La febbre alta nei bambini è un segnale che richiede attenzione, ma quasi mai indica una condizione grave. Di seguito vediamo le cause più comuni — dalle infezioni virali a quelle batteriche — e quanto conta il valore della temperatura rispetto al quadro clinico complessivo. Vengono poi approfonditi i rimedi utili: idratazione, utilizzo consapevole di antipiretici, e si sottolineano i campanelli d’allarme (febbre persistente, neonati o lattanti, comparsa di altri sintomi) che impongono una valutazione medica. L’obiettivo è fornire ai genitori strumenti concreti per gestire la febbre con serenità, capire quando è opportuno intervenire e mantenere un approccio equilibrato alla salute del bambino.
Martina, 2 anni, ha la febbre da tre giorni, con una temperatura che arriva a 38,8 °C. Ciononostante è attiva, gioca, mangia e durante la visita dalla pediatra piange a squarciagola protestando contro il bastoncino abbassalingua! La pediatra rassicura i genitori: non è nulla di cui preoccuparsi.
Giorgio ha un anno, anche lui ha la febbre alta da tre giorni, con una temperatura che sfiora i 38,5 °C. I genitori lo vedono abbattuto, mangia poco e sembra che stia bagnando i pannolini meno del solito. Al telefono, la pediatra consiglia di portarla in ambulatorio per una visita urgente.
Abbiamo visto due situazioni apparentemente molto simili, caratterizzate da una febbre alta, ma che portano a due indicazioni completamente diverse. Questo cosa significa? Che la febbre, di per sé, anche se molto alta non è detto che sia espressione di una malattia pericolosa e dobbiamo interpretarla come un meccanismo di difesa dell’organismo. Vediamo quindi quali sono le caratteristiche della febbre alta nei bambini che devono farci preoccupare e, più in generale, cosa fare per la febbre alta dei bambini.
La febbre è uno dei meccanismi attraverso cui il nostro corpo reagisce alle infezioni o ad altri stimoli esterni (ad esempio a un colpo di calore o in risposta alla somministrazione di un vaccino) ed è molto frequente nei bambini. Con l’aumento della temperatura corporea riusciamo non solo a bloccare la proliferazione di un’infezione ma anche ad accelerare la risposta immunitaria contro di essa. Una febbre molto alta nei bambini non deve allarmarci se non è associata ad alcuni campanelli d’allarme che approfondiremo più avanti. «Ma quindi… una febbre a quaranta nei bambini non dovrebbe farci preoccupare?». Non se è isolata, quindi se si tratta di una febbre alta senza sintomi. Vanno ovviamente valutate anche altre caratteristiche (l’età, l’andamento e la durata della febbre alta nei bambini) che aiuteranno i genitori e il pediatra a capire quando l’aumento della temperatura va trattato come qualcosa di preoccupante e quando, invece, lasciargli fare il suo corso.
Prima di entrare nel dettaglio di cause e soluzioni per la febbre alta, è bene specificare che si parla di “febbre” in presenza di una temperatura corporea uguale a o maggiore di 37,5 °C. Se il bambino mostra malessere, o è caldo al tatto e si comporta in maniera diversa dal solito, è consigliabile misurargli la temperatura. Sotto i 2 anni è più semplice prendere la temperatura per via ascellare o inguinale (la misurazione per via endorettale è certamente più fastidiosa per i piccoli), sopra questa età si può continuare con la sola misurazione ascellare.
Prima di valutare eventuali rimedi e soluzioni per la febbre alta nei bambini, è bene ribadire che l’aumento della temperatura corporea è un importante meccanismo di difesa del nostro organismo e che quindi non va trattato di per sé, ma solo quando causa disagio o si associa a sintomi fastidiosi. Se il bambino ha una temperatura alta, ma si comporta e beve normalmente e non mostra alcun particolare malessere o dolore, possiamo semplicemente attendere il decorso della febbre. A tal proposito è utile ricordare che stiamo parlando di un vero e proprio sistema di difesa contro le infezioni, quindi abbassare la febbre alta in assenza di altri sintomi equivale a favorire i germi che causano l’aumento della temperatura. In ogni caso, se la febbre crea un lieve disagio al vostro bambino, tra i rimedi più utili troviamo:
A proposito delle convulsioni febbrili, nonostante questi episodi possano far preoccupare molto i genitori (il bambino può perdere conoscenza, tremare, ruotare gli occhi verso l’alto…) si tratta di un’eventualità piuttosto comune e di solito benigna, che non comporta altri rischi per la salute. Tuttavia, nel caso si verifichino per la prima volta, è necessario recarsi in pronto soccorso per gli accertamenti del caso. Ricordiamoci che le convulsioni febbrili non si presentano solo con la febbre molto alta, quindi trattare la febbre “a prescindere” per evitare l’insorgenza di questi episodi è una prassi che non ha alcuna evidenza scientifica.
