\r\n \tAA.VV., Zerocinque”, UPPA edizioni, 2018. \r\n \tRiccardi Ripamonti I., Annunziata E., Le difficoltà di linguaggio: Riconoscerle e trattarle dall’infanzia all’adolescenza, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2021.\r\n \tAA.VV., Media devices in pre-school children: the recommendations of the Italian pediatric society, «Italian Journal of Pediatrics» 2018, 44 (69).\r\n\r\n","box_approfondimento_ce_un_approfondimento":0,"box_approfondimento_titolo_approfondimento":"","box_approfondimento_testo":"","box_approfondimento_autore_approfondimento":"","box_approfondimento":"","uppa_posts_banners_1st_lead":"{\"id\":\"linguaggio\",\"spek\":\"\"}","uppa_posts_banners_2nd_lead":"{\"id\":\"dsa\",\"spek\":\"\"}","uppa_posts_banners_1st_conversion":"{\"id\":\"imparare-a-parlare\",\"spek\":null}","wpUppaCorrelated_post_views_count":7348}},"postFormat":"standard"}; dataLayer.push( dataLayer_content ); \r\n\r\n \tPinton A., Imparare a parlare. Sostenere lo sviluppo del linguaggio nella relazione quotidiana con i bambini, UPPA edizioni, 2023\r\n \tAA.VV., Zerocinque”, UPPA edizioni, 2018. \r\n \tRiccardi Ripamonti I., Annunziata E., Le difficoltà di linguaggio: Riconoscerle e trattarle dall’infanzia all’adolescenza, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2021.\r\n \tAA.VV., Media devices in pre-school children: the recommendations of the Italian pediatric society, «Italian Journal of Pediatrics» 2018, 44 (69).\r\n\r\n","box_approfondimento_ce_un_approfondimento":0,"box_approfondimento_titolo_approfondimento":"","box_approfondimento_testo":"","box_approfondimento_autore_approfondimento":"","box_approfondimento":"","uppa_posts_banners_1st_lead":"{\"id\":\"linguaggio\",\"spek\":\"\"}","uppa_posts_banners_2nd_lead":"{\"id\":\"dsa\",\"spek\":\"\"}","uppa_posts_banners_1st_conversion":"{\"id\":\"imparare-a-parlare\",\"spek\":null}","wpUppaCorrelated_post_views_count":7348}},"postFormat":"standard"}; dataLayer.push( dataLayer_content );
«Mamma, quali sono state le mie prime parole?». La proverbiale curiosità dei bambini si dirige anche sulla propria biografia. Alle volte domande come questa ci mettono in difficoltà, tuttavia spesso genitori e nonni ricordano con tenerezza quelle prime parole, annotate sull’album dei ricordi o legate a qualche episodio curioso.
Secondo un luogo comune, le prime parole dei bambini rivelerebbero le caratteristiche della loro personalità: i più golosi diranno “pappa”, i più coccoloni “mamma”, i più socievoli “bimbo”. Ma è davvero così? E qual è l’età “giusta” per cominciare a parlare?
Qual è l’età in cui si inizia a parlare? Prima di rispondere a questa domanda, occorre fare chiarezza su cosa sono le parole.
Una parola è l’etichetta verbale che utilizziamo per riferirci a un oggetto, un evento, una sensazione, eccetera. Deve possedere due caratteristiche:
Non conta invece come parola la lallazione (di cui parliamo in modo approfondito in questo articolo) perché essa non porta con sé un significato preciso, nonostante l’intenzione sia presente.
Stabilito ciò, quand’è che un bambino dice le prime parole? Quando è pronto, cioè quando ha sviluppato tre particolari requisiti:
A queste abilità si uniranno in seguito anche la capacità di astrazione e la comprensione del linguaggio, entrambe necessarie affinché il bimbo pronunci la prime fatidiche parole.
La letteratura scientifica ci dice che di solito l’età in cui si inizia a parlare coincide all’incirca con il compimento del primo anno di vita (12-13 mesi). Tuttavia, durante la primissima infanzia vi è una grande variabilità nell’acquisizione delle tappe evolutive: ogni bambino segue la sua traiettoria di crescita e la norma oscilla in genere tra i 10-18 mesi.
Esiste un database online ad accesso libero chiamato “Wordbank” che, tra le tante funzioni, ci aiuta a scoprire quali sono le prime parole in 42 lingue del mondo. È stato creato dal dipartimento di Psicologia dell’Università di Stanford, in California (USA), raccogliendo questionari compilati dalle famiglie, e analizza i dati di più di 92.000 bambini. “Mamma” è la prima parola in 12 lingue, mentre in sette lingue in prima posizione c’è “papà”. Questa “competizione” tra genitori può considerarsi risolta in parità se si prendono in considerazione i primi due posti della classifica: infatti, nella maggior parte dei casi quando la prima parola è “mamma”, la seconda è “papà” e viceversa. Tra le eccezioni ci sono il greco, dove prima in posizione c’è “nonna”, il danese con “ciao”, l’australiano con “marmellata” e l’israeliano con “automobile”.
Ma perché i bambini iniziano proprio da queste parole? I motivi sono ben tre:
Ecco spiegato perché spesso tra le prime parole dei bambini ci sono i nomi dei componenti della famiglia, i nomi di cibi o giocattoli oppure le onomatopee.
Per favorire l’emergere delle prime parole si possono attuare specifiche strategie comunicative e proporre alcune attività. Ecco alcuni spunti su cosa fare per aiutare i bambini a parlare:
Vediamo ora invece cosa non fare, con qualche indicazione su come correggere alcuni errori e luoghi comuni:
Un ritardo dell’acquisizione del linguaggio può essere manifestazione di altre condizioni (sordità, disturbi dello spettro autistico, ritardo generalizzato dello sviluppo, sindromi genetiche…), ma può anche presentarsi in modo isolato e/o avere un carattere transitorio. Perciò, in caso di dubbi, è importante confrontarsi con il pediatra di famiglia, il quale conosce la storia familiare e personale del bambino e saprà guidare i genitori. Ecco quando può essere particolarmente necessario un consulto: