Cos’è e a cosa serve la psicomotricità per bambini

È una disciplina presente in differenti contesti dedicati all’infanzia, che si focalizza sull’unità mente-corpo attraverso il gioco e le esperienze corporee per supportare la crescita del bambino e per favorire uno sviluppo armonico

Ylenia Carrassi , TNPEE
bambino gioca durante sessione di psicomotricità

Negli ultimi anni i genitori hanno iniziato a sentir parlare sempre più spesso della psicomotricità e in molti casi si sono cominciati a interrogare su cosa significhi questo termine e perché venga usato con diverse accezioni e in contesti differenti. 

In questo articolo cercheremo di chiarire cos’è la psicomotricità per i bambini e di capire meglio a cosa serve, andando anche a illustrare le potenzialità di questa disciplina in età evolutiva. 

Cos’è la psicomotricità per bambini? 

Per comprendere appieno cos’è la psicomotricità, dobbiamo precisare che quando parliamo di movimento non si deve pensare solo alle abilità motorie, ma anche ad attività come il gioco e l’espressività corporea. L’azione infatti non è solo un atto motorio meccanico, ma comporta anche aspetti cognitivi, psicologici, emotivi e relazionali. 

L’intreccio di aspetti psico-motori è particolarmente evidente nei primi 10 anni di vita dei bambini, periodo in cui la crescita corporea costituisce una parte fondamentale nel processo di maturazione e la motricità risulta la modalità più immediata con cui i piccoli si esprimono e relazionano. 

Durante l’infanzia, inoltre, l’intreccio tra le singole abilità implica che lo sviluppo di una competenza venga facilitato o ostacolato dalla maturazione delle altre. Anche l’acquisizione e il consolidamento delle competenze motorie, dunque, concorre allo sviluppo armonico del bambino, sostenendo la nascita di nuove competenze. Per esempio, quando un lattante impara a portare gli oggetti alla bocca (abilità motorie), inizia anche a esplorarli e a conoscerli (abilità cognitive). 

Da questi presupposti si sviluppa la psicomotricità per bambini, ossia una disciplina che favorisce lo sviluppo del piccolo in un contesto che privilegia il piacere del gioco, dell’azione, del movimento e della relazione. L’intervento psicomotorio può essere quindi concepito come un “facilitatore” che supporta lo sviluppo del bambino, accompagnandolo nella costruzione della propria identità.

Dal momento che asseconda le modalità di funzionamento e di sviluppo della prima infanzia, la psicomotricità si rivolge principalmente ai bambini fino ai 10 anni e viene proposta in molti servizi sia in ottica preventiva sia a scopo riabilitativo. 

Come e dove si svolge? 

Il termine psicomotricità viene utilizzato per fare riferimento sia alla psicomotricità educativa sia alla terapia neuropsicomotoria. Le due differenti modalità hanno delle caratteristiche in comune che contraddistinguono entrambi gli ambiti in cui viene utilizzata. I cardini su cui si fonda la psicomotricità sono: 

  • Unicità di ciascun bambino e rispetto della sua individualità. Ogni proposta viene pensata e adattata alle sue caratteristiche specifiche. 
  • Approccio rivolto alla globalità del bambino e alla valorizzazione delle sue risorse. La mente e il corpo sono concepiti come un’unità indissolubile e l’obiettivo ultimo è quello di armonizzare lo sviluppo, consolidando le aree di maggior abilità e supportando le competenze deficitarie.
  • Centralità del corpo, del movimento e del gioco. A seconda dell’approccio, del contesto e degli obiettivi, vengono utilizzati in maniera prevalente il gioco spontaneo o attività strutturate e guidate dallo specialista. 
  • Scelta del materiale utilizzato. Nello spazio di psicomotricità troviamo una varietà di materiali pensati per favorire il movimento e le esperienze corporee (cerchi, palle, bastoni, coni, teli), per stimolare la creatività e le abilità fino-manuali (pongo, carte, forbici, matite, occorrente per i travasi, per infilare e per costruire), per sostenere l’espressione di sé (travestimenti, oggetti per giocare “a fare finta”), per sollecitare in modo specifico gli aspetti cognitivi e neuropsicologici.
  • Setting definito da specifiche caratteristiche. Sono presenti rituali, regole, spazi e tempi chiari e definiti che strutturano e delimitano un ambiente in cui il bambino può “mettersi in gioco”, esprimendo così le proprie potenzialità. 
  • Centralità della relazione. Essa costituisce lo sfondo che permette al piccolo o alla piccola di attivare le proprie risorse, diventando la cornice in cui l’adulto si pone in osservazione del bambino. 

Ora che abbiamo chiarito i punti di contatto tra la psicomotricità educativa e quella riabilitativa, è bene precisare le differenze che sussistono tra queste due modalità. 

Psicomotricità educativa o preventiva

Questa modalità viene offerta nei contesti educativi, scolastici e ricreativi e si inserisce tra le proposte che favoriscono uno sviluppo sano e armonico del bambino.

