Fascia porta bebè e altri supporti: come scegliere?

Ecco una lista delle fasce porta bebè e dei supporti più consigliati dagli esperti, oltre alle indicazioni e ai suggerimenti utili per chi vuole avvicinarsi al "portare", importante modalità di accudimento

Simona Nigro , pediatra
Fascia porta bebè per il babywearing

Le fasce porta bebè sono una delle più antiche modalità di accudimento, che in alcuni posti del mondo si sposa perfettamente con le necessità di spostamento dei genitori per lavoro o altro, unendo perciò l’aspetto relazionale a quello puramente pratico. Da un estremo all’altro del continente, infatti, da sempre i neonati vengono portati addosso, anche se con finalità, supporti e modalità differenti, in relazione alla cultura del Paese di origine.

A cambiare di paese in paese sono le modalità con cui il babywearing viene praticato: semplici teli di cotone, marsupi per il neonato, fasce elastiche e via dicendo. Quale fascia porta bebè scegliere quindi? Da quando è possibile portare in fascia il neonato? Domande che i genitori si pongono molto frequentemente e alle quali cercheremo di rispondere in questo articolo sulle fasce porta bebè.

Le fasce porta bebè nel mondo

In Africa si utilizzano per lo più teli di cotone lunghi poco meno di 2 metri e i bimbi sono legati sulla schiena, senza nodo, sin dalla nascita: in Kenya c’è il Kanga, nel Senegal il Pagne e il Mbotu. In Cina troviamo il Mei Tai, in Giappone l’Onbuhimo, in Messico il Rebozo, lunga striscia di tessuto rettangolare utilizzata anche durante il travaglio di parto.

E in Italia? Nel corredino troviamo l’immancabile “trio” navicella-ovetto-passeggino, senza il quale – vogliono farci credere – non si può portare in giro il bebè. I più pratici inseriscono nella lista nascita il marsupio, gli “alternativi” la fascia porta bebè, tra gli sguardi curiosi e compassionevoli dei passanti: «Povero piccolo! Ma riesce a respirare? Mi pare che soffra!». 

In realtà i benefici della fascia porta bebè sono innumerevoli e noti ormai da tempo (basti pensare alla Kangaroo Mother Care, ne parliamo in questo articolo), dato il contatto molto stretto tra bambino e genitore. Ascoltare e soddisfare il bisogno primario di contatto del bambino non crea una sua ulteriore necessità né la accresce, semmai con il tempo la colma.
Portare in fascia o nel marsupio dunque non è da considerare una moda, ma una scelta di accudimento che nasce da un bisogno ancestrale. 

Fascia porta bebè e sviluppo motorio del bambino

Seguire il corpo materno in tutti i suoi movimenti è anche di fondamentale importanza per lo sviluppo motorio del bambino. Contrariamente a ciò che si pensa, infatti, la fascia porta bebè non blocca il piccolo nei suoi movimenti e anzi favorisce la sensibilità muscolare: i recettori localizzati nelle articolazioni, nei muscoli e nei tendini raccolgono gli stimoli ricevuti consentendo al bimbo di tradurli in una percezione sempre più consapevole del proprio corpo e della propria postura.

Portare in fascia il bambino o la bambina è inoltre d’ausilio in alcune condizioni mediche come ad esempio la displasia congenita dell’anca.

Come usare la fascia porta bebè?

Come si usa la fascia porta bebè? Ci sono delle posizioni più sicure di altre? Domande che i genitori si pongono molto spesso quando si approcciano per la prima volta a questo strumento per portare addosso il bambino. Fino all’età in cui il bambino è considerato lattante (3-4 mesi) è sempre indicata la posizione rivolta verso l’adulto, dal momento che quella fronte-mondo è inadeguata sia in termini anatomico-posturali (viene meno il rispetto della fisiologica curvatura della colonna vertebrale) sia in termini psico-relazionali (eccesso di stimoli ricevuti dal bambino senza possibilità di difendersi).

Successivamente la scelta della posizione è variabile e dipende dalla fase di sviluppo del piccolo; la regola generale è sempre quella di osservarlo e farsi guidare: se vi è un eccesso di esperienze dall’esterno difficili da gestire, lo capiremo dai segnali di stress che ci trasmetterà attraverso il suo comportamento.

Va sottolineato che la “cultura del portare” è ancora poco diffusa. Sul territorio italiano esistono diverse scuole di formazione per istruttori/istruttrici a cui affidarsi per imparare come indossare la fascia porta bebè e come portare rispettando la fisiologia di genitore e bambino. A tal proposito, segnaliamo la realtà formativa Portare i Piccoli. Si tratta di esperti a cui affidarsi anche per la scelta del prodotto da acquistare, tenendo sempre a mente l’unicità di ciascuna coppia genitore-figlio e l’impossibilità di riconoscere un supporto che possa essere valido per tutti. A ciascuno il suo, quindi.

