La donazione del sangue cordonale

In Italia è possibile conservare le cellule staminali del cordone ombelicale alla nascita del proprio bambino grazie alle banche pubbliche presenti su tutto il territorio nazionale. È una scelta personale che richiede consapevolezza e informazione

Giada Barbirato , ostetrica
Primo piano del moncone ombelicale medicato

Il sangue cordonale del neonato contiene cellule molto importanti: le cellule staminali emopoietiche, cioè cellule indifferenziate. Queste cellule sono preziose perché possono generare globuli rossi, bianchi e piastrine, e quindi curare patologie principalmente oncologiche o molto rare come leucemie e linfomi, ma anche talassemie e aplasie midollari. Le staminali presenti nel cordone ombelicale, immature dal punto di vista immunologico, possono comportare un minor rischio di rigetto anche quando la compatibilità tra donatore e ricevente non è perfetta, e rappresentano una vera e propria terapia salvavita per i pazienti in attesa di trapianto e che non trovano un donatore di midollo osseo compatibile.

Se tutte le coppie donassero il sangue del cordone ombelicale alla nascita, si moltiplicherebbero a livello internazionale le possibilità di cura per questi malati. Il dono è altruistico e gratuito. Le banche pubbliche non richiedono infatti alcun costo ai genitori, e provvedono a controllare e conservare le unità raccolte per circa vent’anni, inserendole nei registri nazionali e internazionali, a disposizione di qualsiasi paziente.

La donazione è sicura per il bambino? 

Al momento del parto il bambino viene messo a contatto pelle a pelle con la mamma, come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per favorire la costruzione del legame di attaccamento e garantire il buon avvio dell’allattamento. È proprio in questa fase che può avvenire, con il consenso di entrambi i genitori, la raccolta delle cellule staminali cordonali, in modo sicuro per mamma e bambino, senza essere disturbati in un momento così intimo e delicato. La raccolta viene eseguita dall’ostetrica o dal medico che ha assistito al parto, che raccoglie in una sacca sterile il sangue contenuto nel cordone appena clampato, per cui l’operazione è indolore e non invasiva. 

Il clampaggio del cordone, ovvero la legatura del cordone ombelicale dopo la nascita, si distingue in precoce, immediatamente dopo la nascita, e tardiva, ovvero dopo almeno 60 secondi. Per effettuare la donazione del sangue cordonale si aspetta almeno un minuto dalla nascita, in modo da permettere comunque lo scambio tra il sangue ancora contenuto nel cordone e il neonato, garantendo i benefici dimostrati dai recenti studi scientifici, come la maggiore riserva di ferro nel primo anno di vita. Non è possibile, però, attendere oltre i 2 minuti perché le cellule raccolte non sarebbero sufficienti. 

La donazione è sempre possibile? 

Non tutti possono donare: esistono molti criteri di esclusione dalla donazione solidale, ad esempio in caso di parti pretermine (non si otterrebbe una quantità sufficiente di sangue) o di patologie specifiche (perché la donazione è indirizzata a persone fragili e malate, che richiedono molta attenzione). Inoltre durante il parto si dà precedenza all’assistenza di mamma e bambino, in totale sicurezza, per cui in situazioni particolari la donazione passa in secondo piano e non sempre può essere effettuata. Per diventare donatori si deve fare un colloquio specifico con l’ostetrica, che si prenderà cura di verificare la storia della gravidanza, quella personale, della coppia e dei familiari.

Inoltre vi sono anche dei criteri di esclusione dopo la raccolta. Le banche pubbliche conservano solo le sacche di sangue cordonale che contengono cellule sufficienti per un trapianto e che hanno la più alta probabilità di contribuire a risultati clinici di successo. Circa l’80% delle unità raccolte nei reparti di maternità vengono quindi scartate dalle banche pubbliche, perché non contengono un numero sufficiente di cellule, sono state contaminate o hanno perso la vitalità durante il trasporto dal punto nascita alla banca, in base agli standard di qualità stabiliti. Qualora la sacca non fosse idonea, questa non viene sempre esclusa, ma in alcune banche e con il consenso dei genitori, viene utilizzata per la ricerca scientifica e per migliorare la qualità di vita dei pazienti. 

E le banche private?

In Italia non esistono banche private che consentano la raccolta di sangue cordonale a uso personale, poiché non vi sono evidenze scientifiche a sostegno della loro necessità. Se i genitori decidono di affidarsi a una banca privata con sede all’estero, dovranno sostenere un costo per la conservazione del sangue cordonale e, in caso di futura malattia del bambino, non è detto che il suo sangue potrà essere utilizzato per il trapianto. In molti casi, quando un paziente ha bisogno di un trapianto con cellule staminali da sangue cordonale è preferibile utilizzare le cellule di un altro donatore sano, perché le sue potrebbero non essere sufficienti o avere gli stessi errori genetici o congeniti che hanno causato la malattia. In secondo luogo, mettere la sacca a disposizione a livello internazionale attraverso una banca solidale ha dimostrato di aumentare la probabilità di trovare un donatore compatibile

Per i genitori che lo desiderano, in Italia è comunque possibile esportare le cellule staminali per uso personale, previo accordo con il punto nascita e la banca privata prescelta

È importante sapere, inoltre, che nel caso di patologie specifiche del neonato o di un familiare è consentito ricorrere alla donazione per sé stessi o per un familiare malato anche presso le banche pubbliche italiane. Questa situazione, definita donazione autologa o dedicata, si verifica quando il nascituro o un suo consanguineo presenta una patologia per la quale è indicato il trapianto di cellule staminali emopoietiche.

Quindi donare o non donare? La donazione del sangue cordonale è un atto solidale e libero. È indispensabile che i genitori ricevano tutte le informazioni corrette e aggiornate sull’argomento. In questo modo potranno decidere in piena serenità e consapevolezza quello che preferiscono per la nascita del loro bambino. Una nascita che, attraverso la donazione, può salvare un’altra vita.

Giada Barbirato

Ostetrica e giornalista scientifica, lavora attualmente nella Sala Parto dell’Ospedale Santi Giovanni e Paolo di Venezia, dove si occupa dell’assistenza al travaglio e al parto fisiologici e dell’assistenza neonatale e nel puerperio.

Bibliografia
Articolo pubblicato il 02/04/2021 e aggiornato il 07/10/2022
Immagine in apertura Kwangmoozaa / iStock

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