Nel seggiolino non ci voglio stare!

Come bisogna comportarsi quando il bambino contesta le misure di protezione, non rispetta le regole e si ribella?

Immagine per l'autore: Chiara Borgia
Chiara Borgia , direttrice di Uppa magazine
Bambini che si ribellano alle norme di sicurezza in macchina

Capita spesso che le misure di protezione, adottate dai genitori per prevenire possibili incidenti del bambino, vengano mal sopportate dai nostri piccoli, che reagiscono negativamente opponendosi al loro utilizzo.

Il bambino si ribella

Un caso molto comune è quello del seggiolino e della cintura di sicurezza in auto. A fronte di quei pochi angioletti che si fanno ore di sonno filate in macchina, tanti altri bambini non amano l’automobile e, soprattutto, non amano essere legati al seggiolino. Urla che raggiungono decibel impensabili, calci, pianti disperati, tentativi di sciogliersi, e il tragitto in macchina diventa un’esperienza angosciante per tutta la famiglia.

Facciamo un altro esempio. In cucina ci sono tanti attrezzi pericolosi per l’incolumità del bambino ed è per questo che vengono accuratamente predisposti i sistemi di chiusura di ante e cassetti in modo che siano al di fuori della sua portata. Il piccolo, però, vorrebbe toccare e prendere tutto, e non riuscire a raggiungere i suoi oggetti del desiderio lo innervosisce a tal punto da scatenare crisi di rabbia e aggressività, magari prendendo a calci il cassetto, il papà, e rifilando un morso all’ignaro fratellino che passa di lì per caso

Cosa ci insegnano questi episodi?

La prima cosa importante che ogni genitore dovrebbe ricordare è che mai, per nessun motivo, è lecito mettere in pericolo il bambino violando le norme di sicurezza. Questo anche quando la reazione oppositiva di nostro figlio è forte, anche quando il pianto può sembrare inconsolabile. Ogni bambino ha diritto di essere protetto, ed è responsabilità del genitore farlo anche quando è difficile e faticoso, non ci sono scappatoie.

Detto questo, sarebbe interessante chiedersi: «Perché il bambino si ribella?». Nelle situazioni che abbiamo raccontato, probabilmente, avrà avuto le sue buone ragioni per farlo. Nel caso dell’auto, soprattutto se parliamo di un bambino piccolo o neonato, il sentirsi legato, costretto in un seggiolino, soffrire il mal d’auto e volere le braccia di mamma e papà, potrebbero essere tutte motivazioni alla base del disagio espresso. Il genitore dovrà allora cercare di rispondere ai legittimi bisogni del suo bambino, senza però metterlo a rischio neanche per un attimo. Nella pratica questo si traduce nel fermare l’auto quando si è in difficoltà (a costo di allungare i tempi di viaggio), e a quel punto prenderlo in braccio, allattarlo, consolarlo. Se si è in due, un passeggero può sedere dietro, accanto al bambino, per cercare di calmarlo e/o intrattenerlo. Mille diverse strategie come la musica, libri, giochini (evitando l’utilizzo di dispositivi digitali) possono essere utili per un tragitto sereno, tenendo conto che la risposta varia da bambino a bambino e che non abbiamo una soluzione univoca se non quella, buona per la salute di grandi e piccoli, di avere tanta pazienza, ridurre per quanto possibile gli spostamenti in auto e fare lunghe passeggiate.

Nel secondo esempio, in cucina, l’istinto esplorativo del bambino, la curiosità e la voglia di imitare ciò che fanno i grandi utilizzando i “loro attrezzi”, si scontra con il  bisogno di sicurezza. Verrebbe la tentazione di cedere alla richiesta per far felice il piccolo e così placare la sua rabbia. Questo, però, oltre a mettere a rischio il bambino, significherebbe anche comunicargli che quel comportamento, che prima abbiamo vietato, non è realmente pericoloso: «Quell’oggetto adesso si può toccare, il “no” che ti abbiamo detto non era un vero “no”». Insomma, che confusione!