Come scegliere la fascia porta bebè?

La vastità dei supporti in commercio è tale da mandare in confusione chi si vuole accostare a questa “novità”. A ciò va aggiunto che spesso le informazioni fornite vengono falsate con l’unico scopo di vendere il prodotto.

Ma quale fascia porta bebè scegliere? Quali sono le differenze tra marsupio e fascia? Distinguiamo, intanto, i supporti “non strutturati” da quelli “strutturati”. Appartengono alla prima categoria le fasce lunghe, corte ed elastiche, mentre alla seconda i marsupi. Esiste poi la categoria dei “semi-strutturati”, tra i quali annoveriamo il già citato Mei Tai.

Per scegliere la migliore fascia porta bebè bisogna tenere a mente alcune caratteristiche indispensabili: 

  • rispetto della fisiologia;
  • sicurezza nel portare;
  • libertà di movimento per il genitore;
  • prodotti privi di sostanze nocive, nel rispetto di uomo e ambiente.

Per scegliere la fascia porta bebè più indicata alle proprie esigenze è importante anche tenere in considerazione l’età del bambino. Ad esempio, quale supporto o fascia è indicata per il neonato? In questo caso, il prodotto dovrà garantire il contenimento e un ottimo sostegno alla colonna vertebrale e soprattutto alla testa, nonché consentire al piccolo di mantenere inizialmente le gambe a “ranocchietta” e, in seguito, nella posizione seduta-divaricata. Ecco perché è preferibile scegliere, nel caso del neonato, una fascia porta bebè lunga che consenta legature a più strati.

Tipologie di fascia porta bebè

Vediamo ora di seguito le tipologie di fascia porta bebè, capiamo quali sono le differenze con i marsupi e da quando è possibile usare la fascia per portare il bambino fuori casa.

Fascia porta bebè elastica e rigida

Fascia porta bebè elastica
Fascia porta bebè elastica – silverjoy / iStock

Lunga circa 5 metri e in maglina di cotone o bamboo. Una volta indossata, la fascia porta bebè elastica è come una sorta di t-shirt da allargare per inserire o tirare fuori il proprio bambino senza necessità di dover legare o slegare ogni volta. Ideale per i bimbi prematuri e, in generale, per il neonato, ha il limite di risultare cedevole nel momento in cui il bambino raggiunge i 7-8 Kg di peso (se il tessuto è jersey singolo anche qualche chilo in meno). Può essere utilizzata esclusivamente per portare davanti con legatura a triplo sostegno, ossia tre strati di tessuto che avvolgono il piccolo.

Meglio evitare la fascia porta bebè contenente elastan, poiché questo elemento, oltre a non essere un materiale naturale, rende la fascia troppo cedevole.

La fascia rigida

Fascia porta bebè rigida
Fascia porta bebè rigida – artursfoto / iStock

Anche detta “fascia porta bebè lunga tessuta”, viene lavorata al telaio con trama particolare, che conferisce al prodotto un’ottima stabilità ma anche elasticità. Per iniziare, meglio se 100% in cotone, anche se in commercio esistono diverse combinazioni di tessuto (lino, seta, canapa, lana eccetera). Sebbene alcuni tessuti siano più adatti per la stagione calda, non esiste una vera e propria fascia porta bebè estiva. Ricordiamo, a tal proposito, che il corpo della mamma funge da termoregolatore per il bambino in tutte le stagioni. Questo processo si svolge meglio se tra i due corpi vi sono pochi strati di tessuto (l’ideale sarebbe pelle a pelle), per cui il suggerimento per l’estate è quello di indossare abiti leggeri per uscire e meno abiti possibili in casa.

Il termine “rigida” può intimorire, ma in realtà viene utilizzato per distinguere questa tipologia di fascia porta bebè da quella elastica. Ha  una lunghezza variabile, che dipende sia dalla taglia di chi porta sia dal tipo di legatura che si sceglie di fare, con uno standard di circa 5 metri (adatto al portatore di corporatura media). Questa fascia porta bebè permette di tenere davanti, sul fianco e sulla schiena il bambino sin dalla nascita, con legature mono o pluristrato in base alle proprie preferenze.

L’utilizzo di questo supporto potrebbe risultare non immediatamente comprensibile; a tal proposito il web offre diversi video tutorial su come indossare la fascia porta bebè, ma dal momento che non tutte le fasce in commercio sono ergonomiche o adatte, è sempre preferibile rivolgersi a personale qualificato per apprendere in sicurezza come mettere la fascia porta bebè.