Si svolge all’interno di gruppi guidati da psicomotricisti adeguatamente formati e riconosciuti o da terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva.

Se ci affacciamo in una stanza in cui si sta svolgendo psicomotricità potremmo ritrovarci ad assistere al momento iniziale, in cui i bambini si preparano all’incontro mettendo le calze antiscivolo e parlano delle regole indispensabili per stare insieme nel rispetto reciproco o dei giochi svolti insieme. Oppure potremmo capitare quando sono in corso momenti di gioco senso-motorio, in cui i piccoli sperimentano il movimento e le sensazioni corporee, o ancora allo svolgimento di attività di gioco simbolico-narrativo, in cui mettono in scena parti di sé nascoste e giocano con le emozioni e i propri vissuti.

Tutti i bambini possono trarre beneficio dalla psicomotricità educativa, pratica che promuove le potenzialità individuali, permette di armonizzare lo sviluppo in presenza di lievi difficoltà o di intercettare precocemente disagi e fattori di rischio che potrebbero ostacolare il normale processo di crescita. L’ambiente psicomotorio si configura infatti come uno spazio in cui, grazie anche alla presenza dello psicomotricista, il bambino può scoprire e superare i propri limiti. Tutto ciò può risultare utile ai bimbi che mostrano un temperamento particolarmente “timido” o i cui comportamenti possono risultare inibiti in determinate situazioni, perché offre loro la possibilità di affacciarsi con i propri tempi e le proprie modalità a giochi nuovi, permettendo di scoprire ed esplorare in maniera differente le proprie potenzialità.

Durante l’incontro può succedere, per esempio, che un bambino che si è sempre rifiutato di saltare da un piano rialzato si avvicini gradualmente a questa esperienza e sperimenti con i propri tempi la sensazione di lasciarsi andare, saltare nel vuoto, essere sospeso e ritrovare la stabilità atterrando al suolo. In questo modo, il piccolo ha appreso una nuova abilità e ha aumentato la fiducia in sé stesso. La sensazione di “lanciarsi nel vuoto” inoltre può essere trasferita anche nella vita quotidiana, attraverso la ricerca e la sperimentazione di nuove esperienze che prima suscitavano in lui timore.

I bambini che mostrano temperamento o comportamenti particolarmente “impulsivi” o  agitati, invece, in questo ambiente hanno la possibilità di riconoscere e sperimentare l’esistenza dell’altro e di trovare forme di comunicazione e relazione più adeguate. Nel corso degli incontri si allena anche la capacità di saper attendere il proprio turno e rispettare lo spazio altrui per poter giocare insieme.

La terapia neuropsicomotoria o neuropsicomotricità

La neuropsicomotricità viene svolta in strutture ospedaliere, in centri sanitari o in studi privati. È rivolta a bambini con disturbi o patologie diagnosticate, ma anche a tutti bambini che presentano una fragilità che interferisce con la crescita o che faticano nel processo di sviluppo o maturazione di una o più abilità.

L’intervento riabilitativo ha lo scopo di accompagnare e supportare il bambino nella sua evoluzione, attivando le sue risorse e abilità specifiche e favorendo l’emergere di nuove competenze. È un percorso personalizzato e specifico per ognuno, all’inizio del quale viene redatto un progetto condiviso con la famiglia e con eventuali altri specialisti. 

La seduta di terapia psicomotoria si svolge individualmente o in un piccolo gruppo, in un percorso caratterizzato solitamente da incontri a cadenza prefissata fino al raggiungimento degli obiettivi. La riabilitazione neuropsicomotoria necessita di competenze specifiche e lo specialista che si occupa di questo intervento è il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE). 

Psicomotricità: a cosa serve e quando il bambino ne ha bisogno? 

Per capire meglio a cosa serve la psicomotricità, possiamo pensare al corpo e alle azioni come a una “porta d’ingresso” sul bambino: i gesti che esegue, i giochi che fa, i movimenti che compie, rivelano le sue caratteristiche individuali (abilità motorie, cognitive e affettive).

Lo specialista in psicomotricità è in grado di cogliere attraverso un’attenta e competente osservazione quali sono le competenze e le abilità del bambino per poi sostenerne la maturazione attraverso adeguate proposte. Le attività svolte in psicomotricità partono dalle esperienze corporee e di gioco per approcciare poi a tutti gli aspetti che concorrono alla crescita del bambino. 

Quando un bambino ha bisogno della psicomotricità?

La psicomotricità di tipo educativo costituisce un’opportunità in più per il bambino di consolidare le proprie abilità e sperimentare sé stesso. Può risultare utile nel caso di bambini che manifestano piccoli disagi nei contesti di vita, oppure che, per svariati motivi, non hanno la possibilità di vivere esperienze quotidiane ricche e stimolanti.

In assenza di fragilità specifiche, a fare la differenza rispetto all’opportunità di una crescita armonica e globale è l’ambiente. È importante dunque dare al bambino la possibilità di sperimentare e sperimentarsi in primis nelle situazioni di vita quotidiana (nelle autonomie, nel movimento, nelle relazioni, nelle attività nella natura).