Soddisfare la curiosità e abbassare la frustrazione

Facciamo chiarezza: le misure di protezione non possono essere messe in discussione, le regole devono essere chiare e portate avanti con fermezza educativa e comportamenti coerenti. Possiamo però organizzare la nostra casa e le attività familiari in modo che obblighi e divieti, per un bambino, non siano eccessivi e non ostacolino il suo percorso di crescita e autonomia. Nel nostro caso, predisporre ai piani bassi oggetti di cucina veri ma non pericolosi, cioè adeguati all’età, all’interesse e alle capacità di utilizzo del bambino e con cui il bambino può giocare liberamente, avrebbe soddisfatto la sua naturale curiosità e abbassato la sua frustrazione, consentendogli di accettare più serenamente l’esistenza di altre cose a lui proibite (si veda il box).

Dare ai bambini i giusti spazi e tempi dove fare tutte quelle cose sane e fondamentali per la crescita, come correre, arrampicarsi, fare esperimenti con diversi materiali e tanto altro, ci aiuterà a far rispettare con più serenità le misure di protezione. In una battuta potremmo dire che un bambino che non si è mai potuto arrampicare su un albero prima o poi tenterà la scalata della libreria di casa, con tutte le conseguenze del caso.
Allora, piuttosto che dire: «Non correre!», diciamo al nostro bambino: «Appena arriviamo al parco puoi correre forte e libero senza fermarti, fino a che sei senza fiato, ma mentre attraversiamo la strada camminiamo piano e dammi la manina».

Dalla protezione passiva a quella attiva

Man mano che il nostro bambino cresce possiamo aiutarlo a comprendere il perché di determinate misure di sicurezza rendendolo protagonista e responsabile delle proprie attività:

  • Fin dai primi anni di vita, facciamogli “fare da solo” il più possibile, in tutte le attività quotidiane: sperimentare il vestirsi, lavarsi, mangiare e camminare autonomamente, seppur seguendo le indicazioni genitoriali, lo aiuterà a prendere coscienza di sé e del proprio corpo, delle cose del mondo, dello spazio, e quindi anche del pericolo.
  •  Affidiamogli (gradualmente) dei piccoli incarichi come “custode” della sicurezza, sia a casa sia a scuola.
  • Ricordiamoci che una corretta norma di sicurezza non va mai negoziata con il bambino, e il gioco va fermato senza troppe discussioni se non si svolge correttamente, riportando il bambino alle conseguenze delle proprie azioni (se non metti il casco non puoi utilizzare la bici perchè rischi di farti male).
  • Ricordiamoci che la misura di protezione più potente che possiamo utilizzare è l’esempio. Il bambino farà sempre più attenzione a quello che facciamo piuttosto che a ciò che diciamo. Osserviamo noi per primi le norme di sicurezza, anche quando ci risulta fastidioso, e mostriamo ai nostri figli “come si fa”.

Come usare forbici e coltelli

a cura di Annalisa Perino, pedagogista montessoriana

Un coltello che non taglia, o un piatto di plastica, non insegnano al bambino a essere prudente, anzi, gli mostrano che anche se li usa impropriamente non succede nulla. Il piccolo deve invece imparare a essere attento e cauto, abile a maneggiare oggetti potenzialmente pericolosi, usando oggetti veri e funzionali. Ne abbiamo parlato qui.

Immagine per l'autore: Chiara Borgia
Chiara Borgia

pedagogista, svolge attività privata di consulenza pedagogica nel sostegno alla genitorialità e al percorso di crescita di bambini e adolescenti. Coordina progetti di educazione e accompagnamento alla morte e all’esperienza della perdita, si occupa di famiglie adottive e lavora come formatrice per gli operatori di nidi e scuole dell’infanzia nella provincia di Messina. È stata vicedirettrice di Uppa magazine dal 2018 e dal 2022 ne è diventata direttrice.

Articolo pubblicato il 03/12/2019 e aggiornato il 22/05/2023
Immagine in apertura Orbon Alija / iStock

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