Che impatto ha avuto la pandemia sui bambini?

Vediamo quali sono gli elementi che hanno pesato di più sul benessere psicofisico di bambini e adolescenti, e come offrire loro un aiuto concreto

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Anna Rita Longo , divulgatrice scientifica
Bambina che guarda triste fuori dalla finestra

A più di un anno dalla sua esplosione, come valutare l’impatto che l’emergenza pandemica ha avuto sulla salute mentale ed emotiva di bambine e bambini, ragazze e ragazzi? Quali sono state le conseguenze sulla loro psiche? Diversi studi e inchieste giornalistiche stanno cercando di rispondere a queste domande, in tutto il mondo, e i dati che emergono destano preoccupazione. Vediamo meglio perché. 

Cosa dicono gli studi: un incremento dei disturbi

Il pensiero di una minaccia invisibile ma concreta, diffusa ovunque, è ansiogeno e stressante per tutti. Ancora di più in un contesto caratterizzato da una forte insicurezza sotto vari punti di vista, aggravata da una comunicazione giornalistica e istituzionale spesso confusa e contraddittoria. In età particolarmente delicate come quella infantile e adolescenziale le conseguenze di questo scenario possono diventare serie, soprattutto per chi già presenta delle fragilità.

Alcune ricerche [1] condotte in diversi paesi europei hanno messo in evidenza un aumento di fenomeni e condizioni, come gli atti di autolesionismo o il disturbo da stress post-traumatico [2] , legati in vario modo all’isolamento. Si registra anche una crescita di episodi di cyberbullismo e una diffusa e generalizzata amplificazione dei disturbi del comportamento alimentare (spesso collegati a disturbi della percezione corporea e dell’autostima), come pure degli stati ansiosi e depressivi. Sono state anche riportate difficoltà nella compensazione dei disturbi specifici dell’apprendimento.

Paure e fobie hanno avuto gioco facile: tra queste, le ansie legate a una socialità tanto desiderata quanto percepita come potenzialmente minacciosa, ma alcuni indizi inducono anche a temere che si possa diffondere un eccesso di germofobia e paura delle malattie presso le nuove generazioni, cresciute nel clima della pandemia.

All’origine dello stress 

Per comprendere meglio l’origine e la portata dell’impatto emotivo della situazione, abbiamo chiesto il parere di Pasquale Musso, docente di Psicologia dello sviluppo all’Università degli Studi di Bari, da sempre interessato alla tematica del disagio in età evolutiva.

Quali aspetti dell’emergenza hanno interferito maggiormente con il benessere psicofisico di bambini e adolescenti? «La risposta a questa domanda – ci ha detto – non è né semplice né univoca e richiederebbe di considerare l’intersezione tra diversi livelli, dal singolo individuo alla società. Possiamo, però, provare a trarre qualche conclusione dal punto di vista della scienza dello sviluppo. In particolare, ci può venire incontro la prospettiva del rischio e della resilienza nello sviluppo. Il rischio si riferisce a condizioni che potrebbero rappresentare una minaccia significativa per la funzione adattativa o lo sviluppo di una persona (come è il caso della pandemia da COVID-19), mentre la resilienza si riferisce all’adattamento o allo sviluppo positivo nel contesto del rischio.

Gli studi su bambini e adolescenti ci dicono che la resilienza dipende dal potere dei comuni processi di adattamento emersi nel contesto dell’evoluzione e della cultura umana. Detto in parole povere, quello che conta è la “straordinaria forza dell’ordinarietà” (la psicologa dello sviluppo statunitense Ann S. Masten coniò proprio l’espressione ordinary magic in un famoso articolo [3] del 2001 sull’American Psychologist), che è un aiuto in tempi sereni, ma serve anche da rete di protezione per la sopravvivenza e il recupero in circostanze difficili.

La mancanza di ordinarietà è proprio la condizione che, ormai da più di un anno, pesa gravemente sulle vite di bambini e adolescenti, con effetti diversi a seconda della funzionalità del loro contesto di vita. E gli elementi che costituiscono questa “straordinaria ordinarietà” sono diversi e tutti molto importanti per l’adattamento di bambini e adolescenti».

Il ruolo dei legami significativi

Sottolinea lo psicologo: «Innanzitutto, c’è il sistema di relazioni e legami significativi con le altre persone. La nostra sopravvivenza da neonati, la nostra protezione da bambini e la nostra sicurezza da adolescenti dipendono in larga misura dalla qualità di queste relazioni, per cui un ruolo chiave è rivestito dalla famiglia, specialmente all’inizio della vita. Con la crescita, anche gli insegnanti, i pari e le figure religiose e spirituali assumono sempre più importanza. Se queste relazioni funzionano bene (specialmente le più importanti), il bambino e l’adolescente saranno potenzialmente protetti dalle avversità; se, invece, per qualche ragione non funzionano, ci si può ritrovare più vulnerabili di fronte alle difficoltà». 

La situazione attuale ha inevitabilmente inciso su questa rete di sostegno.  Continua l’esperto: «L’emergenza pandemica ha drasticamente cambiato il sistema relazionale dei nostri bambini e adolescenti, con una forte limitazione dei contatti familiari allargati (che comprendono spesso anche i nonni) ed extra-familiari (per esempio è venuta meno la regolarità degli incontri con gli insegnanti e i compagni a scuola). Così, coloro che avevano il supporto di una rete di relazioni funzionali si sono trovati di fronte a un loro impoverimento, pur mantenendo probabilmente un adattamento efficace alla situazione. Ma bambini e adolescenti che già vivevano condizioni familiari disfunzionali, si sono sentiti ancora più vulnerabili e privi di protezione.

