Infezione urinaria nei bambini: come comportarsi?

Come diagnosticare e curare efficacemente le infezioni delle vie urinarie nei bambini? La medicina progredisce ogni giorno e ormai non è più necessario sottoporsi a interventi e profilassi invasive, spesso bastano gli antibiotici

Leopoldo Peratoner , pediatra
Sintomi dell'infezione urinaria

Il rischio di contrarre un’infezione delle vie urinarie per i bambini abbastanza alto; certo non come quello di avere un’infezione respiratoria o un’otite, ma sufficiente per considerare questo problema importante e metterlo sotto la lente d’ingrandimento dei genitori: circa il 3% delle femminucce e l’1% dei maschietti presentano un’infezione urinaria entro i 10 anni di età, ma la maggior parte di queste infezioni vengono nei primi tre anni di vita.

Data l’importanza del tema andiamo ad approfondire quali sono le cause di un’infezione delle vie urinarie nei bambini e nei neonati, quali sono i sintomi e in che modo intervenire.

Infezione urinaria nei bambini: cause

Responsabili di queste infezioni sono i batteri, non i virus: abbiamo perciò delle buone armi in mano per combatterli, gli antibiotici. Questi batteri entrano nell’apparato urinario sempre, o quasi, dall’esterno, dall’uretra.
Nella maggior parte dei casi il sintomo che porta al sospetto di infezione urinaria è, soprattutto nei bambini più piccoli, la febbre; una febbre spesso molto alta e senza altri sintomi.

Quando c’è febbre vuol dire che i batteri sono riusciti ad arrampicarsi lungo le vie urinarie fino al rene e ai bacinetti renali e si chiama perciò pielonefrite: una situazione più rischiosa di quella in cui i batteri si sono fermati nella vescica, detta cistite, che si presenta con un semplice bruciore nel fare la pipì, con uno stimolo frequente a urinare e, qualche volta, con un dolore sopra il pube, tutti sintomi che è difficile rilevare fino ai due anni.

L’infezione delle vie urinarie  nei neonati

Nel neonato i sintomi della pielonefrite sono più sfumati e subdoli e sta nel “naso clinico” del pediatra la capacità di sospettare l’infezione. Il fatto è che, se i batteri arrivano nel tessuto renale, innescano un’infiammazione capace di danneggiare il rene stesso: e tanto più importante è questa infiammazione, tanto più a lungo questa persisterà e tanto maggiore sarà il danno.

Quando il danno c’è stato non si torna indietro e in quella sede si formerà pian piano una cicatrice, proprio come capita quando ci si fa una ferita sulla pelle; con l’unica differenza che la pelle è in grado di riformarsi più o meno come prima, mentre le strutture renali non hanno questa capacità.

Ecco perché se un bambino piccolo ha la febbre alta senza altri sintomi è importante fare un esame delle urine: quasi tutti i pediatri ormai hanno nel loro studio una strisciolina reattiva che, imbevuta di pipì, ci dà la risposta che vogliamo in pochissimi minuti.

Cura per l’infezione delle vie urinarie

Non è di regola necessario fare esami del sangue, che aggiungono poco a quanto già sappiamo dai sintomi o dall’esame dell’urina; neppure il ricovero in ospedale, a cui pure spesso si ricorre, è indispensabile, a meno che il bambino non sia piccolissimo (meno di un mese) o stia così male da farci sospettare uno “stato tossico” (abbandonato, poco reattivo, che vomita e non si alimenta).

Il più delle volte invece basta dare l’antibiotico giusto, per bocca. Tutto sommato quindi si tratta di un trattamento abbastanza leggero, anche se un’infezione urinaria con febbre viene considerata un’infezione importante, come la polmonite: l’importanza è data dal fatto che conviene fare una diagnosi, e di conseguenza una terapia, quanto più precoce possibile per evitare che si formi quella famosa cicatrice.
Finita la cura, che durerà di solito da una settimana a dieci giorni, inizia il dilemma: che fare?

Cosa fare dopo un’infezione urinaria?

Per molti anni, seguendo alcune linee guida, i bambini piccoli che avevano avuto anche una sola infezione urinaria con febbre, venivano sottoposti a una profilassi, con dosi molto basse di antibiotici somministrate ogni giorno. Ma la medicina progredisce di continuo, si sa, e studi recenti ci dicono che questa profilassi non è indispensabile o, al massimo, può essere utile farla per qualche settimana, ma non per anni e anni come si faceva un tempo.

Infatti, se guardiamo agli esiti finali (guarigione completa o danno renale), non c’è differenza fra i bambini che la profilassi l’hanno fatta e quelli che invece non l’hanno fatta.
E poi ci sono gli esami. Fino a poco tempo fa tutti pensavamo che fosse utile andare a guardare dentro le vie urinarie dei bambini che si erano ammalati di pielonefrite, questo per scoprire situazioni di rischio particolare che predispongono alle infezioni e che avrebbero potuto risolversi con provvedimenti chirurgici o medici.

