Picky eating: cos’è e i consigli per superare il rifiuto del cibo

La selettività alimentare in età pediatrica è molto comune e la sua comparsa è dovuta a diversi fattori, compresi quelli legati alle nostre radici arcaiche. In alcuni casi la selettività è talmente marcata che si parla di picky eating, ovvero una forte preferenza per certi cibi e un rifiuto totale verso nuovi alimenti

Ileana Gervasi , dietista
bambina picky eater

Intorno ai 2 anni di età, quando cioè i bambini hanno ormai imparato a manipolare e a esplorare volentieri il cibo, potrebbero comparire comportamenti di rifiuto verso alcuni alimenti e manifestarsi quella che comunemente chiamiamo “selettività alimentare”.

Talvolta, i rifiuti diventano frequenti e la scelta degli alimenti accettati si fa rigida e monotona. In questo caso parliamo di picky eaters, un termine che potremmo tradurre con “mangiatore schizzinoso”. Il picky eating è abbastanza frequente in età pediatrica. Vediamo quali sono le strategie più appropriate da adottare quando si presenta questa situazione.

Chi sono i picky eater?

Come detto, vengono definiti picky eater quei bambini che mostrano una forte preferenza per certi cibi e rifiutano di provare nuovi alimenti o comunque alimenti che non rientrano nelle loro strette preferenze. Questo comportamento, noto anche come picky eating, può presentarsi in diverse forme: da lievi preferenze a rifiuti assoluti (in questo caso parliamo di extreme picky eating). 

Tale modo di mangiare può influenzare l’adeguatezza dell’apporto nutrizionale, ma anche il rapporto con il cibo, nonché le dinamiche famigliari a tavola. Per comprendere più a fondo cos’è il picky eating e come si manifesta dobbiamo però approfondire meglio alcuni aspetti.

Perché i bambini sono selettivi con il cibo? 

La selettività alimentare nei bambini può essere influenzata da una serie di fattori complessi, che vanno oltre la semplice preferenza individuale per certi gusti o sapori. La relazione con il cibo, infatti, è influenzata da una serie di interazioni tra fattori fisiologici, ambientali e psicologici che possono variare anche notevolmente da un individuo all’altro.

Con il susseguirsi delle diverse fasi di sviluppo che caratterizzano la crescita, anche il modo in cui i bambini esplorano e sperimentano il cibo cambia. Durante l’avvio dell’alimentazione complementare (lo svezzamento), ad esempio, la disponibilità a sperimentare è massima e spesso è sufficiente una sola esposizione a un nuovo cibo perché questo venga accettato dal piccolo.

Crescendo, però, i bambini diventano sempre più consapevoli di ciò che viene proposto loro e mostrano maggiore cautela nell’esplorare i cibi – soprattutto se non li riconoscono come famigliari – manifestando un certo grado di diffidenza e schizzinosità. Alcuni comportamenti che notoriamente vengono associati a questa fase includono l’insistente richiesta della pasta in bianco o di un piatto preferito al posto di altre proposte e il fatto di scartare alimenti dal piatto (di solito verdure, ma non solo). 

La presenza di un certo grado di selettività alimentare nei bambini è normale e fa parte del fenomeno conosciuto come “neofobia alimentare”. Questa tendenza, che ci accompagna per tutta la vita, raggiunge il suo apice intorno ai 18/24 mesi, periodo in cui il desiderio di affermazione personale e un avanzamento nelle capacità cognitive modellano la percezione del cibo. A questa età, una singola esposizione a un nuovo alimento generalmente non è più sufficiente per ottenere l’accettazione da parte del bambino, che potrebbe avere necessità di più esposizioni. Tale modo di procedere aiuta il piccolo a superare le sue paure e a diminuire la diffidenza, rendendo il cibo prima temuto ora familiare e accettato.

È importante sottolineare come la neofobia alimentare sia in realtà un grande alleato per il bambino, dal momento che rappresenta un meccanismo di difesa che scoraggia il piccolo dal consumare indiscriminatamente cibi potenzialmente pericolosi. Questo comportamento ha radici profonde, risalenti ai nostri antenati: per un bambino delle ere primitive, capace di muoversi autonomamente ma ancora dipendente dalla cura degli adulti, l’assenza di diffidenza verso il cibo avrebbe rappresentato un grave rischio. Questo in parte spiega anche come mai i bambini spesso si mostrano riluttanti nei confronti delle verdure, soprattutto quelle dal sapore amaro e/o di colore verde. In un contesto ancestrale, non esitare di fronte a un nuovo cibo poteva significare la scelta tra un pasto nutriente o l’ingestione di piante o bacche tossiche: insomma, letteralmente una questione di vita o di morte.

La neofobia alimentare emerge, quindi, come un sofisticato meccanismo di protezione. Spetta agli adulti il compito di comprendere questo comportamento e guidare i bambini verso un’alimentazione varia e bilanciata, evitando forzature, premi o ricatti. L’approccio richiede comprensione e pazienza, non sempre facili da mettere in campo, ma pone anche le basi per un rapporto sano e sereno con il cibo.

