Streptococco in gravidanza, quando è pericoloso?

Si tratta di batteri comunemente presenti negli esseri umani adulti e che in genere non causano alcun tipo di problema. Se però l’infezione viene trasmessa dalla donna durante il parto, le conseguenze per il bambino possono essere molto gravi

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Margherita Borgatti , ostetrica e docente
donna effettua controllo medico per streptococco in gravidanza

Lo Streptococcus (dal latino, “facilmente piegato”) è un microrganismo unicellulare. Quello di gruppo B è uno dei molti batteri presenti all’interno del nostro corpo, risiede a livello gastrointestinale o genitale e, normalmente, non causa alcun tipo di problema. L’infezione da streptococco in gravidanza, però, può essere trasmessa al bambino con gravi conseguenze. Ecco perché al termine della gestazione è raccomandato l’esame colturale su tampone vagino-rettale, così da poter eseguire eventualmente la terapia antibiotica adeguata e ridurre i rischi di infezione nel neonato. 

Streptococco in gravidanza: sintomi e come si contrae

Come si prende lo streptococco in gravidanza? La trasmissione avviene tramite il contatto intimo (rapporti sessuali) con il portatore del microrganismo. Tuttavia, poiché lo streptococco si trova comunemente nella microflora genitale dell’adulto, in molti casi sarà già presente nella donna, in modo transitorio o intermittente. Le donne che hanno contatti frequenti e persistenti con portatori, possono infatti presentare nel tempo fluttuazioni della densità di colonizzazione. Nonostante ciò l’infezione da streptococco in gravidanza generalmente non produce sintomi e viene diagnosticata solo tramite l’esame colturale. 

Tipologie di streptococco in gravidanza

Gli streptococchi di maggior interesse patologico sono sicuramente lo streptococco di gruppo A (GAS, il più diffuso è lo Streptococco pyogenes), associato principalmente allo sviluppo di faringiti, tonsilliti e polmoniti, e lo streptococco di gruppo B (GBS), la cui unica specie è lo Streptococco agalactiae, frequentemente presente nel tratto respiratorio, genitale e intestinale, e causa di varie infezioni nell’adulto. 

Lo streptococco di gruppo B, come già accennato nell’introduzione, si trova nel tratto gastrointestinale inferiore, da cui può colonizzare a intermittenza le vie genitali o urinarie. Si stima che una donna su cinque in gravidanza ne sia portatrice, ma l’importanza clinica sta soprattutto nelle gravi malattie neonatali che questo batterio può causare, in particolare setticemie, sepsi, meningiti, polmoniti. Lo Streptococco agalactiae in gravidanza è infatti una delle principali cause di infezione neonatale severa: in presenza di colonizzazione batterica materna, il rischio è che il batterio venga trasmesso al neonato durante il passaggio nel canale del parto. 

Come prevenire lo streptococco in gravidanza

Dal momento che non è possibile prevenire l’infezione da streptococco in gravidanza, è importante individuare la presenza del microrganismo nella donna a ridosso del parto, così da poter intraprendere la terapia antibiotica corretta. Le linee guida italiane sulla gravidanza fisiologica, infatti, raccomandano l’esecuzione di un tampone vagino-rettale a tutte le gestanti tra la 36^ e la 37^ settimana di gravidanza.

Quando lo streptococco è pericoloso in gravidanza?

Quando una donna a termine di gravidanza riceve il referto del tampone con esito “positivo”, subito si chiede se l’infezione da streptococco in gravidanza sia pericolosa per sé stessa e per il proprio bambino. Come già anticipato, i rischi correlati all’infezione da streptococco in gravidanza riguardano la probabilità di trasmissione del batterio al neonato, che può causare malattie gravi, le cui complicazioni possono portare al decesso.

Le seguenti condizioni ostetriche aumentano il rischio di trasmissione in prossimità del parto:

  • presenza di febbre in travaglio non giustificata da altre cause;
  • parto pretermine;
  • presenza di una forte colonizzazione genitale (“batteriuria”).

L’infezione neonatale può essere “precoce” se si manifesta nella prima settimana (generalmente con esordio entro le prime 12 ore di vita) o “tardiva”, quando invece compare dopo il settimo giorno di vita.
La modalità di trasmissione è raramente quella transplacentare, e di solito avviene per aspirazione fetale di liquido amniotico contaminato. Esiste inoltre una relazione tra la durata della rottura delle membrane e il rischio di infezione.

L’infezione da streptococco in gravidanza diventa particolarmente pericolosa quando, specialmente in presenza di fattori di rischio, non vengono somministrati gli antibiotici, intervento questo che ha permesso di ridurre drasticamente l’incidenza di infezioni neonatali precoci. 

Trattamento dello streptococco in gravidanza

Se la gestante risulta positiva, in presenza di colonizzazione intensa (dimostrata dall’urinocoltura positiva per SGB) è prevista l’assunzione di una terapia antibiotica per il trattamento dello streptococco in gravidanza, che sarà comunque ripetuta al momento del parto. 

Qualora solo il tampone vagino-rettale eseguito a ridosso del parto mostri la presenza del batterio, si inizia la terapia antibiotica in travaglio, al fine di interrompere la trasmissione dalla mamma al neonato.
In presenza di alcune condizioni cliniche particolarmente a rischio di trasmissione materno-fetale è sempre raccomandata la terapia antibiotica durante il parto, indipendentemente dal risultato del tampone.

Nei casi in cui, durante il travaglio, non sia disponibile il referto del tampone vagino-rettale (perché non è ancora pronto o perché il tampone non è stato eseguito), si effettua la terapia antibiotica nei seguenti casi:

  • parto pretermine (<37 settimane);
  • febbre nella donna;
  • rottura delle membrane prolungata;
  • la donna ha avuto un precedente figlio con infezione neonatale da GBS;
  • urinocoltura positiva in gravidanza.
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Margherita Borgatti

Lavora come ostetrica negli ospedali bolognesi dal 2018 e conduce corsi di accompagnamento alla nascita. Dal 2020 è professoressa a contratto presso l’Università di Bologna, per il corso di Laurea in Ostetricia. Ha elaborato e coordinato un progetto, in collaborazione con l’Università di Bologna, di protezione e promozione dell’allattamento al seno, sostenendo a domicilio le mamme con difficoltà nell’avvio dell’allattamento.

Bibliografia
Articolo pubblicato il 18/02/2022 e aggiornato il 18/04/2024
Immagine in apertura FatCamera / iStock

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