali in più per i maschi offesi online.
Se si guarda a chi è più colpito da oltraggi online ripetuti nel tempo, si conferma la maggiore incidenza tra i maschi che si dichiarano oltraggiati più volte al mese nell’8,9% dei casi contro il 6,6% delle femmine (7,8% nell’insieme).
In Italia, ci racconta sempre l’Istat, ha quindi più probabilità di venire cyberbullizzato un ragazzo, maschio, tra gli 11 e i 15 anni, con accesso autonomo al digitale, residente nel Centro-Nord: è questa la categoria più a rischio, ma il fenomeno si presenta in ogni caso per tutta l’adolescenza, per i maschi e le femmine, sia al nord che al sud.
Se il cyberbullismo e il bullismo si presentano anche con caratteristiche diverse, lo stesso non si può dire dei segnali emotivi che possono rendere visibile il malessere. I ragazzi bullizzati e cyberbullizzati presentano infatti i medesimi effetti a breve termine, ovvero:
A questi segnali emotivi, possono unirsi disturbi diffusi di origine psicosomatica e cambiamenti dell’umore e del comportamento. Tra questi, l’allontanamento dalle occasioni sociali e il rifiuto di andare a scuola. E anche chi a scuola continua ad andare, può presentare un calo improvviso di rendimento: la difficoltà a rimanere concentrati e a gestire gli stati d’ansia, compresi quelli provocati da interrogazioni e verifiche, è un altro dei segnali rivelatori.
Notare questi disturbi significa vedere davvero i propri figli: dedicare un tempo, anche mentale, per ascoltarli, trovare lo spazio per farci raccontare le loro giornate, non spaventarci davanti al racconto delle loro difficoltà; questi gesti da parte degli altri adulti di riferimento in generale, possono davvero fare la differenza per rispondere al problema.
Succede spesso che i ragazzi non vogliano ammettere di essere vittime di forme di bullismo; accade anche perché i bullizzati tendono a sentirsi in colpa per quello che gli sta succedendo. Per quanto possa sembrare paradossale, questo pensiero si presenta spesso, sia tra chi può essere effettivamente stato ingenuo o inconsapevole, ad esempio avendo condiviso proprie foto intime o imbarazzanti, sia tra chi si trova al centro di una violenza completamente estranea ai suoi gesti.
Quali soluzioni abbiamo per contrastare il cyberbullismo?
Gli effetti a breve termine causati dal cyberbullismo, se non individuati repentinamente, possono portare a conseguenze a lungo termine sulla salute mentale e fisica. Sul lungo termine, le persone cyberbullizzate rischiano il crollo dell’autostima, connesso a uno stato ansioso che può diventare incontrollabile.
In presenza di una forte fragilità, aumenta anche il rischio autolesionismo e l’ideazione suicidaria. Questo non significa che tutti i ragazzi bullizzati arrivino effettivamente a tentare di compiere questo gesto, ma la sensazione di trovarsi in una situazione impossibile da risolvere che li fa sentire con le spalle al muro può rendere la morte una via di fuga contemplabile. Anche per questo è importante far comprendere ai ragazzi che una soluzione esiste sempre: ci sono strade previste dalla legge, e azioni che – come genitori ma anche come comunità in generale – possiamo fare per evitare che i cyberbullizzati si sentano in un vicolo cieco.
Se ci chiediamo come combattere il cyberbullismo, dobbiamo immaginare i nostri ragazzi più forti di come li immaginiamo. Spesso far sentire la nostra comprensione e la nostra assenza di giudizio è un primo passo profondamente significativo. Se i ragazzi sentono di poter contare su di noi in modo profondo, se percepiscono che non gli verrà attribuita nessuna colpa si sentiranno meno soli e meno colpevoli, e potranno trovare la forza di gestire la situazione e di uscirne.
Anche la legge, per fortuna, ci aiuta a trovare soluzioni al cyberbullismo.
La legge 71/2017 (“Disposizioni a tutela del minore per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo”) permette di fare richiesta al gestore del social o sito dove si trovino immagini o video denigranti di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti dannosi.
In questo caso, è opportuno procedere con una segnalazione al Garante Privacy, che procede con la richiesta formale. Inoltre, quando il cyberbullismo assume la forma di reati come ingiuria, diffamazione, minaccia o furto d’identità, si applicano le norme penali previste, tra le quali l’ammonimento del questore al bullo o ai bulli.
