Ovaio policistico (PCOS): cos’è, sintomi, cause e trattamenti

È una delle patologie più comuni dell’età riproduttiva e rappresenta la causa più frequente di infertilità. Si stima infatti che interessi tra il 5% e il 10% della popolazione femminile

Immagine per l'autore: Ilaria Lemmi
Ilaria Lemmi , ostetrica
Donna con sospetta Sindrome dell'ovaio policistico

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è una delle condizioni endocrine più comuni tra le donne in età fertile. Si stima che interessi tra il 5% e il 10% della popolazione femminile. È una sindrome complessa che coinvolge diversi sistemi dell’organismo, caratterizzata da squilibri ormonali, alterazioni del ciclo mestruale, problemi di ovulazione e manifestazioni cutanee o metaboliche.

Nonostante il nome, la PCOS non si limita alla presenza di piccole cisti nelle ovaie: queste rappresentano solo uno dei possibili segni ecografici. La condizione, infatti, è principalmente una disfunzione ormonale e metabolica che può influire sulla fertilità, sulla salute cardiometabolica e sul benessere generale. Vediamo in che modo.

Cos’è la sindrome dell’ovaio policistico

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è definita come un disordine endocrino femminile che comporta iperandrogenismo (cioè un eccesso di ormoni maschili), irregolarità del ciclo mestruale e aspetto policistico (tante piccole cisti) delle ovaie all’ecografia.

È importante distinguere tra due concetti che vengono spesso confusi:

  • Ovaio policistico (PCO). Indica una condizione morfologica, visibile tramite ecografia, in cui le ovaie presentano numerosi piccoli follicoli periferici, ma non necessariamente associata a sintomi o squilibri ormonali.
  • Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). È una condizione clinica e metabolica che include, oltre all’aspetto policistico dell’ovaio, conseguenze di alterazioni ormonali come irsutismo (eccessiva presenza di peli), acne, o irregolarità mestruali.

Per quanto riguarda la diffusione e l’epidemiologia, come detto la PCOS è una delle patologie più comuni dell’età riproduttiva e rappresenta la causa più frequente di infertilità.
La sua prevalenza varia in base ai criteri diagnostici utilizzati: secondo i criteri di Rotterdam (2003), la prevalenza stimata è tra il 6 e il 15%.
La sindrome può manifestarsi con intensità diversa: alcune donne presentano sintomi evidenti fin dall’adolescenza, mentre altre scoprono la condizione solo in età adulta, spesso durante la ricerca di una gravidanza.

Le cause esatte della PCOS non sono ancora del tutto note, ma esiste una forte componente genetica e di familiarità: avere una madre o una sorella con PCOS aumenta la probabilità di svilupparla.
Altri fattori di rischio includono:

  • Sovrappeso o obesità, che favoriscono la resistenza all’insulina e aggravano i sintomi.
  • Sedentarietà e dieta ricca di zuccheri semplici.
  • Alterazioni del metabolismo glucidico, come la ridotta tolleranza al glucosio.

Questi elementi possono contribuire a uno squilibrio ormonale che altera la normale funzione ovarica.

Cause dell’ovaio policistico

Le cause dell’ovaio policistico sono multifattoriali: la PCOS non deriva da un’unica anomalia, ma da una combinazione di fattori genetici, ormonali e metabolici.

Alla base della PCOS vi è un aumento relativo dell’ormone luteinizzante (LH) rispetto all’ormone follicolo-stimolante (FSH). Questo squilibrio ormonale provoca una stimolazione eccessiva di “tecali” (cellule ovariche specifiche), con conseguente aumento della produzione di androgeni (come il testosterone).

Questi ormoni in eccesso interferiscono con la maturazione dei follicoli ovarici, impedendo spesso l’ovulazione regolare e portando alla formazione di numerose piccole cisti.

Un elemento chiave nella PCOS è la resistenza all’insulina e la conseguente disfunzione del metabolismo del glucosio, presente in circa il 50–70% delle pazienti.
L’insulina è un ormone fondamentale per regolare i livelli di zucchero nel sangue, ma quando i tessuti diventano meno sensibili alla sua azione, il pancreas risponde producendo più insulina del necessario.
L’iperinsulinemia stimola ulteriormente la produzione di androgeni da parte delle ovaie, aggravando i sintomi ormonali e metabolici della sindrome.

