Pedagogia steineriana: cos’è e quali sono i principi educativi?

Uno dei principi cardine della pedagogia steineriana è quello di considerare il bambino a tutto tondo. Ma quali sono le reali differenze con la scuola tradizionale? Quali i pro e i contro di questo approccio educativo?

Rossana Rebellato , pedagogista e counsellor
Bambini in una scuola steineriana

La pedagogia steineriana nasce a cavallo fra il 1800 e il 1900 per opera di Rudolf Steiner, filosofo e ricercatore austriaco. La prima scuola viene fondata nel 1919 a Stoccarda per i figli degli operai della fabbrica di sigarette Waldorf Astoria; proprio da essa prenderanno il nome le successive “scuole Waldorf” diffuse in tutto il mondo, attualmente oltre 1.270 in 80 Paesi, oltre a 1.928 giardini d’infanzia (spiegheremo più avanti cosa sono) in oltre 70 Paesi, con oltre un milione di allievi.

La pedagogia steineriana si contraddistingue per una profonda conoscenza del bambino e dei suoi bisogni, da cui si origina un sistema educativo saldo, attento e rispettoso delle fasi di sviluppo, con un piano di studi che accompagna l’allievo dalla scuola dell’infanzia fino alle superiori.

In questo articolo cercheremo di capire nel dettaglio cos’è la pedagogia steineriana e quali sono le sue caratteristiche principali.

Quali sono i principi della pedagogia steineriana?

Uno dei principi della pedagogia steineriana è quello di considerare il bambino nella sua interezza. Da qui un’educazione armonica che tiene costantemente conto di “testa, cuore e mano”, ovvero di tre elementi essenziali da mantenere in equilibrio tra loro:

  1. Elemento razionale.
  2. Elemento emotivo-relazionale.
  3. Elemento corporeo e relativo all’autonomia.

Proprio su questo equilibrio poggerà la capacità futura del bambino di crescere libero, di avere fiducia in sé stesso e di contribuire alla nostra comunità.

Altro principio fondamentale è il rispetto delle fasi evolutive del bambino, suddivise di sette anni in sette anni. Nella prima fase (0-7 anni) viene offerto “un mondo buono da imitare”. Nei giardini d’infanzia, infatti, gli elementi portanti sono proprio l’imitazione e l’esperienza della vita in comunità. 

Nella seconda fase (7-14 anni) il bambino, poi ragazzo, necessita di “un mondo bello da sperimentare”, ovvero si rapporta con il mondo e con chi lo abita ed è molto importante l’educazione dei sentimenti attraverso l’esperienza del bello. 

Nella terza fase (14-21 anni) viene invece offerto “un mondo vero da conoscere”: gli adolescenti vivono stati d’animo che oscillano tra contrasti e contraddizioni, i ragazzi aspirano all’autonomia e alla libertà ma ancora non hanno conquistato la loro sicurezza interiore, hanno sete di sapere, di trovare risposte agli interrogativi sulla vita e sul mondo, per questo ricercano figure autorevoli e autentiche da prendere come modelli, punti di riferimento.

Tra le caratteristiche della pedagogia steineriana vi è anche la possibilità di modulare l’educazione a seconda del temperamento di ogni singolo bambino o ragazzo. Steiner accomuna i temperamenti ai quattro elementi naturali:

  1. Fuoco per il temperamento collerico.
  2. Acqua per il temperamento flemmatico.
  3. Aria per il temperamento sanguinico.
  4. Terra per il temperamento malinconico.

L’intervento dell’insegnante sarà calibrato proprio a seconda dei diversi temperamenti degli alunni (allo stesso tempo, dovrà armonizzarli per evitare che uno di essi prenda eccessivamente il sopravvento). Questa nuova terminologia serve anche a spogliare il bambino da quelle caratteristiche che solitamente vengono vissute come negative, se non addirittura patologiche: non più aggressivo, bensì collerico; non timido, ma malinconico; non iperattivo, ma sanguinico; non pigro, ma flemmatico. 