La scuola, come luogo sociale frequentato per un numero importante di ore, può essere il luogo di nascita sia del bullismo che del cyberbullismo, anche come fenomeni connessi con forme di violenza che si esprimono sia in presenza che nel mondo digitale.
Ogni scuola nomina un referente per il contrasto di bullismo e cyberbullismo, che deve essere contattato dal ragazzo stesso o dai genitori il prima possibile. La famiglia, che deve coinvolgere anche gli insegnanti e soprattutto il Dirigente Scolastico, potrà a quel punto collaborare con la scuola per cercare di arginare il fenomeno.
In questi casi è bene non partire con la caccia al colpevole: il bullismo non è un’azione che si svolge come fosse un duello tra due persone, si presenta invece spesso come un fenomeno di gruppo che, certo, vede la presenza di un “leader negativo” ma anche di gruppi di gregari che in qualche modo – diretto o indiretto – amplifica le conseguenze dei gesti violenti. Avviare nelle classi percorsi di rinforzo dell’empatia, aumentare la consapevolezza del gruppo rispetto alle conseguenze di assistere inermi a forme di bullismo, serve spesso di più delle punizioni.
Dietro al bullo si nascondono spesso fragilità che il ragazzo violento cerca di nascondere rovesciando la sua frustrazione e la sua rabbia su qualcuno che gli appare più debole e più attaccabile. Non è con le punizioni che si modifica questo processo, ma incentivando tutto il gruppo classe a leggere le conseguenze della propria violenza o del proprio silenzio. Lavorando in questa direzione, oltre a considerare l’uso degli strumenti legali quando il bullismo assume forma di reato, l’alleanza scuola famiglia potrà davvero interrompere la spirale violenta del bullismo e del cyberbullismo a scuola.
La scuola ha inoltre il compito di agire a livello preventivo sui ragazzi. Spesso, negli adolescenti, non esiste una forte consapevolezza rispetto ai rischi e alle conseguenze della propria vita online.
La condivisione di foto intime – per una generazione che utilizza massicciamente il sexting – è purtroppo una pratica molto comune che può essere sfruttata per un’azione di bodyshaming o di revenge porn, in particolare in assenza di una solida formazione sessuo-affettiva che – come raccontano tutte le ricerche – è invece carente nella Generazione Z.
Avviare percorsi di cittadinanza digitale, lavorare con i ragazzi sull’aumento di consapevolezza in relazione ai reati e alle loro conseguenze, sono forme di prevenzione previste dalla legge e che, se svolte seriamente e con una reale partecipazione dei ragazzi nell’elaborazione, rappresentano una risposta reale e preventiva al cyberbullusmo.
Nelle recenti Linee guida dei pediatri italiani, l’età indicata per ricevere uno smartphone è intorno ai 13 anni, mentre bisognerebbe attendere i 18 anni per l’accesso ai social. Sono limiti che in genere non vengono rispettati dalle famiglie, se è vero che molti bambini ricevono in regalo lo smartphone come dono della Prima Comunione.
Esporre i bambini al digitale comporta moltissime conseguenze sul loro sviluppo emotivo e cognitivo e, parallelamente, li espone ai rischi del cyberbullismo proprio nell’età della costruzione della propria identità: se gestire le conseguenze emotive del cyberbullismo può essere estremamente difficile per un adulto, affrontare la violenza quando si è uno stato di immaturità cognitiva o emotiva aumenta i rischi sul breve e sul lungo termine.
Se i nostri figli hanno accesso in autonomia al mondo digitale, la nostra attenzione nei loro confronti deve essere ancora più alta. Più che controllare da remoto la vita online dei nostri figli (seppur necessario quando i bambini non hanno ancora raggiunto l’età delle autonomie), diventa fondamentale costruire una relazione di fiducia, all’interno della quale i ragazzi sentano sempre di poterci chiedere aiuto, senza temere le nostre reazioni.
Per chi volesse rinforzare e proprie conoscenze, come genitore o come insegnante, consigliamo la lettura di Figli di Internet (M. Lancini e L. Cirillo, Erickson, Trento, 2022) e Io dico no al bullismo (A. Pellai e B. Tamborini, Mondadori, Milano, 2021).Per approfondire si trovano anche libri e documentari che danno voce a esperienze subìte di cyberbullismo (tra questi, Senza rete, documentario del 2021 diretto da Marco Speroni) e che possono aiutare i ragazzi a sentirsi meno soli nell’affrontare il cyberbullismo.