Infine, se si decide di confezionare una fascia porta bebè in casa, è bene tenere presente che è molto difficile trovare tessuti con trama diagonale nei negozi. In questo caso si può dunque optare per un tessuto con caratteristiche analoghe quale il gabardine, mentre sono da evitare tessuti elasticizzati e l’assemblaggio di pezzi di stoffa diversi. 

Fascia porta bebè corta

Fascia porta bebè corta
Fascia porta bebè corta – lolostock / iStock

Si distingue dalla fascia porta bebè rigida unicamente per la lunghezza, inferiore ai 3 metri circa. Consente pertanto di fare solo legature monostrato prevalentemente sul fianco e anche dietro (seppure con limitazioni).

Consigliabile a partire dai 3 mesi, o comunque da quando il bambino regge il capo in autonomia, e per tutta la durata del percorso. Non possiamo dunque considerarla come “unico supporto”, proprio perché non può essere utilizzata dalla nascita.

Fascia porta bebè corta ad anelli

Fascia porta bebè ad anelli
Fascia porta bebè ad anelli – naumoid / iStock

Composta da un telo non elastico della lunghezza di circa 2 metri chiuso da due anelli, all’interno dei quali il tessuto deve scorrere bene al fine di agevolare la regolazione della tensione. Consente legature monostrato per portare davanti e sul fianco. Anche questa tipologia di fascia è consigliata a partire dai 3 mesi circa, o comunque da quando il bambino riesce a reggere in autonomia il capo. Assolutamente vietata la posizione cosiddetta “a culla”, non sicura per il piccolo: la testa, non essendo sorretta, rischia di flettersi contro il torace del genitore, con conseguente compromissione della respirazione.

Questa fascia è sconsigliata per portare il bambino sulla schiena, dal momento che non permette un incrocio del tessuto sotto il sedere del bambino e dunque non garantisce una legatura in sicurezza. Una buona fascia porta bebè corta ad anelli deve garantire la posizione divaricata-seduta con ginocchia più in alto del sederino (posizione a M), in modo che il peso del piccolo non venga scaricato sui genitali.

Versatile invece per il “sali e scendi”, quindi perfetta per brevi tragitti e soprattutto per quando il bambino ha necessità di iniziare a esplorare il mondo sulle proprie gambe per poi far ritorno alla sua “roccaforte”. Ha il limite di scaricare il peso su una sola spalla ed è quindi poco indicata per un utilizzo prolungato. Inoltre non consente di fare legature con più strati di tessuto, che garantirebbero il contenimento di cui necessita il bambino molto piccolo, per cui questo supporto non è ideale come fascia per il neonato.

Fascia tubolare per il bambino

Fascia porta bebè tubolare
Fascia porta bebè tubolare – Switlana Symonenko / iStock

È un supporto “su misura”. A differenza delle altre fasce porta bebè non ha estremità libere ed è cucita a mo’ di anello in maniera del tutto personalizzata, ovvero tenendo conto delle misure del genitore e del bambino. Si usa per portare sul fianco, seguendo le stesse regole valide per la fascia ad anelli.

Il suo utilizzo ha una durata limitata nel tempo, proprio per via delle misure personalizzate: il bambino cresce più o meno rapidamente, pertanto la fascia porta bebè tubolare non può garantire in maniera costante nel tempo i requisiti di sicurezza per un buon portare.

Supporti strutturati: i marsupi

Marsupio ergonomico
Marsupio ergonomico – stock_colors / iStock

I marsupi per portare il bebè sono i supporti più “occidentali”, quelli che più facilmente si trovano in commercio. Purtroppo però la quasi totalità dei marsupi che si vedono nei negozi per l’infanzia non sono sufficientemente ergonomici: eccessivamente rigidi e privi di un buon sostegno per collo e testa; non permettono la regolazione laterale o in altezza; i bambini risultano “appesi”, gravando perciò tutto il peso sulla zona genitale; la parte che accoglie il sederino ha spesso una larghezza insufficiente (inferiore ai 18-20 cm) e risulta o troppo morbida o troppo rigida, non garantendo la corretta posizione divaricata-seduta; spesso i tessuti non sono testati né certificati per il contenuto di sostanze tossiche. In alcuni casi, inoltre, l’articolazione tra femore e bacino viene costretta a un’angolatura troppo aperta, con risultati dannosi sullo sviluppo fisiologico delle anche.

