Sonnambulismo nei bambini: perché avviene?

Mettersi a sedere sul letto, parlare, emettere suoni poco comprensibili o addirittura cantare mentre si dorme. Vediamo come ricorrere a un’adeguata “igiene del sonno” per intervenire sui fattori che possono favorire il sonnambulismo infantile

Immagine per l'autore: Anna Maria Bagnato
Anna Maria Bagnato , pediatra
Bambino durante un episodio di sonnambulismo

Il sonnambulismo infantile rientra tra quelle condizioni definite parasonnie (dal greco para, cioè “attorno” e dal latino somnus, cioè “sonno”), comportamenti anomali di tipo motorio e/o verbale che possono insorgere nella transizione tra i vari stadi di sonno, comprese le fasi di addormentamento e di risveglio. Fanno parte di queste condizioni anche i pavor nocturnus (terrori notturni), il sonniloquio (parlare nel sonno) e i risvegli confusionali. Tutti i disturbi elencati si manifestano tipicamente durante il sonno NREM (non REM), fase in cui sono assenti i cosiddetti Rapid Eye Movements (movimenti rapidi degli occhi) e il sonno è più profondo (all’elettroencefalogramma sono presenti “onde lente” e prevale nella prima parte della notte).

Bambini sonnambuli

Nei bambini il sonnambulismo (che, va sottolineato, è un disturbo del sonno di natura benigna) può manifestarsi dai 2 anni di età in su e continuare anche in età adulta; dal confronto tra circa 51 studi in letteratura (comprendenti circa 100.000 individui) si stima che circa il 6,9% della popolazione sperimenti almeno un episodio di sonnambulismo nel corso della vita e che in rari casi questo disturbo esordisca in età adulta (in questo caso vanno escluse patologie neurodegenerative o patologie secondarie all’utilizzo di alcuni farmaci).

In letteratura, prendendo in considerazione un periodo di 12 mesi, viene riportato un 5% di bambini sonnambuli rispetto all’1,5% di adulti che soffre di questo disturbo: tale differenza potrebbe dipendere sia dalla riduzione del sonno a onde lente durante la crescita sia da una ridotta frequenza di “casi osservati” nei soggetti adulti; in altre parole, soprattutto nel caso di individui che vivono da soli, molti episodi di sonnambulismo risultano misconosciuti rispetto ai bambini che possono attirare l’attenzione di genitori o caregiver. Complessivamente, si stima che il 15-30% dei bambini sperimenta almeno un episodio di sonnambulismo, e che nel 6% dei casi gli episodi possono essere ricorrenti; la massima incidenza si ha nei bambini intorno ai 10 anni (14% dei casi).

Cause del sonnambulismo nei bambini

Un ruolo chiave nell’insorgenza del sonnambulismo infantile è svolto dalla predisposizione genetica. Secondo uno studio pubblicato nel 2015, condotto su una popolazione composta da 1.940 bambini canadesi, la probabilità di essere sonnambuli è tre volte superiore nei bambini con un solo genitore che presenta questo disturbo e aumenta di sette volte nel caso di bambini con entrambi i genitori sonnambuli. 

Sono stati riconosciuti dei fattori che favoriscono tale predisposizione:

  • emotivi, ovvero stress, condizioni di disagio psicologico;
  • deprivazione di sonno;
  • apnee notturne, favorite dall’obesità, dall’ipertrofia delle tonsille e/o delle adenoidi;
  • infezioni e febbre, che determinano una maggiore durata del sonno profondo. 

Tali episodi si verificano per via del risveglio parziale di alcune aree del cervello (aree del movimento, aree arcaiche del cervello), mentre quelle “razionali” (le aree frontali) continuano a riposare.

Sintomi del sonnambulismo nei bambini

Il bambino sonnambulo può compiere una varietà di gesti a occhi aperti dei quali non conserva alcuna memoria: mettersi a sedere sul letto, parlare, emettere suoni poco comprensibili o addirittura cantare; in alcuni casi di sonnambulismo infantile i bambini si alzano dal proprio letto e vanno in quello dei genitori o del fratello, o possono compiere gesti tipici della quotidianità come aprire una porta, accendere la luce, accendere la  televisione, vestirsi eccetera. La durata di tali episodi può variare da uno a 30 minuti e solitamente, al termine, il bambino torna al letto.