In sintesi, l’emergenza ha reso i nostri bambini e adolescenti meno protetti dalle ulteriori avversità, ma soprattutto ha reso ancora più vulnerabile chi già lo era in partenza. L’aumento di patologie psichiatriche e di fenomeni di aggressività di gruppo negli adolescenti ne sono la dimostrazione».

Meno esperienze che aiutano a crescere

Ma ci sono anche altri fattori da tenere presenti, la cui importanza non è immediatamente intuibile. Aggiunge Musso: «Il “senso di autoefficacia”, cioè sentirsi in grado di svolgere compiti con successo, si alimenta con l’esperienza. Le misure di contenimento legate all’emergenza hanno, purtroppo, la conseguenza di limitare molte delle attività di bambini e adolescenti, dallo sport alla musica, dall’arte ai viaggi, solo per fare alcuni esempi. Questo riduce la loro possibilità di esplorare ambienti e situazioni in cui più facilmente possano padroneggiare lo sforzo per raggiungere il successo. La mancanza prolungata di una tale ordinarietà può avere la conseguenza di diminuire la percezione delle proprie competenze e, quindi, le proprie capacità di adattamento».

C’è poi un altro ruolo della scuola, parallelo all’istruzione: «Un altro aspetto – continua l’esperto – riguarda l’autoregolazione, sia nella sua componente cognitiva che emotiva. Le capacità di attenzione e concentrazione, così come l’autocontrollo delle emozioni o del comportamento, sono connesse all’adattamento positivo, alla competenza e al successo. Normalmente la scuola svolge un ruolo decisivo nel processo di sviluppo delle capacità di autoregolazione, con gli insegnanti e anche i pari che fungono da tutor, motivatori e modello.

L’emergenza pandemica ha limitato questa funzione ordinaria della scuola, che è rimasta sostanzialmente in capo alle famiglie e ai singoli bambini e adolescenti. Così, i più vulnerabili manifestano più spesso e più intensamente problemi psicologici (distraibilità, ansia e depressione, problemi somatici e sociali) e comportamenti disadattivi (aggressività e disturbi della condotta). I bambini e adolescenti si percepiscono oggi più “indifesi” di fronte agli imprevisti della vita (per esempio, una malattia, una difficoltà sociale, una separazione familiare), cominciano ad avvertirsi meno competenti e attivi (probabilmente più apatici) e rischiano maggiori problemi di autocontrollo cognitivo, emotivo e comportamentale».

Alla ricerca di una “nuova ordinarietà”

Come essere concretamente d’aiuto a bambini e ragazzi? «Per sostenere bambini e adolescenti in questa situazione – ricorda Pasquale Musso – è importante recuperare condizioni di ordinarietà, o anche di “nuova” ordinarietà. Per esempio, creare routine stabili durante la giornata (dalla sveglia, al pranzo, all’attività fisica, ai compiti, allo svago); favorire occasioni per consentire di coltivare in sicurezza le relazioni significative di bambini e ragazzi, anche se online; spingerli a cercare attività che è possibile portare avanti nelle condizioni attuali, in modo da sperimentare nuove aree di competenza, come dipingere, dedicarsi alla fotografia, a realizzazioni digitali, a musica digitale e così via.

Si deve concedere una certa autonomia cognitiva ed emotiva agli adolescenti, per esempio garantendo loro un proprio spazio fisico, anche momentaneo, e sostenendoli nella necessità di mantenere una distanza “integrata” nella famiglia, sforzandosi di essere modelli presenti, persistenti e flessibili nel superamento delle difficoltà di vita in questo momento emergenziale».

Chiedere aiuto, quando serve

A volte, però, è necessario un aiuto esterno. Aggiunge Musso: «Succede che, anche seguendo le migliori intenzioni, qualche bambino o adolescente non riesca a esprimere al meglio le proprie funzioni adattive. Ansia eccessiva non controllabile, comportamenti aggressivi spesso inspiegabili, un eccesso di attenzione a piccoli difetti somatici, tale da indurre il rifiuto di guardarsi allo specchio o di accendere la telecamera del PC, forte apatia protratta nel tempo, ritiro sociale ed eccessiva timidezza… Sono solo alcuni esempi di situazioni che potrebbero richiedere l’aiuto di un professionista, che saprà valutare quali sono le aree di funzionamento da sostenere e provvederà a intervenire, dopo aver adeguatamente formulato ipotesi sull’evoluzione della situazione e su eventuali indicatori di rischio e opportunità per lo sviluppo futuro».

In questi casi, le figure adulte di riferimento devono essere pronte a cogliere i segnali e offrire disponibilità all’ascolto e appoggio nei percorsi di recupero, perché, per quanto difficile possa apparire una situazione, le strade per gestirla esistono sempre e sono tanto più efficaci quanto più i vari elementi della rete di sostegno si dimostrano attenti e disposti a collaborare.

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Anna Rita Longo

Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.

Articolo pubblicato il 21/04/2021 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura solidcolours / iStock

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