Esempio di marsupio non ergonomico
Esempio di marsupio non ergonomico – lolostock / iStock

Occorre però specificare che, seppur non facilissimi da reperire, esistono in commercio dei marsupi ergonomici. A tal proposito, le caratteristiche che un buon marsupio ergonomico dovrebbe avere sono:

  • larghezza della seduta non inferiore a 30 cm con pannello non eccessivamente rigido;
  • possibilità di regolazione del supporto da parte del portatore;
  • spallacci con imbottitura, meglio se di materiale naturale;
  • cinghia di sicurezza anteriore da allacciare al di sopra del petto;
  • fascione ventrale che consenta una più equa distribuzione del carico;
  • tessuti naturali e certificati.

Il suo utilizzo è consigliabile a partire dai 4 mesi di età circa, o comunque da quando il bambino divarica autonomamente bene le gambe, in modo tale che il pannello vada dall’incavo di un ginocchio all’altro. Per la sua manegevolezza risulta essere il supporto preferito dai più pratici: di facile impiego, può essere utilizzato per portare davanti o dietro per tutta la durata del percorso.

Rispetto agli altri supporti, che hanno una “vestibilità” pressoché perfetta, questo necessita di una prova prima dell’acquisto, quasi come fosse un capo d’abbigliamento!

Supporti semi-strutturati: il Mei Tai

Mei Tai
Mei Tai. Le fasce andrebbero tese maggiormente rispetto all’esempio, in modo che il bambino sia ad “altezza bacio” – Sunlight19 / iStock

Il Mei Tai offre un compromesso tra il contenimento della fascia e la praticità del marsupio; sebbene sembri più semplice da legare rispetto alla fascia lunga, in realtà è necessaria una buona confidenza con il tessuto affinché le legature vengano fatte nella maniera corretta. È un pannello rettangolare di stoffa della larghezza di circa 50 cm, con quattro angoli da cui partono altrettante bretelle, con le quali viene fissato il supporto sul ventre e sulle spalle di chi porta. Rispetto al supporto originale asiatico, quello arrivato a noi occidentali presenta delle bretelle più larghe, che sostengono meglio il bambino e risultano più confortevoli per chi porta.

Esistono inoltre alcuni Mei Tai con pannello regolabile, che consente l’utilizzo di questo supporto già nei primi mesi, dal momento che non divarica eccessivamente le gambe del piccolo. Se ne consiglia l’uso a partire dai 3 mesi circa, o comunque sempre da quando il bambino riesce a reggere il capo.

Fascia porta bebè: istruzioni per l’uso

Oltre alla scelta del supporto più adatto alle proprie esigenze, occorre imparare come legare la fascia porta bebè in maniera corretta! Ecco un piccolo vademecum del buon portare:

  1. Sicurezza prima di tutto! Chiudere sempre ogni legatura con doppio nodo. Non portare in fascia il proprio bambino in auto, né sulla bicicletta o altro mezzo. Prudenza sui mezzi pubblici, da utilizzare solo per brevi tragitti. Naso e bocca del bambino devono essere liberi da ostacoli!
  2. Garantire al piccolo una posizione fisiologica. Ciò vuol dire simmetrica, verticale dalla nascita e divaricata-seduta, con sederino più basso e ginocchia più in alto; bambino con testa ad “altezza bacio” – senza però intralciare la visuale del portatore – e sederino sempre al di sopra o a livello dell’ombelico del portatore, mai al di sotto; piedini paralleli al pavimento; nel neonato garantire la fisiologica cifosi (curvatura a C della colonna vertebrale).
  3. Aderenza del corpo del bambino portato con quello del genitore portatore, ricordando che vicinanza corrisponde a sicurezza.
  4. Legature con tessuto ben lavorato e teso al punto giusto, che sostenga la testa del piccolo e che sotto al sederino vada dall’incavo di un ginocchio all’altro.
  5. Una buona legatura lascia al portatore le mani libere.
  6. Concedersi tempo e spazio. Mettersi in ascolto di sé per ascoltare l’altro. Portare è assai bello quanto impegnativo perché è prendersi carico di qualcuno fisicamente ed emotivamente. Dare e darsi fiducia.
  7. Leggere attentamente i propri e gli altrui bisogni!

Come accade al seme, quando trova un terreno fertile che lo accoglie e viene nutrito pazientemente e con amore, così accade a un bambino: con i suoi tempi cresce, matura, sboccia, fiorisce e dona frutti. Il portare è un solco di quel terreno fertile, che il genitore, pazientemente lavora affinchè quel seme, il figlio, possa trovarvi l’accoglienza migliore per sviluppare il proprio innato potenziale e crescere sano.

Simona Nigro

Medico pediatra, IBCLC (Consulente Professionale in Allattamento Materno), insegnante di Massaggio infantile AIMI ed educatrice perinatale MIPA, lavora presso il Policlinico Universitario “G. Martino” di Messina.

Articolo pubblicato il 21/04/2020 e aggiornato il 13/04/2023
Immagine in apertura sandsun / iStock

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