L’ecografia delle anche in età neonatale è un esame rapido, non invasivo e assolutamente indolore che generalmente si fa nei primi mesi di vita del bambino. In alcuni casi specifici, tuttavia, deve essere effettuato subito, già nelle prime settimane. In questo articolo vedremo nel dettaglio quali sono le circostanze in cui è consigliato non aspettare e come funziona questa indagine.
Prima di spiegare nel dettaglio cos’è e a cosa serve l’ecografia delle anche del neonato, dobbiamo introdurre qualche semplice cenno di anatomia.
L’articolazione dell’anca (in gergo tecnico “articolazione coxo-femorale) è costituita da due parti che entrano in rapporto tra loro: una parte sferica, cioè la testa del femore, e una concava (l’acetabolo), che fa parte del bacino, accoglie la testa del femore e ne contiene gli ampi movimenti.
Nel neonato l’articolazione dell’anca è molto flessibile, in quanto ancora cartilaginea e anatomicamente immatura, e può succedere quindi che la cavità dell’acetabolo non sia perfettamente concava, bensì piatta, per cui la testa del femore non si inserisce bene al suo interno.
Questa situazione può determinare la displasia congenita dell’anca, una condizione che, se non viene tempestivamente riconosciuta e corretta, può determinare conseguenze irreversibili per la motilità dell’intera articolazione. Si tratta di una malformazione che si verifica, nel nostro Paese, in circa 1-3 neonati su 100, ed è nettamente più frequente nel sesso femminile (con un rapporto di 5:1 rispetto al sesso maschile).
Attraverso la tecnica degli ultrasuoni (non si utilizzano radiazioni), l’ecografia alle anche del neonato consente di individuare precocemente anomalie dell’articolazione coxo-femorale, studiando in modo molto approfondito e preciso le strutture anatomiche per capire se sono presenti fattori che possono comportare la displasia.
Prima di ricorrere all’esame, esistono alcune manovre cliniche che il pediatra mette in atto fin dalle prime visite per evidenziare eventuali malformazioni dell’articolazione dell’anca del neonato:
Quando fare l’ecografia alle anche del neonato? Se non ci sono criticità, l’esame viene generalmente effettuato nel secondo o terzo mese, quando le strutture articolari del lattante sono ancora sufficientemente plastiche da permettere la correzione del difetto qualora si evidenziassero anomalie. Si attende questo periodo anche perché nel primo mese di vita si possono riscontrare delle anomalie alle anche del neonato che, in modo fisiologico, rientreranno entro il terzo mese.
L’ecografia va invece effettuata già nelle prime settimane di vita se il neonato presenta uno dei seguenti fattori di rischio:
L’ecografia delle anche neonatale è obbligatoria? Non lo è, ma è fortemente raccomandata da tutti i pediatri, soprattutto se si presentano le criticità appena elencate.
Piuttosto, la domanda cruciale è: l’ecografia delle anche va effettuata a tutti i neonati oppure va riservata solo quelli che presentano fattori di rischio? La questione è ancora molto dibattuta in ambito scientifico, e in Italia si assiste a differenze territoriali. Alcune regioni effettuano un cosiddetto screening “selettivo”, ovvero riservano l’esame clinico da parte del pediatra a tutti i neonati e l’esame ecografico solo ai soggetti con fattori di rischio. Altre regioni invece propendono per uno screening “universale” e propongono l’esame a tutti i neonati, indipendentemente dai fattori di rischio.
Come già accennato, l’ecografia alle anche neonatale è di semplice esecuzione e utilizza la tecnica degli ultrasuoni (la stessa che si usa per monitorare la crescita del piccolo in gravidanza), non è invasiva, né dolorosa e non ha alcun tipo di controindicazioni o rischi per il piccolo.
Generalmente l’esame ha una durata di poche decine di minuti e si effettua ponendo il bambino nella cosiddetta “culla di Graf” (dal nome dell’ortopedico austriaco che la progettò), un dispositivo in gommapiuma che consente al piccolo di mantenere la posizione su un fianco ed esporre l’anca da esaminare. La sonda ecografica viene poggiata sulla cute del piccolo, mentre l’arto inferiore dello stesso lato viene mantenuto in posizione semi-estesa.
Anche la tecnica di studio dell’anca del neonato più comunemente utilizzata oggi prende il nome da Reinhard Graf. Consente di studiare nel dettaglio la morfologia di tutte le componenti articolari e, attraverso la misurazione dell’angolo che si crea fra la componente ossea e quella cartilaginea dell’acetabolo, fornisce una classificazione che consente di stabilire il rischio di displasia.
Il referto dell’esame, infatti, oltre a descrivere l’anatomia e la maturità dell’articolazione, fornirà anche un indice basato su una specifica classificazione che prevede quattro tipi e alcuni sottotipi.
In conclusione, tenendo presente che la displasia congenita dell’anca è una condizione che può compromettere le modalità con cui il bambino potrà camminare una volta cresciuto, la diagnosi va effettuata quanto prima, al fine di mettere a punto un trattamento ortopedico adeguato che consenta di minimizzare le conseguenze della patologia. L’ecografia delle anche è il metodo di diagnosi più accurato per individuare situazioni anche minime di immaturità articolare e ridurre i rischi di una diagnosi tardiva.