Oggi le famiglie si confrontano con il mondo della scuola già nei primi anni di vita del bambino ed è quindi importante che insegnanti e genitori riescano a collaborare in modo sereno ed efficace a un progetto educativo comune.
Quando un genitore iscrive il proprio bambino a scuola compie un atto di grande valore simbolico, quello di affidare all’insegnante il compito di affiancarlo nell’educazione del figlio. Dall’altro versante, l’insegnante investito di questo ruolo si aspetta di essere riconosciuto come un punto di riferimento per le famiglie e di avere con loro un rapporto sereno basato sulla condivisione del percorso formativo del bambino. È importante che alla base di questo scambio reciproco ci sia una comunicazione chiara e funzionante, ma spesso ciò risulta difficile, faticoso e problematico. Nella maggior parte dei casi, i problemi derivano da incomprensioni legate ad ansie e paure che i genitori provano nei confronti degli insegnanti, e viceversa.
Lavorando presso lo sportello d’ascolto psicologico in diverse strutture scolastiche ho modo di confrontarmi con le difficoltà dei genitori. Molto spesso ciò che mi chiedono indirettamente è di trovare una maniera per comunicare con gli insegnanti. Una delle convinzioni più diffuse è che esprimere disaccordo o perplessità su quanto stabilito dagli insegnanti possa avere degli effetti negativi sul loro rapporto con il bambino.
«Noi genitori dobbiamo stare in silenzio anche se non siamo convinti di ciò che fa l’insegnante, perché altrimenti la farà scontare ai nostri figli!». Questo tipo di affermazione – che esprime chiaramente la paura di rivendicazioni – porta a evitare il confronto tra gli adulti, che rimarranno sulle loro posizioni scomode senza trovare un punto in comune. La conseguenza di una comunicazione assente, però, purtroppo non è solo questa.
«A mio figlio non interessa ciò che dico io, ascolta solo quello che dice l’insegnante», o ancora, «Ma chi si crede di essere quell’insegnante, forse si sente migliore di me?». Quando un genitore avverte l’impossibilità di collaborare con l’insegnante e quindi di condividere valori e contenuti educativi, la paura che ne scaturisce è di perdere la posizione principale di punto di riferimento per il bambino. Ne consegue che l’insegnante diventa più un nemico da cui stare alla larga che qualcuno di cui ci si può fidare.
Talvolta i genitori provano sentimenti di inadeguatezza, si sentono sbagliati, pensano di non saper educare i propri figli quando per esempio vengono comunicate loro delle difficoltà o dei cattivi comportamenti da parte del bambino. Provano un forte senso di colpa perché pensano di star fallendo come genitori e si sentono angosciati dalla possibilità che il figlio sia giudicato in modo ingiusto, non sia compreso nei suoi bisogni e per le sue potenzialità.
Una delle difficoltà degli insegnanti riguarda la scarsa fiducia che i genitori hanno nei loro confronti. «Sarebbe bello se i genitori potessero stare un giorno in classe con noi» mi disse un giorno un insegnante, manifestando il desiderio di mostrare alle famiglie che il loro compito non è affatto semplice. Far fronte alle esigenze di ogni singolo bambino con l’idea che faccia parte di un insieme più grande da gestire è spesso faticoso e non sempre di facile riuscita.
Di frequente anche gli insegnanti provano frustrazione di fronte alla possibilità di star sbagliando qualcosa nel portare avanti il proprio compito. Essere giudicati di continuo, attaccati e non compresi nelle loro difficoltà li porta inevitabilmente a mettersi in una posizione di difesa nei confronti dei genitori; genitori che, non rispettando il ruolo degli insegnanti, rischiano di dare un cattivo esempio ai propri figli, i quali si comporteranno in egual modo quando saranno in classe. Ma allora che cosa fare?
Alcuni genitori, come pure gli insegnanti, a volte contrastano le proprie paure sottraendosi alle situazioni scomode, nelle quali potrebbero sentirsi in imbarazzo o in dovere di dare spiegazioni. Evitano il confronto («Non ho nulla da dire») con la fuga («Meglio che vada via!»). Altri invece si scontrano in modo aggressivo svalutando il ruolo dell’altro («Quell’insegnante non è capace di far nulla») e non considerandolo.
Come abbiamo visto, rimanere sulle proprie posizioni non favorisce nessuno, tantomeno i bambini che sono i primi a risentire dei rapporti ostili tra gli adulti. Una via di uscita da questo tipo di situazioni è offerta dall’affrontare le proprie paure, riconoscendole e mostrandole all’altro; un altro che in questo caso non è un avversario da combattere ma qualcuno con cui allearsi per raggiungere obiettivi comuni. Non si tratta di un’impresa facile, ma nemmeno impossibile.
Spesso ci si vergogna di manifestare le proprie difficoltà, mentre dire chiaramente a un insegnante che si è preoccupati per il rapporto che ha instaurato con il proprio figlio, e farlo senza usare l’aggressività, sarà utile a far riflettere l’insegnante su ciò che il genitore gli ha indicato.
Chiedere consiglio a un insegnante su come affrontare alcune tematiche educative non significa dichiararsi un cattivo genitore, anzi. La capacità di chiedere aiuto all’altro presuppone una grande apertura a ricevere nuovi suggerimenti e a migliorarsi. Dimostrare all’altro disponibilità al dialogo, al confronto, a collaborare insieme coordinandosi è una delle strategie migliori per creare un buon rapporto.
La relazione tra genitori e insegnanti va costruita giorno dopo giorno venendosi incontro nelle difficoltà, rispettando il ruolo dell’altro e dimostrando fiducia in quello che fa. Per far ciò, è necessario che scuola e famiglia siano convinte che una buona azione educativa dipende da entrambe: scuola e famiglia hanno bisogno l’una dell’altra.