«Il gioco è il lavoro del bambino», sosteneva Maria Montessori, esprimendo un concetto che potrebbe essere frainteso e spaventare qualcuno (l’associazione della parola “lavoro” alle azioni di un bambino…). Ma la scelta da parte della celebre pedagogista di definire così l’attività infantile nasce proprio dal bisogno di dare la giusta importanza a ciò che il bambino fa liberamente. Il piccolo, infatti, più che giocare lavora alla costruzione di sé. L’impegno delle sue mani nell’aprire e chiudere un cassetto, nell’impilare cubi, nell’infilare un bottone in una fessura è reale, serio, fondamentale per lo sviluppo delle competenze manuali, del coordinamento, dell’orientamento e quindi dello sviluppo intellettuale.
Il bambino cerca nell’ambiente circostante ciò che può dargli nutrimento psichico e arricchimento intellettivo e ci si avvicina e dedica con devozione, concentrazione ed estrema serietà; entra nel flusso della concentrazione naturalmente, senza che ciò gli venga insegnato. È un “maestro interiore” a guidarlo verso le attività che lo portano al proseguimento del suo sviluppo psicofisico. «Il bambino finisce per immergersi nel suo esercizio con tale intensità d’attenzione, che non si accorge più delle cose circostanti e continua a lavorare, ripetendo l’esercizio uniformemente decine e decine di volte consecutive. Questo è il fenomeno della concentrazione e della ripetizione dell’esercizio, a cui è collegato lo sviluppo interiore», ci dice Maria Montessori.
Quando il bambino non riesce a impegnarsi in autonomia in un’attività costruttiva – magari perché stanco, indeciso, o annoiato – l’adulto, per far sì che il piccolo non disperda energie inutilmente, può suggerire un’attività. A tal proposito, esistono una serie di giochi montessoriani utili per il lavoro del bambino. Si tratta per la maggior parte di giochi fai da te, che richiedono l’impiego di materiali semplici che si possono trovare in casa o che sono comunque facilmente reperibili. Ciò che Montessori suggerisce per l’utilizzo di questi giochi all’interno di un’attività è di seguire alcune indicazioni semplici ma che possono fare la differenza:
Ma quale gioco Montessori è più adatto al bambino di 1 anno ? E per uno di 3-4 anni? Scopriamolo assieme.
Il gioco dei travasi montessoriani è una delle attività preferite dal bambino piccolo.
Per il bambino, la ripetizione della medesima azione è per lui sinonimo di concentrazione e costruzione di sé.
Preparate due ciotole grandi identiche – magari in metallo – e in una ponete una generosa quantità di noci. Stendete a terra un tappetino sul quale poggiare le due ciotole e un mestolo. Mostrate al bambino il travaso delle noci con il mestolo e poi consentitegli di esplorare l’attività in piena autonomia e libertà: magari preferirà travasare le noci con le mani o svuotando la ciotola piena in quella vuota.
Foderate tre vasetti di vetro identici con una carta colorata, utilizzando ad esempio colori primari. In un contenitore sufficientemente capiente ponete 30 bastoncini di legno: 10 dipinti di rosso, 10 di blu e 10 di giallo, anche solo parzialmente. Tutto questo materiale può essere riposto su di un vassoio. Il bambino potrà apporre ciascun bastoncino nel vasetto di colore corrispondente. Affinché il materiale attragga il bambino, è necessario selezionare utensili e oggetti di qualità, ricercando sempre un ordine estetico.
Stampate su fogli grandi, ad esempio A3, degli ambienti naturali (banchisa, savana, foresta, fattoria eccetera) che non presentino alcuna figura animale. Plasticate le immagini per renderle più resistenti. In un cestino inserite un gruppo di figure di animali tridimensionali, se ne avete, o stampati e plastificati. Il bambino, preso un animale, cercherà di riconoscerlo, nominarlo e porlo nell’ambiente naturale di appartenenza. Quest’attività può far nascere un racconto da parte dell’adulto circa le caratteristiche fisiche degli animali, le loro abitudini di vita e alimentari, che potrà incuriosire il bambino.