Per questo motivo, la PCOS è spesso associata a:

  • Sovrappeso o obesità addominale.
  • Difficoltà a perdere peso.
  • Aumento del rischio di diabete di tipo 2.

Diversi studi indicano, inoltre, una predisposizione genetica: alcuni geni coinvolti nella produzione di androgeni e nel metabolismo dell’insulina risultano più attivi nelle donne con PCOS. Tuttavia, fattori ambientali come lo stile di vita, l’alimentazione e lo stress possono influenzare l’espressione di questi geni e la gravità dei sintomi.

Sintomi della sindrome dell’ovaio policistico

I sintomi della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) derivano principalmente da tre meccanismi chiave:

  1. Iperandrogenismo (eccessiva produzione di ormoni maschili).
  2. Disturbi dell’ovulazione.
  3. Alterazioni metaboliche legate alla resistenza insulinica.

Ma analizziamo di seguito nel dettaglio tutti i possibili segnali.

Cicli mestruali irregolari

Uno dei segni più comuni è l’irregolarità mestruale. Le donne con PCOS possono avere:

  • Amenorrea (assenza di mestruazioni per più di 3 mesi).
  • Oligomenorrea (cicli molto lunghi, oltre 35-40 giorni).
  • Anovulazione, cioè mancanza di ovulazione, che comporta difficoltà a concepire.

Questi disturbi dipendono da un’alterata produzione ormonale di LH e FSH, che impedisce la maturazione regolare dei follicoli ovarici.

Segni di iperandrogenismo 

L’eccesso di androgeni (come testosterone e androstenedione) è responsabile di molti sintomi visibili della PCOS:

  • Irsutismo, ovvero crescita eccessiva di peli terminali sul viso, sul torace, sull’addome o sulla schiena, in aree tipicamente maschili.
  • Acne persistente o recidivante, spesso resistente ai trattamenti tradizionali.
  • Alopecia androgenetica, ovvero diradamento dei capelli sul cuoio capelluto.

Questi sintomi possono avere un impatto significativo anche sul benessere psicologico e sull’autostima delle donne che ne soffrono.

Aumento di peso e difficoltà a dimagrire

Molte donne con PCOS tendono a prendere peso facilmente, in particolare nella regione addominale. L’eccesso di tessuto adiposo amplifica la resistenza all’insulina, che a sua volta stimola una maggiore produzione di androgeni, creando un circolo vizioso.
La riduzione del peso corporeo, anche solo del 5–10%, può migliorare notevolmente la regolarità mestruale e l’ovulazione.

Altri sintomi e manifestazioni associate

Oltre ai segni principali, la PCOS può accompagnarsi ad altri disturbi meno specifici ma frequenti:

  • Acanthosis nigricans, ovvero ispessimento e iperpigmentazione della pelle, soprattutto nelle pieghe (collo, ascelle, inguine), spesso legato all’insulino-resistenza.
  • Seborrea, condizione caratterizzata da un’eccessiva produzione di sebo, una sostanza oleosa che rende la pelle lucida e grassa, soprattutto sul cuoio capelluto e sul viso.
  • Disturbi dell’umore (ansia, depressione, bassa autostima), più comuni nelle donne con sintomi fisici marcati.
  • Affaticamento cronico, disturbi del sonno e mal di testa, che possono derivare sia dallo squilibrio ormonale che dal sovrappeso.

Va ricordato che la PCOS non si manifesta sempre con tutti questi sintomi: alcune donne presentano un quadro lieve, altre più complesso, e la gravità può variare nel tempo.

Diagnosi della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS)

La diagnosi della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) può essere complessa, perché non esiste un singolo test che la confermi in modo definitivo.
È una diagnosi clinica e di esclusione, che si basa sulla combinazione di sintomi, esami del sangue e valutazione ecografica.
Inoltre, molte delle sue manifestazioni (come acne, irsutismo o irregolarità mestruali) possono comparire anche in altre condizioni endocrine, quindi è fondamentale escludere altre patologie simili.

La diagnosi può essere posta se sono presenti almeno due dei seguenti tre criteri (criteri di Rotterdam):

  1. Oligomenorrea o anovulazione (cicli irregolari o assenza di ovulazione).
  2. Segni clinici e/o biochimici di iperandrogenismo (irsutismo, acne, alopecia o livelli elevati di androgeni nel sangue).
  3. Aspetto policistico delle ovaie all’ecografia.

Al tempo stesso, devono essere escluse altre cause di iperandrogenismo o disfunzione ovarica (come ipotiroidismo, iperprolattinemia o tumori surrenalici).

È importante sapere che non tutte le donne con PCOS presentano ovaie policistiche all’ecografia, e viceversa: avere ovaie con aspetto policistico non significa necessariamente avere la sindrome.

Gli esami del sangue sono fondamentali per valutare l’equilibrio ormonale e metabolico. Tra i parametri più utili troviamo:

  • LH e FSH (cioè gli ormoni che una donna produce da una ghiandola del cervello per stimolare l’ovaio a produrre ormoni femminili): nella PCOS, il rapporto LH/FSH tende a essere aumentato (>2:1), anche se non sempre.
  • Testosterone totale e libero, androstenedione, DHEA-S: per confermare l’iperandrogenismo biochimico.
  • Prolattina e ormoni tiroidei (TSH, FT4): per escludere altre cause di cicli irregolari.
  • Insulina, glicemia e HOMA index: per valutare la resistenza all’insulina.
  • Profilo lipidico (colesterolo, trigliceridi): utile per stimare il rischio cardiovascolare.

Il dosaggio ormonale viene solitamente eseguito nei primi giorni del ciclo (tra il 2° e il 5° giorno), oppure in qualunque momento in caso di amenorrea prolungata.

L’ecografia transvaginale è uno strumento diagnostico chiave per osservare la morfologia delle ovaie.
Nel caso di PCOS, si possono riscontrare:

  • Ovaie aumentate di volume.
  • Numerosi piccoli follicoli.
  • Disposizione periferica dei follicoli, spesso descritta come “a corona di perle”.

Questi criteri ecografici sono validi per le donne adulte. Nelle adolescenti, invece, l’aspetto policistico può essere fisiologico, e quindi non deve essere utilizzato come unico elemento diagnostico.

Poiché molti sintomi della PCOS (come acne, irsutismo o amenorrea) si riscontrano anche in altre patologie endocrine, è essenziale escludere condizioni che possono dare sintomi simili, come:

  • Iperplasia surrenalica congenita non classica.
  • Sindrome di Cushing.
  • Ipotiroidismo o iperprolattinemia.
  • Tumori secernenti androgeni (molto rari, ma da considerare in caso di sintomi rapidi o marcati).

Solo dopo aver fatto accurata diagnosi differenziale con altre malattie è possibile confermare la PCOS.

La diagnosi di PCOS in adolescenza è particolarmente delicata. Durante i primi anni dopo il menarca (la prima mestruazione), infatti, i cicli mestruali irregolari e l’acne possono essere normali, legati alla maturazione del sistema ormonale.
Per questo motivo, le linee guida più recenti raccomandano di non diagnosticare la PCOS prima di 8 anni dalla prima mestruazione, a meno che non siano presenti segni chiari e persistenti di iperandrogenismo e disfunzione ovulatoria.

L’ecografia, inoltre, non è indicata come criterio diagnostico nelle adolescenti, proprio perché le ovaie possono presentare un aspetto policistico fisiologico in questa fase di sviluppo.

Ovaio policistico e gravidanza

Come detto, la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) rappresenta una delle principali cause di infertilità femminile. Tuttavia, è importante sottolineare che la maggior parte delle donne con PCOS può concepire, anche spontaneamente, con un’adeguata gestione dello stile di vita o con l’aiuto di trattamenti mirati.

La condizione può influire sia sulla capacità di concepimento, sia sull’andamento della gravidanza e sulla salute metabolica a lungo termine.

L’infertilità nella PCOS è principalmente legata all’anovulazione cronica: le ovaie producono follicoli, ma non sempre avviene il rilascio dell’ovocita.
Questo provoca cicli irregolari e riduce la probabilità di concepimento naturale.

In molte donne, però, la fertilità può essere recuperata attraverso:

  • modifiche dello stile di vita (alimentazione, esercizio fisico e controllo del peso);
  • induzione farmacologica dell’ovulazione;
  • nei casi più complessi, tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA).