In definitiva quello di cui si andava a caccia, in modo sistematico e talora spietato, era il temutissimo reflusso vescico-ureterale. Spietato, perché per cercarlo è necessario fare esami molto disturbanti per il bambino, oltre che somministrargli i raggi X, e questa non è una buona cosa, se non è necessaria.

Cosa non fare?

Ma, l’abbiamo già detto, la medicina cambia e va avanti, e negli ultimi anni sono cadute una a una le motivazioni per cercare il famigerato reflusso. Prima si è chiarito che non è il reflusso il colpevole del peggioramento delle lesioni renali e dell’eventuale danneggiamento della funzionalità del rene, ma il danno viene dal sovrapporsi di infezioni non riconosciute in tempo o non ben curate.

Poi si è visto che operare i bambini col reflusso non cambia la loro “storia naturale” e non impedisce i danni permanenti del rene che per la verità sono veramente rari. Tanto più che nella gran parte dei casi questo reflusso tende a migliorare e a regredire del tutto spontaneamente. Poi, come già detto, è stata negata da studi recentissimi l’utilità della profilassi.

E allora perché cercare il reflusso, perché fare la temuta radiografia? E allora non va fatto nulla? Il buon senso dice che spesso basta un’ecografia dei reni e delle vie urinarie, fatta da un esperto ecografista: se risulta normale può escludersi la presenza di anomalie significative, reflussi gravi, alterazioni ostruttive (ne parleremo poi), grave danno del tessuto renale (cicatrici estese, con rene di dimensioni al di sotto della normalità). Se risulta patologica ci indicherà quei pochi bambini a cui va posta un’attenzione particolare, che meritano perciò qualche accertamento e qualche controllo in più e vanno seguiti a lungo. E tutti gli altri? Sospettare l’infezione se ricapita la febbre e curarla per bene.

Esame delle urine

Niente di più facile, non c’è neppure da fare il prelievo! Facile a dirsi, ma a farsi, in un bambino piccolo, lo è un po’ meno. Intanto cosa cercare per diagnosticare un’infezione urinaria? Globuli bianchi (leucociti) e nitriti: se questi elementi ci sono, la diagnosi di infezione è molto probabile, anche se alcuni leucociti, specie nelle bambine, possono provenire dai genitali esterni.

Per contro è molto raro, seppur non impossibile, che un’infezione si verifichi senza la comparsa di molti leucociti nell’urina. Se nell’urina ci sono leucociti e nitriti ce lo dice in un attimo una strisciolina di carta assorbente bagnata nell’urina appena emessa. Se invece vogliamo fare un esame più completo, avremo bisogno di raccogliere l’urina sterile: quasi tutti usano a questo scopo il cosiddetto sacchetto sterile, che peraltro sterile non sarà mai; sappiamo che circa la metà delle urine raccolte in questo modo saranno falsamente positive, per lo meno per quanto riguarda la presenza di batteri.

Ma se nelle urine “da sacchetto” non ci sono leucociti né nitriti, possiamo essere quasi certi che non c’è infezione; se invece questo test dovesse essere positivo, sarebbe meglio confermare o meno questo dato con un altro esame urine, possibilmente raccogliendo la pipì “al volo” durante la minzione. Ci vuole un po’ di pazienza con un bambino piccolo, che ancora non fa la pipì a comando (sul tema della pipì, rimandiamo anche al nostro articolo sull’enuresi notturna). Non è strettamente necessario eseguire un’urinocoltura, anche se questa può essere utile in situazioni particolari.

Cistouretrografia

È l’esame radiografico finora più prescritto ai bambini con infezioni urinarie per evidenziare un eventuale reflusso vescica ureterale: non facile da effettuarsi perché necessita dell’introduzione nella vescica di un catetere, attraverso il quale viene introdotto il “mezzo di contrasto” che ci consente di vedere sullo schermo il movimento dell’urina dalla vescica all’uretere.

Oggi però possiamo fare a meno, il più delle volte, di questo esame, perché un’ecografia fatta bene ci darà la maggior parte delle indicazioni utili a impostare le cure e a seguire questi bambini senza rischi importanti.

Leopoldo Peratoner

si laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Padova, dove consegue anche la laurea specialistica in Pediatria. Successivamente, presso l'Università di Trieste, conclude il suo percorso di specializzazione in Nefrologia. È stato responsabile del Dipartimento materno-infantile dell’Azienda Ospedaliera S. Maria degli Angeli di Pordenone e responsabile del Dipartimento materno-infantile interaziendale della provincia di Pordenone. Dopo la pensione, ha collaborato con il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano per la gestione dell’Area Giovani di questo IRCCS.

Articolo pubblicato il 24/06/2013 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura ridvan_celik / iStock / Getty Images Plus

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