Più i bambini sono grandi, più animali avranno a disposizione nell’ambiente e più ricchi e complessi potranno essere i racconti. È importante che le immagini siano fotografiche e realistiche, così come le proporzioni tra gli animali dovranno essere verosimili. Se optate per animali tridimensionali sceglieteli di ottima fattura e ricchi di dettagli realistici. In questo modo le informazioni che la mente infantile acquisirà saranno il più possibile veritiere.
Spesso l’adulto non comprende la motivazione che spinge un bambino a compiere una certa attività o gioco (dal latino iocus, ossia scherzo, burla) e quindi lo interrompe senza farsi problemi. «In fondo sta solo giocando», si pensa erroneamente. Il bambino, in realtà, non sta affatto giocando e di conseguenza si arrabbierà moltissimo. Questa reazione viene chiamata, solitamente, “capriccio”.
Bisogna invece considerare che la modalità di azione del piccolo durante il lavoro, soprattutto la sua finalità, è molto differente da quella dell’adulto. Il bambino, infatti, non compie un’attività per raggiungere uno scopo ma per il puro piacere di lavorare alla creazione di sé, della sua psiche e del suo corpo. Agisce attraverso la ripetizione di un esercizio più e più volte e la fine dell’attività è dettata da motivazioni interne, non esterne e sociali. Non sarà neanche la stanchezza a sospendere il suo agire, in quanto è proprio alla conclusione del lavoro che si ritroverà pieno di energie e rafforzato.
La legge del minor sforzo associata al massimo risultato, invece, è propria del lavoro dell’adulto (lavoro produttivo), contestualizzato all’interno dell’ambiente sociale e super-naturale in cui egli vive. Ciò, però, non fa parte delle caratteristiche del lavoro del bambino, che invece impiega grandi quantità di energia senza sofferenza e sacrificio, ma con naturale e istintiva dedizione.
È facile riconoscere un bimbo che sta lavorando: mentre gioca il suo viso è serio, il suo corpo è composto, le sue mani si muovono lentamente, distrarlo è difficile. Un bambino che non è impegnato costruttivamente in un’attività invece è disordinato, caotico, parla e agisce contemporaneamente, distoglie lo sguardo dal gioco, non usa con attenzione il materiale e necessita di essere accompagnato verso la ricerca di un’attività costruttiva. Perché Montessori ci dice che l’educatore deve sussurrare quando si rivolge ai bambini? Per non disturbare e favorire la loro concentrazione.
Il bambino apprenderà in pochi anni che non esistono solo i suoi bisogni, ma anche quelli degli altri. Imparerà inoltre a ubbidire alla volontà di qualcuno dopo essersi allenato a ubbidire alla propria. L’accoglienza, la pazienza e la delicatezza con cui ci si avvicina a un bambino che sta lavorando lo aiutano a crescere in modo armonico ed evitano di fargli vivere momenti di frustrazione e rabbia. A volte l’interruzione è inevitabile, mentre spesso, invece, è una mancanza d’attenzione.
Quando un bambino sceglie liberamente il gioco a cui dedicarsi, permettiamogli di avere il tempo e il silenzio che merita. Quando ciò non è possibile, cerchiamo almeno di accogliere con pazienza e gentilezza la sua contrarietà spiegandogli il perché delle nostre decisioni e riconoscendo il grande sacrificio che il piccolo compie nel rispondere alla nostra volontà.
formatrice, pedagogista e autrice, progetta e coordina servizi per la prima infanzia e svolge corsi di formazione per insegnanti e genitori sulla pedagogia montessoriana. Autrice del libro Qui abita un bambino edito da Uppa Edizioni, cura la rubrica "Tra il dire e il fare" su Uppa.