Una perdita di peso anche modesta (5-10%) può migliorare la funzione ovarica, aumentare la frequenza dell’ovulazione e le probabilità di gravidanza spontanea.

In gravidanza le donne con PCOS possono presentare un rischio maggiore di alcune complicanze ostetriche, tra cui:

  • Aborto spontaneo precoce, più frequente soprattutto in presenza di iperinsulinemia o sovrappeso.
  • Diabete gestazionale, dovuto alla già presente resistenza all’insulina.
  • Preeclampsia, ovvero l’aumento della pressione arteriosa con proteinuria (insufficienza renale) durante la gravidanza.
  • Parto pretermine e basso peso alla nascita.

Bisogna comunque sottolineare che queste complicanze possono essere individuate con gli esami raccomandati dalle linee guida per le gravidanza fisiologica e che è possibile ridurne i rischi adottando uno stile di vita sano.

La PCOS non è solo un problema riproduttivo: si tratta di una condizione metabolica sistemica.
A lungo termine, può predisporre a:

  • Insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2.
  • Dislipidemia (colesterolo e trigliceridi elevati).
  • Sindrome metabolica.
  • Aumento del rischio cardiovascolare.

Inoltre, l’assenza prolungata di ovulazione comporta bassi livelli di progesterone (di cui parliamo in questo articolo).

La PCOS è una condizione che accompagna la donna per tutta la vita riproduttiva e i suoi effetti possono estendersi anche dopo la menopausa.
Oltre ai rischi metabolici già citati, recenti studi hanno evidenziato una maggiore predisposizione a:

  • Steatoepatite non alcolica (NAFLD), patologia che porta ad un accumulo di grasso nel fegato con infiammazione e danno delle cellule.
  • Apnee notturne ostruttive.
  • Disturbi dell’umore e dell’alimentazione

Per questo motivo, la gestione della PCOS non si limita alla fertilità, ma richiede un approccio globale e multidisciplinare nel lungo periodo, che coinvolga ginecologo, endocrinologo, nutrizionista e, se necessario, psicologo. La PCOS, infatti, non è solo una condizione fisica ma anche emotiva e relazionale: i cambiamenti del corpo, le difficoltà nel concepimento o la presenza di acne e irsutismo possono influire profondamente sull’autostima e sulla qualità della vita.

Un approccio integrato consente di affrontare la sindrome a 360 gradi, intervenendo sia sugli aspetti ormonali che sul benessere generale.

Cura dell’ovaio policistico

La cura della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) non è uguale per tutte: si tratta di un disturbo complesso che richiede un approccio personalizzato, in base ai sintomi predominanti e agli obiettivi della donna (ad esempio, migliorare la regolarità del ciclo, ridurre i sintomi cutanei o favorire la fertilità).

L’obiettivo principale del trattamento è ristabilire l’equilibrio ormonale, regolare l’ovulazione, migliorare il profilo metabolico e prevenire le complicanze a lungo termine.

Prima di ogni terapia farmacologica, le linee guida internazionali raccomandano di intervenire sullo stile di vita, che rappresenta la base della gestione della PCOS, il che significa alimentazione equilibrata, con riduzione degli zuccheri semplici e preferenza per alimenti a basso indice glicemico, attività fisica regolare, che migliora la sensibilità all’insulina e aiuta a ridurre i livelli di androgeni, e controllo del peso corporeo.

Queste modifiche comportamentali migliorano non solo i parametri ormonali e metabolici, ma anche l’umore e la qualità della vita.

La pillola anticoncezionale estroprogestinica è spesso la prima scelta terapeutica per le donne con PCOS che non desiderano una gravidanza. La pillola agisce su più fronti, in particolare regolarizza il ciclo mestruale e riduce il rischio di iperplasia endometriale, diminuisce la produzione ovarica di androgeni e migliora i sintomi cutanei, come acne e irsutismo.

In caso di irsutismo (crescita di peli su viso, petto, addome e/o schiena) o acne marcata, possono essere prescritti farmaci antiandrogeni che contrastano l’azione del testosterone a livello dei follicoli piliferi e delle ghiandole sebacee.