Un ultimo aspetto fondamentale riguarda la modalità di apprendimento: la pedagogia steineriana si basa infatti sull’esperienza attiva e sulla comprensione anziché sulla memorizzazione, al fine di stimolare il pensiero critico, utilizza in modo marginale i classici testi scolastici e non ricorre alla lezione frontale. Questo tipo di apprendimento, che coinvolge tutto il corpo, è destinato a fissarsi maggiormente nella memoria rispetto a un apprendimento che punta soltanto sul piano razionale.

Come si applicano i principi della pedagogia steineriana alla scuola?

Al centro delle scelte educative e didattiche della scuola steineriana c’è sempre lo sviluppo del bambino e del ragazzo. Lo stesso vale per le scuole montessoriane, meno invece per la scuola pubblica statale che, pur basandosi su valide linee guida, spesso mette in primo piano altri fattori. 

Questa scelta si rispecchia sul piano di studi che, oltre alle materie tradizionali, offre ampio spazio ad altre discipline, ovvero: arte, musica, lavoro manuale, teatro, euritmia (arte del movimento che mira alla conoscenza di sé e all’armonia con il mondo) e due lingue straniere fin dalla scuola primaria. 

Si tratta di un’educazione a tutto tondo, attraverso cui i bambini e le bambine possono lavorare il legno, il rame e la terra, così come la maglia, l’uncinetto e il cucito, e che consente loro di far fiorire i propri talenti. Questo è un aspetto che, purtroppo, raramente è presente nella scuola tradizionale, in cui la crescita dei bambini è spesso disarmonica, ovvero accelerata sul piano del pensiero e rallentata sul piano emotivo e delle autonomie di base. Nella scuola tradizionale, infatti, vengono messe in primo piano l’intelligenza logico-matematica e quella linguistica a discapito delle altre dimensioni dell’intelligenza (il rischio è che l’alunno meno brillante in queste due aree difficilmente riesca a far emergere i propri talenti).

Altra differenza sostanziale con la scuola tradizionale è che, come già accennato, la pedagogia steineriana pone grande attenzione sulla differenza tra le fasi evolutive. Basti pensare al fatto che Steiner definiva “giardini d’infanzia” i servizi rivolti ai piccoli (così come faceva Maria Montessori quando parlava di “casa dei bambini”), mentre la nostra società prevede già a 3 anni – o anche 2 e mezzo – l’ingresso a “scuola”, termine che subito rimanda all’apprendimento, allo studio e alla didattica. 

La pedagogia steineriana tutela l’infanzia da ogni tentativo di pre-scolarizzazione attraverso strumenti preziosi quali il gioco libero, l’esperienza, la socialità, la fiaba, il canto, la pittura e altre attività manuali (come ad esempio impastare il pane), le passeggiate, eccetera; il tutto in una comunità mista dove i bambini traggono grande vantaggio dalla relazione fra età differenti. L’educazione 0-7 anni salvaguarda in particolare la magia, la meraviglia, la curiosità, la creatività, la fantasia e la volontà del bambino. In questo modo si evita di anticipare le tappe permettendo ai piccoli di arrivare alla scuola primaria assetati di sapere.

Altro elemento fondamentale della pedagogia steineriana è la valutazione della “maturità scolare”, per capire se il bambino sia pronto o meno per la scuola primaria; non è detto, infatti, che a 5 anni e mezzo o 6 lo sia necessariamente. Nella pedagogia steineriana invece la maturità scolare diventa oggetto di un’attenta valutazione e molti bambini nati nella seconda metà dell’anno rimangono in asilo a vivere una meravigliosa esperienza battezzata come “anno del re”, che permette loro di entrare a scuola una volta compiuti i 7 anni. Ciò avviene anche in altri sistemi scolastici, ad esempio quello svedese, mentre nella scuola italiana l’età d’ingresso è stata addirittura abbassata nel 2004 a 5 anni e mezzo.

L’insegnante, come detto, modula il proprio lavoro sul temperamento di ogni bambino – quindi sulle sue caratteristiche e sui suoi bisogni specifici – divenendo così una figura di riferimento significativa nel processo di crescita. Un esempio di ciò avviene quotidianamente all’entrata e all’uscita di scuola, quando ogni bambino/ragazzo viene salutato dall’insegnante con una stretta di mano: non c’è solo l’apprendimento, ma la crescita del bambino a tutto tondo, compresi gli aspetti caratteriali, emotivi e relazionali.

Così come avviene nella pedagogia montessoriana, grande spazio viene riservato al “fare”, lasciando i libri di testo in secondo piano: al pari dei materiali montessoriani, troviamo i “quaderni d’epoca” steineriani, sui quali i bambini scrivono i contenuti principali delle materie fondamentali. Nonostante la superiorità dell’apprendimento basato sull’esperienza sia da tempo riconosciuta e dimostrata anche dagli studi neuroscientifici, la scuola tradizionale è tuttora molto ancorata a un apprendimento di tipo mnemonico, che privilegia la ripetizione anziché la comprensione e il pensiero critico e che si avvale della lezione frontale e dei manuali didattici.

Nella scuola steineriana anche l’orario scolastico è suddiviso in base alle esigenze di apprendimento dei bambini: la prima parte della mattinata, in cui la mente è più riposata e ricettiva, è riservata alle materie tradizionali (Italiano, Matematica, Storia, Geografia…), mentre la seconda parte e il post pranzo sono invece dedicate alle attività artistiche e pratiche. Nella scuola pubblica, invece, l’orario viene scelto prevalentemente in base alle disponibilità degli insegnanti e ai loro incastri.

Se volessimo riassumere i principi cardine della scuola steineriana (assieme a quella montessoriana), troviamo:

  • lo sviluppo dell’autonomia del bambino;
  • la grande attenzione all’ambiente;
  • l’apprendimento basato sull’esperienza;
  • l’approfondita formazione pedagogica degli insegnanti.

Pro e contro di una scuola con pedagogia steineriana

Uno dei grandi vantaggi della scuola steineriana riguarda le figure degli insegnanti. Essi infatti si formano su un percorso pedagogico approfondito, dedicano un ampio spazio settimanale alla riflessione e alla formazione continua e rappresentano dei punti di riferimento solidi, autorevoli, capaci di coniugare la fermezza delle regole con la relazione affettiva. Garantiscono, inoltre, continuità ai percorsi (spesso seguono la classe per tutto il ciclo della primaria e della secondaria di primo grado), aspetto che più raramente si incontra nella scuola tradizionale, vista la precarietà del personale, ma decisivo per l’instaurarsi di buone relazioni educative.

Da non sottovalutare, inoltre, i preziosi processi che nascono nella sana vita di comunità delle scuole Waldorf, dove i piccoli possono ammirare lo svolgersi di attività “da grandi” e i più grandi vivere relazioni di accudimento e guida verso i più piccoli. 

Un altro valore aggiunto riguarda la partecipazione dei genitori alla vita scolastica, generalmente molto elevata, sia sul piano pratico (autofinanziamento, pulizie, manutenzione…) sia su quello teorico, con la proposta di molte conferenze formative e riunioni di classe mensili. Anche i momenti aggregativi (feste, recite, gite…), così come il dialogo e il confronto, sono molto frequenti e non fanno che accrescere la grande alleanza tra genitori e insegnanti.

Altro aspetto positivo riguarda la bellezza e la cura degli ambienti: puliti, adeguati alle fasi di crescita, accoglienti, arredati con materiali naturali e piante, quadri, librerie e mobili spesso frutto di artigianato interno alla scuola. Anche gli ambienti esterni sono valorizzati con orti, piante, fiori, sabbiere, giardini in cui affaccendarsi… A ciò si aggiunge anche l’attenzione all’aspetto alimentare, sia sul piano della scelta del menù e degli alimenti, sia sotto l’aspetto educativo.

