Vaccino per l’epatite B (HBV): cos’è, quando farlo ed effetti collaterali

Oltre a essere obbligatorio per i nuovi nati, il vaccino HBV è raccomandato e gratuito per i soggetti ad alto rischio di contrarre l’infezione per esposizione professionale, patologia o condizioni di vita. Ecco perché questa profilassi è così importante

Antonio Clavenna , farmacologo clinico
Bambina riceve dose di vaccino contro l'epatite B

Il vaccino per l’epatite B protegge dal virus hepatitis B virus (HBV) che causa un’infezione che colpisce prevalentemente il fegato. 
L’epatite B spesso si manifesta con sintomi lievi e di breve durata, ma in alcuni casi (e con un rischio più elevato nei neonati e nei bambini in età prescolare) può evolvere verso una forma cronica, con gravi conseguenze per la salute (cirrosi epatica, tumori al fegato).

Il vaccino per l’epatite B ha lo scopo principale di prevenire le forme croniche di epatite e gli epatocarcinomi (tumori del fegato).
Si stima che in Italia, nel periodo 1991-2010, grazie alla vaccinazione HBV siano stati evitati almeno 20.000 casi di infezione, circa 1.400 casi di epatite cronica e 300-400 casi di tumore al fegato.

Cos’è l’epatite B

L’epatite B è un’infezione che colpisce prevalentemente il fegato, causata dal virus dell’epatite B.
Esistono diversi virus in grado di causare l’epatite. Il virus B è trasmesso attraverso il sangue o altri liquidi corporei (saliva, sperma) e il contagio avviene prevalentemente attraverso la puntura con aghi o superfici taglienti contaminati con sangue contenente il virus o tramite rapporti sessuali non protetti. Più raramente, il contagio può avvenire attraverso il contatto con oggetti contaminati, se sono presenti lesioni sulla cute o a livello delle mucose.

Il virus può essere, inoltre, trasmesso al feto o al neonato da una madre con un’infezione da HBV, in particolare al momento del parto.
Nei bambini in età prescolare la malattia spesso non da sintomi, mentre nei bambini più grandi e negli adulti può causare:

  • febbre; 
  • stanchezza;
  • dolori articolari;
  • sintomi gastrointestinali come nausea, vomito o diarrea e colorazione giallastra della pelle e della sclera (ittero).

Questi sintomi possono comparire a distanza di alcuni mesi dall’infezione.
Nel 5-10% dei casi il virus può rimanere a lungo nell’organismo causando un’infezione cronica e questa può a sua volta evolvere in cirrosi epatica o in tumore del fegato. 

Il rischio di epatite cronica è più elevato nei bambini. Nei neonati, la probabilità che l’infezione sia cronica è estremamente elevata (90%).

Epatite B: il vaccino è obbligatorio?

Fin dalla sua introduzione in Italia come vaccinazione universale, avvenuta nel 1991, il vaccino contro l’epatite B è obbligatorio per i nuovi nati, ed è quindi presente all’interno del calendario vaccinale nazionale.

È, inoltre, raccomandato (ma non obbligatorio) per i soggetti ad alto rischio di contrarre l’infezione per esposizione professionale, patologia o condizioni di vita (più avanti specifichiamo meglio cosa si intende)

Il vaccino per l’epatite B quando si fa?

La vaccinazione HBV viene effettuata nel corso del primo anno di vita.
Il vaccino per l’epatite B è contenuto nella vaccinazione esavalente, somministrata nel terzo, quinto e undicesimo mese di vita. 

Se la mamma è positiva al virus dell’epatite B è raccomandata anche la somministrazione di una dose di vaccino alla nascita, per ridurre i rischi di trasmissione del virus dalla gestante al neonato al momento del parto.

Vaccinazione per l’epatite B e adulti

Come detto, il vaccino per l’epatite B è raccomandato e offerto gratuitamente ai soggetti a rischio di infezione per esposizione professionale, patologia o condizioni e stili di vita.

Rientrano, ad esempio, in queste categorie:

  • operatori sanitari;
  • soggetti che necessitano di frequenti trasfusioni o che devono sottoporsi a dialisi;
  • soggetti con malattie croniche del fegato;
  • conviventi con persone positive al virus dell’epatite B;
  • tossicodipendenti;
  • persone con rapporti sessuali a rischio.

La vaccinazione contro l’epatite B è, inoltre, raccomandata come profilassi dopo l’esposizione, come ad esempio in caso di puntura accidentale con un ago potenzialmente infetto.
La vaccinazione HBV è raccomandata anche per i viaggiatori che si recano in aree geografiche in cui il rischio di contrarre il virus è elevato.

In età adulta, la vaccinazione prevede generalmente la somministrazione di tre dosi: la seconda a distanza di un mese e la terza a distanza di sei mesi dalla prima.
In alcuni casi particolari (ad esempio la profilassi post-esposizione), è prevista la somministrazione di quattro dosi, con la terza dose anticipata a 2 mesi così da garantire una protezione elevata in tempi brevi.

Il vaccino per l’epatite B dà effetti collaterali? Gli effetti collaterali più frequenti del vaccino per l’epatite B sono simili a quelli di altri vaccini, ovvero:

  • febbre;
  • dolore e gonfiore al sito di iniezione;
  • mal di testa.

Molto raramente (un caso su un milione di somministrazioni) è segnalata la comparsa di shock anafilattico, una forma grave di reazione allergica.

In passato, la segnalazione di alcuni casi di sclerosi multipla dopo la somministrazione del vaccino per l’epatite B avevano fatto scattare un segnale di allarme, ma studi di tipo epidemiologico condotti successivamente non hanno documentato un’associazione tra la vaccinazione e la malattia.

Vaccino per l’epatite B e controindicazioni

L’unica controindicazione al vaccino per l’epatite B è la precedente comparsa di reazioni allergiche gravi nei confronti del vaccino o degli eccipienti.
Come per altri vaccini, è consigliabile rimandare la vaccinazione in presenza di una malattia acuta grave.

Vaccino per l’epatite B: quanto dura la copertura?

Generalmente, la protezione del vaccino per l’epatite B ha una durata molto lunga e non è, quindi, necessario effettuare richiami dopo aver completato il ciclo primario delle tre dosi.
Il richiamo del vaccino dell’epatite B può essere opportuno per soggetti immunodepressi, con insufficienza renale cronica o sottoposte a dialisi: in queste persone, infatti, il livello di anticorpi potrebbe non essere protettivo.

Antonio Clavenna

medico e specialista in Farmacologia Clinica, ricercatore presso il Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, dove è responsabile dell’Unità di Farmacoepidemiologia. Si occupa principalmente del monitoraggio dell’uso dei farmaci nei bambini e negli adolescenti e del trasferimento dell’informazione sull’impiego dei farmaci, in particolare per quanto riguarda la gravidanza, l’allattamento e l’età pediatrica, agli operatori sanitari e ai cittadini.

Articolo pubblicato il 08/08/2025 e aggiornato il 08/08/2025
Immagine in apertura hobo_018 / iStock

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