Le esperienze negative con certi alimenti, come un gusto sgradevole, una consistenza poco gradita o un episodio di malessere dopo il consumo, possono contribuire alla formazione di abitudini alimentari selettive.

Anche il clima durante i pasti è importante: se non c’è serenità, il grado di rigidità potrebbe davvero peggiorare. L’ambiente famigliare e sociale gioca quindi un ruolo significativo nel modellare le abitudini alimentari dei bambini. Ad esempio, possiamo dire che più i genitori mostrano comportamenti selettivi o limitano la varietà dei cibi disponibili, cucinando sempre le stesse pietanze, più questo può contribuire a influenzare negativamente le abitudini alimentari dei bambini, rendendoli più selettivi.

Alcuni bambini possono manifestare una selettività alimentare come meccanismo di controllo o per mantenere una sensazione di sicurezza. Comprendere le radici di questo comportamento è fondamentale per adottare strategie efficaci e promuovere un rapporto sano ed equilibrato con il cibo fin dalla prima infanzia.

Picky eater e bambini selettivi: qualche consiglio

Il picky eating richiede tempo, comprensione e un approccio positivo. Ogni bambino è unico e ciò che funziona molto bene con qualcuno potrebbe non funzionare affatto con qualcun altro. Tuttavia, mantenere un clima a tavola sereno e incoraggiante è fondamentale in ogni caso per aiutare i bambini a sviluppare un buon rapporto con il cibo. Con le giuste informazioni e un adeguato supporto, questa fase potrà rimanere solo un lontano ricordo. Se il vostro bambino o la vostra bambina mostra delle difficoltà alimentari, è bene sapere che non è mai troppo tardi per migliorare la situazione.

Ecco di seguito cinque consigli per iniziare da subito a vivere più serenamente il momento dei pasti:

  1. Non forzare l’assaggio o il consumo degli alimenti. Incoraggiare senza forzare, ponendo le condizioni favorevoli per sperimentare e scoprire, è una strategia che mostra rispetto verso le preferenze del bambino, promuovendo allo stesso tempo l’esplorazione di nuovi cibi. Sentirsi forzati, invece, può portare solo a una maggiore difficoltà e a un aumento della diffidenza, con il risultato di irrigidire ancora di più le scelte.
  2. Coinvolgerli nella preparazione dei pasti. Rendere partecipi i bambini nella preparazione dei pasti o di semplici ricette può aumentare il loro interesse verso il cibo. Semplici compiti come lavare o tagliare la frutta, mescolare gli ingredienti, insaporire con le spezie o disporre le pietanze nei piatti, possono sembrare banali, ma invece fanno una grande differenza. Va ricordato che l’obiettivo non è far sì che il bambino mangi ciò che è stato cucinato, ma che collezioni esperienze positive con il cibo.
  3. Presentare il cibo in un modo accattivante. L’aspetto visivo è importante, anche per i bambini. Non è necessario diventare esperti impiattatori, ma può essere d’aiuto sapere che una presentazione semplice e divertente o, perché no, inusuale e creativa, può stimolare la curiosità verso nuovi sapori. A tal proposito è bene evitare di sovraccaricare il piatto e optare per porzioni limitate: i bambini non amano le presentazioni “pasticciate”. Spazio alla fantasia! Spicchi, spiedini, forchettine e simili possono essere d’aiuto nel far avvicinare i bambini al cibo. Anche in questo caso, le aspettative dovranno essere realistiche: ciò che conta è l’interazione, non la quantità di cibo che viene consumata.
  4. Introdurre varietà, ma con moderazione. Invece di presentare molti cibi nuovi tutti insieme, meglio provare ad aggiungere gradualmente una piccola porzione di un nuovo alimento accanto a quelli già accettati. Questo farà sentire il piccolo più sicuro e non sopraffatto. È bene dunque assicurarsi che ad ogni pasto sia presente del cibo familiare al piccolo (per lui facilmente affrontabile), accanto al quale proporre magari una piccola novità.
  5. Consentire un corretto ritmo fame-sazietà. Impostare una buona routine alimentare fa in modo che si crei un ritmo ben definito nello svolgersi del ciclo fame-sazietà e ciò consentirà di affrontare i pasti con il giusto livello di appetito. La cosa migliore è offrire tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due-tre spuntini, a seconda delle necessità individuali. Indicativamente, i bambini con meno di 3 anni hanno bisogno di mangiare ogni due-tre ore, in età prescolare invece ogni tre-quattro.

Quando preoccuparsi?

Se la selettività alimentare persiste e si irrigidisce sempre più, fino a influenzare negativamente la crescita, se porta al rifiuto di interi gruppi alimentari o se inficia aspetti relazionali e sociali, potrebbe essere il momento di consultare un professionista. Pediatri e dietisti competenti nell’ambito pediatrico possono offrire supporto e strategie personalizzate per affrontare situazioni specifiche.

Bibliografia

 

Articolo pubblicato il 04/04/2024 e aggiornato il 30/04/2024
Immagine in apertura NYS444 / iStock

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