Troppe volte durante l’infanzia i bisogni connessi al corpo e all’azione vengono trascurati o messi in secondo piano, rischiando così di non dare la possibilità al piccolo di vivere le esperienze necessarie per un sano sviluppo. Si pensi, per esempio, all’esposizione prolungata o eccessiva dei bambini a schermi e strumenti digitali, attività che, oltre a sovraccaricarli di stimoli, li priva delle esperienze corporee che edificano il pensiero, permettono un arricchimento cognitivo e sostengono i processi psicologici.

Se invece con il termine psicomotricità si intende una terapia neuropsicomotoria, quest’ultima va intrapresa nel caso in cui i bambini presentino patologie o disturbi del neurosviluppo (ritardi di linguaggio, autismo, adhd, deficit cognitivi, disprassia, difficoltà della coordinazione motoria), oppure in situazioni clinicamente non rilevanti in cui sono presenti difficoltà o fragilità che ostacolano la crescita e rischiano di evolvere in quadri patologici.

Nel primo caso, la terapia è utile in quanto favorisce:

  • l’emergere delle abilità comunicativo-linguistiche e socio-relazionali (contatto di sguardo, indicazione, attenzione condivisa, rispetto dei turni, attesa, accesso all’uso delle parole e ampliamento del vocabolario);
  • sostiene le competenze emotive e comportamentali (tolleranza alla frustrazione, riconoscimento e gestione delle emozioni);
  • potenzia le abilità cognitive e neuropsicologiche (memoria, attenzione, ricerca di soluzioni, orientamento spaziale e temporale, abilità narrative e di rappresentazione);
  • migliora le capacità motorie (motricità globale, coordinazione, motricità fine e coordinazione occhio-mano).

Nel caso della terapia neuropsicomotoria, l’intervento ha l’obiettivo di intervenire su difficoltà o deficit per evitare che questi interferiscano con la maturazione delle altre abilità, generando una disarmonia nello sviluppo.
Può essere utile a bambini con difficoltà nel movimento, nella coordinazione o nelle attività manuali, o che faticano a staccarsi dall’adulto per giocare o esplorare gli oggetti, oppure per i piccoli che non riescono a gestire la frustrazione o la rabbia.

Quando il bambino non ha bisogno della psicomotricità?

Come abbiamo visto, la psicomotricità educativa può essere un’opportunità ulteriore rispetto alle esperienze vissute nella quotidianità, ma potrebbe non essere la soluzione più indicata nel caso di bambini che hanno necessità di un percorso di tipo riabilitativo.

Per quanto riguarda invece la terapia neuropsicomotoria, il bambino può non averne bisogno nelle situazioni in cui sono presenti difficoltà per cui è più indicato un altro tipo di trattamento (logopedia, supporto psicologico, intervento educativo, fisioterapia).
Si tratta comunque di circostanze specifiche in cui solitamente sono già presenti dei professionisti con cui è opportuno confrontarsi per una corretta valutazione. 

Giochi ed esercizi di psicomotricità: quali sono? 

Gli esercizi di psicomotricità proposti ai bambini vengono pensati dallo specialista sulla base dell’età, del profilo di sviluppo, delle caratteristiche personali e delle difficoltà specifiche del bambino o del gruppo. Spesso si tratta di attività comuni o di esperienze che il bambino vive anche nella quotidianità, ma a fare la differenza è la progettualità alla base di ogni proposta. 

Una stessa attività può essere proposta con obiettivi e significati diversi, adattata o modificata in base allo scopo che lo specialista vuole raggiungere. Per esempio cerchi di diverso colore possono essere usati, in base all’età e alle competenze, per denominare i colori, fare i salti, giocare alle macchinine (trasformandoli in volanti), memorizzare e riprodurre delle sequenze, giocare con la coordinazione e molto altro.
Allo stesso modo, giocare a infilare delle perline può essere un’attività proposta per stimolare la motricità fine e la coordinazione occhio-mano, ma anche per creare collane da indossare o per copiare sequenze di colori. 

La “semplicità” dei materiali e dei giochi svolti in psicomotricità consente ai bambini di approcciarsi alle attività con interesse, di fare esperienze in continuità con quelle vissute quotidianamente e di acquisire nuove competenze. Proprio per queste caratteristiche le attività svolte in psicomotricità possono essere facilmente riproposte anche a casa o in altri ambienti, sebbene con valenza e obiettivi differenti. 

Bibliografia
  • Aucouturier B., Darrault I., Empinet J.L, La pratica Psicomotoria, Roma, Armando Editore, 1986.
  • Ambrosini C., Pellegatta S., Il gioco nello sviluppo e nella terapia psicomotoria, Gardolo (TN), Erickson, 2012.
  • Berti E., Comunello F., Corpo e mente in psicomotricità. Pensare l’azione in educazione e terapia, Gardolo (TN), Erickson, 2011
Articolo pubblicato il 08/02/2022 e aggiornato il 29/05/2023
Immagine in apertura FatCamera / iStock

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