Rimedi per il sonnambulismo nei bambini

Gli episodi di sonnambulismo infantile destano preoccupazione considerata la scarsa responsività del piccolo in quei momenti, e anche a causa delle potenziali situazioni di pericolo per la sua incolumità e quella dei familiari. Quali possono essere allora i rimedi per il sonnambulismo nei bambini?
In primo luogo si può intervenire sui fattori che favoriscono questo disturbo attraverso una adeguata “igiene del sonno”:

  • Dormire sempre lo stesso numero di ore (non più di un’ora di differenza tra il sonno durante la settimana e quello nei giorni festivi).
  • Stabilire un orario e routine e abitudini metodiche per quanto concerne il momento in cui si va a dormire (non più di mezz’ora di differenza tra un giorno e l’altro).
  • Rendere la camera da letto un luogo confortevole, quieto, fresco, dove ci sia la possibilità di portare l’ambiente al buio. Non studiare a letto, non ascoltare musica o fare altra attività.
  • Cenare almeno due ore prima di coricarsi.
  • Evitare caffeina nelle sei-otto ore antecedenti l’ora dell’addormentamento (compresi tè, cioccolata, cola e bevande contenenti questo stimolante).
  • Evitare attività impegnative e stimolanti prima di coricarsi (no ai videogiochi!).
  • Evitare tutti i dispositivi con display luminosi (TV, consolle portatili, smartphone e tablet).
  • Praticare attività fisica all’aperto durante il giorno.
  • Esporsi alla luce del giorno, soprattutto stare all’aperto il più possibile così da seguire i naturali ritmi luce-notte e veglia-sonno. 

In secondo luogo, non è raccomandato risvegliare il bambino durante l’episodio di sonnambulismo, piuttosto meglio condurlo in modo cauto e con delicatezza a letto.
Nell’ottica di prevenire gli episodi di sonnambulismo dei bambini (soprattutto se particolarmente frequenti e disturbanti) vengono intrapresi dei percorsi simili a quelli utilizzati per l’enuresi, con cicli di risvegli notturni programmati per alcune settimane, così da anticipare l’orario tipico di insorgenza dell’episodio; tale trattamento viene tuttavia riservato a casi selezionati, mentre in genere sono sufficienti delle tecniche di rilassamento. Per quanto riguarda i farmaci, sono da riservare a casi specifici e per il loro eventuale uso è sempre bene affidarsi a uno specialista.
Gli altri rimedi attuabili per il sonnambulismo nei bambini riguardano la prevenzione di eventi traumatici

  • bloccare porte esterne e finestre o dotarle di allarmi sonori (è invece sconsigliato bloccare la porta della stanza del piccolo sonnambulo, in quanto pericoloso in caso di incendi o calamità naturali);
  • impostare la temperatura dell’acqua calda affinché non possa provocare ustioni;
  • utilizzare dei cancelletti di sicurezza per limitare l’accesso alle scale;
  • tenere ben riposti e lontani dal letto oggetti potenzialmente pericolosi (in vetro, appuntiti…);
  • rimuovere da terra gli oggetti che possono causare inciampo; 
  • evitare di far dormire il sonnambulo nella branda superiore del letto a castello.

Va comunque tenuto presente che tale condizione ha solitamente un andamento benigno e tende a risolversi senza alcuna terapia. La diagnosi è abbastanza semplice (basta la storia clinica). Il bambino sonnambulo va sottoposto all’attenzione di un neuropsichiatra infantile specialista in disturbi del sonno nei seguenti casi:

  • ricorrenza degli episodi superiore a due volte a settimana;
  • ricorrenza di più episodi nella stessa notte;
  • comportamenti pericolosi e stato di agitazione; 
  • coesistenza di altri disturbi come l’enuresi o sintomi riferibili ad ansia. 

Nel sospetto di disturbi di natura epilettica può risultare indicato l’utilizzo della video-polisonnografia, esame strumentale che consente la registrazione dell’attività elettrica delle cellule cerebrali. Nel caso fosse necessario valutare la ricorrenza degli episodi (data la loro possibile sporadicità e imprevedibilità) si può utilizzare l’actigrafia, un sensore di movimento tridimensionale che viene posizionato sul polso (proprio come uno smartwatch) e una volta indossato rileva i movimenti effettuati. Raccomandiamo comunque di consultare il proprio pediatra prima di adottare qualunque provvedimento e per indagare eventuali situazioni di disagio psichico del bambino.

Immagine per l'autore: Anna Maria Bagnato
Anna Maria Bagnato

calabrese di nascita, ha studiato a Messina, dove si laurea in Medicina e si specializza in Pediatria, approfondendo in particolare i campi della Neonatologia e delle emergenze pediatriche. Il percorso di specializzazione la porta anche a frequentare la Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale “Buzzi” di Milano e il Pronto Soccorso Pediatrico dell’IRCSS “Burlo Garofolo” di Trieste. Dal 2019 scrive per Uppa.

Articolo pubblicato il 20/07/2021 e aggiornato il 12/12/2022
Immagine in apertura LeManna / iStock

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