Questi farmaci non vanno assunti in gravidanza e devono sempre essere associati a una contraccezione efficace, poiché possono causare effetti teratogeni sul feto maschile.
I risultati estetici sono graduali e diventano visibili dopo 3–6 mesi di trattamento.

La metformina, un farmaco usato per il diabete di tipo 2, è molto impiegata anche nella PCOS, specialmente nelle donne con resistenza all’insulina o sovrappeso.
Agisce migliorando la sensibilità dei tessuti all’insulina, riducendo così i livelli di insulina circolante e di androgeni.

I benefici principali sono:

  • Miglioramento della regolarità mestruale e dell’ovulazione.
  • Riduzione del rischio di diabete di tipo 2 e sindrome metabolica.
  • Supporto alla perdita di peso.

In alcune donne, la metformina può essere combinata con trattamenti per l’induzione dell’ovulazione, aumentando le probabilità di concepimento.

Integratori per l’ovaio policistico

Negli ultimi anni, diversi integratori alimentari sono stati studiati come supporto alla terapia della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).
Pur non sostituendo i trattamenti farmacologici o lo stile di vita sano, alcuni integratori possono migliorare la funzionalità ovarica, regolare l’insulina e ridurre i sintomi ormonali.

L’utilizzo deve comunque avvenire su consiglio medico, per evitare interazioni o sovradosaggi.

L’inositolo è tra gli integratori più utilizzati e studiati nella PCOS. Si tratta di una vitamina del gruppo B-like, coinvolta nei processi di segnalazione dell’insulina e nella funzione ovarica.

Ne esistono due forme principali: Myo-inositolo (MI) e D-chiro-inositolo (DCI). Entrambi favoriscono una migliore risposta all’insulina e una regolazione dell’ovulazione.
L’associazione MI/DCI nel rapporto fisiologico di 40:1 è considerata la più efficace, in quanto riproduce il bilancio naturale presente nelle ovaie.

Numerosi studi clinici hanno mostrato che l’inositolo può:

  • migliorare la sensibilità all’insulina;
  • favorire cicli mestruali regolari;
  • ridurre i livelli di androgeni e migliorare acne e irsutismo;
  • migliorare la qualità ovocitaria nelle donne che desiderano una gravidanza.

È ben tollerato e può essere assunto anche in combinazione con la metformina, in accordo con il medico curante.

L’inositolo (in particolare il myo-inositolo) può aiutare a ridurre il rischio di diabete gestazionale e migliorare il controllo glicemico nelle donne con PCOS , anche in gravidanza. Evidenze scientifiche dimostrano che l’inositolo, migliorando la resistenza insulinica e ripristinando l’equilibrio metabolico e ormonale, porta benefici sia per la madre che per il neonato, come un peso alla nascita inferiore e minor rischio di ipoglicemia neonatale.

L’acido folico (vitamina B9) è spesso consigliato insieme all’inositolo, soprattutto nelle donne che stanno cercando una gravidanza.
Oltre al noto ruolo nella prevenzione dei difetti del tubo neurale nel feto, ha anche una funzione metabolica: partecipa alla sintesi del DNA e al metabolismo dell’omocisteina, sostanza che, se elevata, può aumentare il rischio cardiovascolare.

L’assunzione quotidiana raccomandata è di 400 µg al giorno, salvo diversa indicazione medica.

Oltre all’inositolo e all’acido folico, sono in studio altri composti naturali con possibili benefici nella PCOS:

  • Vitamina D. Molte donne con PCOS presentano carenza di vitamina D; la sua integrazione può migliorare la sensibilità insulinica e la funzione ovarica.
  • Omega-3. Gli acidi grassi polinsaturi aiutano a ridurre l’infiammazione sistemica e i livelli di trigliceridi.
  • Cromo picolinato. Può contribuire a migliorare l’azione dell’insulina, anche se le evidenze scientifiche sono ancora limitate.
  • N-acetilcisteina (NAC). Antiossidante che sembra migliorare la risposta insulinica e la qualità ovocitaria, con effetti simili a quelli della metformina.

Va comunque ricordato che gli integratori non sono terapie sostitutive, ma coadiuvanti: devono essere scelti e dosati da uno specialista in base alle esigenze individuali.