Altro punto di forza è costituito dall’assenza di voti e pagelle almeno per il ciclo della primaria, sostituiti da ritratti che considerano l’alunno in tutte le sue sfaccettature. Non dimentichiamo, infatti, che l’elemento del giudizio scolastico non fa che incrementare nei bambini e nei ragazzi la competizione e la comparsa di stati d’ansia, quindi ridurlo favorisce senz’altro il benessere emotivo.

Un’ultima fondamentale risorsa riguarda il tema dell’inclusione: la figura dell’insegnante di sostegno diventa realmente un maestro di classe, ha una formazione specifica nella “pedagogia curativa” e segue la classe con continuità. La pedagogia curativa si realizza attraverso forme e percorsi differenti: grande importanza viene data alle attività laboratoriali o in piccolo gruppo (aspetti didattici, pittura, disegno di forme, modellaggio, euritmia, lavoro manuale, preparazione del pane, orticoltura, giochi per la coordinazione motoria….); queste attività possono essere rivolte all’intera classe o, in alcuni momenti e per diverse necessità, svolgersi in una relazione individuale o a piccoli gruppi.

Ma quali sono gli svantaggi di una scuola steineriana? Alcune criticità sono senz’altro riscontrabili nel passaggio dai principi alla loro applicazione nelle singole realtà, che sono composte da persone – amministratori, maestri, genitori e alunni – con i loro limiti e talvolta in difficoltà nel mediare i principi della pedagogia steineriana con le istanze provenienti dall’esterno, da una società che predilige logiche economiche e individualiste. 

Un limite, poi, è la ridotta accessibilità legata all’aspetto economico (non sono ancora presenti sperimentazioni all’interno della scuola pubblica, come invece avviene per il metodo montessori) e geografico, poiché le scuole sono ancora poche e non uniformemente distribuite nel territorio italiano. Il mancato riconoscimento nel circuito pubblico comporta anche il fatto che gli esami che concludono i cicli delle superiori debbano essere svolti presso scuole statali, così pure chi decide di uscire da una scuola Waldorf e iscriversi alla scuola pubblica deve sostenere l’esame di ammissione.

Talvolta genitori e figli possono vivere situazioni di vita molto diverse fra il mondo interno alla scuola e quello esterno, col rischio di ritrovarsi confusi e disorientati. Lo stesso può accadere al bambino/ragazzo che passa da una scuola steineriana a un istituto statale, soprattutto se nella scuola di partenza il pensiero di Steiner viene incarnato in modo rigido, senza un’apertura alla realtà sociale.

Altro limite riguarda il fatto che la pedagogia steineriana è spesso legata a un linguaggio specifico e talvolta ostico per la collettività. Gli insegnanti stessi sono poco inclini a portarla all’esterno e le realtà scolastiche spesso sono impermeabili ai contributi che arrivano da fuori. Il risultato è la scarsa diffusione del pensiero e dei principi al di fuori delle scuole Waldorf, con la difficoltà da parte di chi desidera avvicinarsi al pensiero steineriano di trovare materiale teorico di facile comprensione.
Per concludere, la pedagogia steineriana, al di là delle singole applicazioni più o meno aperte e flessibili, offre un’educazione attenta, premurosa, armonica e rispettosa, che abbraccia il domani, permettendo davvero ai bambini di vivere l’esperienza scolastica con gioia, di far fruttare i loro talenti e di fiorire in tutto il loro splendore.

Bibliografia
  • Chiantelli G., Steiner. L’educazione dei figli, Oscar Mondadori, Cles 2010.
  • Marthisen A. (a cura di), Come sviluppare tutti i talenti del bambino, Red Edizioni, Milano 2003.
  • Von Heydebrand C., L’essere animico del bambino, Fior di Pesco Edizioni 2006.
Articolo pubblicato il 11/01/2023 e aggiornato il 27/01/2023
Immagine in apertura kali9 / iStock

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