Abbiamo visto che la febbre, anche alta, può essere del tutto innocua per i bambini. Vi sono però delle situazioni potenzialmente gravi che si possono associare all’aumento di temperatura corporea. Vediamo allora quando preoccuparsi per la febbre alta dei nostri bambini e quindi i casi in cui occorre contattare con urgenza il proprio pediatra.
Quando chiamare il pediatra per la febbre alta? Il pediatra è senz’altro il primo riferimento per qualsiasi sintomo di malattia – quindi anche per la febbre – e in genere informa preventivamente i genitori già prima della prima vaccinazione in merito a cosa fare in caso di alterazione della temperatura e come gestire le febbri in generale. In questi consigli specificherà quali sono i casi in cui contattarlo tempestivamente, ovvero quelli che abbiamo elencato in questo paragrafo.
Quando possiamo considerare la febbre “alta” in un bambino e cosa significa questa dicitura?
In pediatria si parla di febbre quando la temperatura corporea è ≥ 37,5 °C e di “febbre alta” quando la temperatura si eleva in modo significativo rispetto al comportamento abituale del bambino – ad esempio 39 °C o più. L’entità della febbre da sola non indica necessariamente gravità: ciò che conta è lo stato generale del bambino, la presenza di altri sintomi e quanto bene tollera la situazione. È sempre opportuno consultare il pediatra in caso di dubbi.
Quali sono i segni d’allarme che indicano la necessità di contattare subito il pediatra o ricorrere al pronto soccorso?
Bisogna rivolgersi tempestivamente al pediatra o al pronto soccorso se il bambino ha un’età inferiore a 3 mesi o presenta temperatura corporea > 40 °C; difficoltà a respirare, letargia, rigidità della nuca, convulsioni; riduzione marcata dell’alimentazione o della produzione di urina; febbre persistente per più di 48-72 ore senza miglioramento; comparsa di rash cutaneo o sanguinamento. In questi casi la valutazione medica è urgente.
Quando è opportuno dare un antipiretico al bambino con febbre e quali sono i principi generali d’uso?
Gli antipiretici (come Paracetamolo o Ibuprofene) vanno impiegati non in base alla temperatura, ma se il bambino manifesta malessere, dolore o fastidio significativo. Le linee guida italiane raccomandano: dosaggio calcolato sul peso corporeo, preferenza per la via orale (la rettale solo se il bambino vomita), evitare l’uso combinato o alternato senza indicazione medica. L’uso esclusivo della temperatura per decidere l’antipiretico non è raccomandato. Consultate sempre il pediatra per il dosaggio corretto in base all’età e al peso.
Quali misure pratiche possiamo adottare a casa per aiutare un bambino con febbre alta, e cosa è meglio evitare?
A casa si può provare a mantenere il bambino ben idratato offrendogli liquidi più spesso; vestirlo in modo leggero se ha caldo o aggiungere una coperta se ha freddo; garantire un ambiente ben ventilato ma non freddo; ridurre le attività intense e permettere che riposi. È invece sconsigliato coprirlo eccessivamente, somministrare antipiretici esclusivamente per abbassare la temperatura senza considerare lo stato generale del bambino, utilizzare impacchi freddi o con alcool, e ignorare la comparsa di sintomi nuovi o peggioramento. Se il bambino rimane febbricitante per più giorni o peggiora, contattare il pediatra.

Pediatra, nel 2024 ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Immunologia, Medicina Molecolare e Biotecnologie Applicate presso l’Università di Roma Tor Vergata. Attualmente lavora come Clinical Research Fellow presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dove svolge attività clinica presso il Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico e attività di ricerca presso i laboratori dell’Unità di Terapia Cellulare e Genica delle Malattie Ematologiche.