L’integrazione, se ben impostata, può rappresentare un valido supporto alla terapia tradizionale, soprattutto per:

  • le donne con intolleranza alla metformina;
  • chi desidera un approccio più naturale o complementare;
  • le pazienti che stanno pianificando una gravidanza e vogliono ottimizzare la salute metabolica e ovarica.

La chiave resta sempre la personalizzazione del trattamento, integrando alimentazione, attività fisica e monitoraggio medico regolare.

Dieta per l’ovaio policistico

L’alimentazione ha un ruolo centrale nella gestione della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).
Una dieta equilibrata non solo aiuta a controllare il peso corporeo, ma può anche migliorare la sensibilità all’insulina, regolare il ciclo mestruale e ridurre i livelli di androgeni.

Numerosi studi dimostrano che modifiche alimentari mirate possono ridurre i sintomi e migliorare la qualità della vita, al pari, o addirittura di più, di alcuni trattamenti farmacologici.

Gli obiettivi nutrizionali principali sono:

  1. Migliorare la sensibilità all’insulina, riducendo i picchi glicemici.
  2. Favorire la perdita e il controllo del peso o il mantenimento di un peso sano.
  3. Ridurre l’infiammazione e lo stress ossidativo.
  4. Ottimizzare l’equilibrio ormonale e la funzione ovarica.

Uno dei modelli più efficaci per la PCOS è la dieta a basso indice glicemico, che prevede il consumo di alimenti che rilasciano lentamente il glucosio nel sangue.
Questo approccio aiuta a stabilizzare i livelli di insulina e a ridurre l’accumulo di grasso viscerale.

Esempi di alimenti consigliati:

  • Cereali integrali (avena, farro, orzo, riso integrale, quinoa).
  • Verdura e frutta fresca (preferendo mele, pere, frutti rossi).
  • Legumi (lenticchie, ceci, fagioli).
  • Proteine magre (pesce, carni bianche, uova).
  • Grassi “buoni” (olio extravergine d’oliva, frutta secca, semi, avocado).

È consigliabile limitare gli zuccheri raffinati e i dolci industriali, così come le bevande zuccherate e le farine e i prodotti da forno ultra-processati.

La dieta mediterranea è considerata uno dei modelli alimentari più benefici per la PCOS.
Ricca di fibre, antiossidanti, omega-3 e polifenoli, favorisce il controllo glicemico e riduce i livelli di infiammazione sistemica.

Diversi studi mostrano che le donne con PCOS che seguono questo tipo di alimentazione presentano un migliore profilo lipidico (colesterolo e trigliceridi più bassi), una minore resistenza insulinica e una riduzione dei marker infiammatori.

Anche come e quando si mangia è importante. Occorre:

  • evitare lunghi digiuni seguiti da pasti abbondanti;
  • preferire 5 piccoli pasti al giorno, con porzioni bilanciate;
  • limitare l’assunzione serale di carboidrati semplici;
  • bere molta acqua e ridurre il consumo di alcolici.

A questi principi va associata dell’attività fisica regolare: almeno 150 minuti a settimana di esercizio aerobico moderato (camminata veloce, nuoto, bicicletta) o di resistenza.
L’attività fisica migliora la sensibilità all’insulina, favorisce la perdita di peso e stimola la produzione di endorfine, migliorando l’umore.

Va ricordato che non esistono “diete miracolose” per la PCOS, e che le diete estreme o ipocaloriche possono causare carenze nutrizionali e peggiorare lo squilibrio ormonale.
Allo stesso modo, l’eliminazione totale dei carboidrati non è consigliata: questi nutrienti, se di qualità e consumati nelle giuste quantità, sono fondamentali per il metabolismo e la produzione di energia.

Diffidare inoltre delle “diete detox” o degli integratori dimagranti privi di basi scientifiche: la PCOS richiede costanza e personalizzazione, non soluzioni drastiche.

Per le donne che desiderano una gravidanza, una dieta bilanciata può favorire la ripresa dell’ovulazione e migliorare la qualità degli ovociti. Combinata con una corretta integrazione (inositolo e acido folico), può ottimizzare le probabilità di concepimento naturale o assistito.

Altri approcci terapeutici

Oltre ai trattamenti farmacologici, all’alimentazione e all’attività fisica, esistono altri interventi terapeutici e complementari che possono essere presi in considerazione, in base ai sintomi e agli obiettivi individuali. Va però specificato che questi approcci non sostituiscono le cure mediche tradizionali, ma possono potenziarne gli effetti e migliorare la qualità della vita.

Per alcune donne, i contraccettivi ormonali tradizionali possono causare effetti collaterali o essere controindicati. In questi casi, il ginecologo può valutare:

  • Progestinici ciclici (solo progestinico, senza estrogeni), ovvero sostanze (naturali o di sintesi) che imitano l’azione del progesterone, al fine di regolarizzare il ciclo ed evitare l’iperplasia endometriale (l’eccessivo ispessimento dell’endometrio).
  • Dispositivi intrauterini a rilascio di progesterone, utili per chi non tollera la pillola orale e desidera un effetto contraccettivo a lungo termine.

Queste soluzioni aiutano a controllare i cicli e a proteggere l’endometrio, anche in assenza di ovulazione regolare.

Il “drilling ovarico laparoscopico”, invece, è una procedura chirurgica mini-invasiva che consiste nel praticare piccoli fori sulla superficie dell’ovaio, con lo scopo di ridurre la produzione di androgeni e ripristinare l’ovulazione spontanea. È un trattamento di secondo livello, riservato ai casi di infertilità resistenti ai farmaci per l’induzione dell’ovulazione. Sebbene in alcune donne migliori temporaneamente la fertilità, comporta anche rischi, come la diminuzione della riserva ovarica, la formazione di aderenze e possibili complicanze chirurgiche. Per questi motivi, oggi il drilling è utilizzato solo in casi selezionati e sempre da specialisti esperti.

Alcuni estratti vegetali, utilizzabili come cure naturali, sono stati studiati per i loro potenziali benefici nella PCOS, anche se le evidenze scientifiche restano preliminari.

  • Cannella: può migliorare la sensibilità insulinica e regolarizzare i cicli mestruali.
  • Trifoglio rosso e liquirizia: contengono fitoestrogeni che possono modulare i livelli ormonali, ma devono essere usati con cautela.
  • Vitex agnus-castus (agnocasto): può aiutare nella regolazione del ciclo mestruale, soprattutto nelle forme lievi di disfunzione ovulatoria.

È fondamentale non assumere queste sostanze senza la supervisione del medico o del farmacista, poiché alcune piante possono interferire con i farmaci o avere effetti ormonali indesiderati.

La PCOS può avere un impatto significativo sul benessere psicologico: ansia, depressione, bassa autostima e disturbi dell’immagine corporea sono frequenti. Per questo, sempre può essere utile associare anche:

  • mindfulness e meditazione, utili per gestire lo stress e migliorare la consapevolezza corporea;
  • yoga, che favorisce l’equilibrio ormonale e riduce i livelli di cortisolo;
  • supporto psicologico o terapia cognitivo-comportamentale, efficace nel migliorare l’aderenza terapeutica e il rapporto con il proprio corpo.

L’approccio mente-corpo è ormai riconosciuto come parte integrante della cura olistica della PCOS.

Qualunque sia il percorso terapeutico scelto, è fondamentale eseguire controlli periodici con il ginecologo e/o endocrinologo, monitorare peso, cicli mestruali, parametri metabolici e ormonali, e rivalutare nel tempo la terapia, adattandola alle necessità (desiderio di gravidanza, età, cambiamenti di peso, nuovi sintomi).

La PCOS è una condizione cronica, ma gestibile: con un approccio globale e personalizzato, molte donne riescono a recuperare l’equilibrio ormonale, migliorare la fertilità e vivere in pieno benessere.

Immagine per l'autore: Ilaria Lemmi
Ilaria Lemmi

Ostetrica, si è occupata a lungo di cooperazione internazionale e di progetti sostegno alle salute delle donne migranti. Dal 2007 al 2009 fa parte del pool di ostetriche che danno vita al Centro nascita “Margherita” dell’Azienda Universitaria di Firenze che si occupa del travaglio e del parto fisiologici a esclusiva conduzione ostetrica. Dal 2014 lavora nell’Ospedale Santa Maria Annunziata nel reparto di Ostetricia e in sala parto.

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Articolo pubblicato il 21/11/2025 e aggiornato il 21/11/2025
Immagine in apertura Keeproll / iStock

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