Comportamenti o “problemi” adolescenziali?

Più che di adolescenti “problematici” è più giusto parlare di situazioni in cui la crescita del ragazzo o della ragazza incontra ostacoli, a volte anche gravi. Gli adulti di riferimento giocano un ruolo fondamentale in questo, ma non è sempre facile entrare in connessione con i giovani

Raffaele Mantegazza , pedagogista

Spesso, quando si parla di adolescenza, si associa a questa parola il termine “problemi”. In realtà più che parlare di problemi dell’adolescenza sarebbe più giusto parlare di “comportamenti” tipici dell’adolescenza, terminologia di gran lunga meno giudicante.

Avere un figlio o una figlia che sta attraversando la fase adolescenziale può effettivamente causare quelli che un genitore può percepire come problemi quando invece si tratta di fasi della vita assolutamente normali, che possono spiazzare l’adulto ma che non devono suscitare eccessive preoccupazioni e soprattutto non devono essere affrontate con ansia.

Comportamenti o problemi dell’adolescenza? 

È vero che l’adolescente ha un problema centrale e fondamentale: quello di avere a che fare con il suo corpo che sta rapidamente cambiando; anzi, più esattamente con parti del suo corpo, legate alla sessualità, che sembrano improvvisamente aver “messo l’acceleratore”. Questa spesso è la causa della tenera goffaggine con cui molti ragazzi e molte ragazze si muovono in questa fase della loro vita, e ciò è dovuto al fatto che l’armonia con cui il loro corpo è cresciuto durante l’infanzia ha lasciato il posto a cambiamenti non sincronizzati. L’adolescente si trova dunque a dover fare i conti con parti del suo corpo che sono “più adulte” rispetto ad altre che invece sembrano maturare con ritmi diversi, e questo lo condiziona nel modo in cui cammina, nei movimenti quotidiani, nei ritmi della vita.

«La scoperta della sessualità rientra nell’elenco dei problemi adolescenziali…» è un concetto che si sente ripetere spesso. Certamente la scoperta della sessualità, in questa fase, spesso avviene sotto il segno dell’inadeguatezza, della paura di non essere all’altezza, del desiderio di diventare grandi che convive con la voglia di restare nel nido dell’infanzia. E questo elastico tra infanzia ed età adulta è proprio una delle caratteristiche più spiazzanti degli adolescenti: «Un giorno vuole le chiavi di casa, il giorno dopo chiede le coccole!» è una manifestazione tipica e assolutamente normale a quest’età, e in quanto tale deve essere accolta. Così come è assolutamente fisiologico che i ragazzi e le ragazze facciano una specie di tira e molla tra il rispetto delle regole e la loro trasgressione. Occorre sempre ricordare che per l’adolescente il mondo adulto è un campo da sperimentare che incute paura ma suscita anche desideri profondi.

Per tutto questo occorre tempo: i ragazzi e le ragazze vivono un tempo rallentato, diverso sia dalle lunghissime giornate dell’infanzia sia da quella che purtroppo, molto spesso, è la frenesia degli adulti. Un ragazzo o una ragazza che passa l’intero pomeriggio sul divano a fare quello che per gli adulti è oziare sta invece vivendo un’esperienza fondamentale della sua età, un tempo sospeso nel quale deve riflettere su quello che sta accadendo al suo corpo e alla sua identità, e deve poterlo fare senza eccessive pressioni. Spesso invece, purtroppo, proprio gli adolescenti sono immersi in attività eccessive, che riempiono le loro giornate senza lasciare quei tempi di riflessione o anche solo di sana solitudine di cui avrebbero molto bisogno. Occorrerebbe piuttosto proporre ai ragazzi e alle ragazze poche iniziative e pochi impegni, permettendo loro di scegliere ciò che più sentono vicino alle loro sensibilità; questo dovrebbe valere anche per la scuola, che spesso si affanna a macinare argomenti su argomenti e verifiche su verifiche, spesso senza riuscire a intercettare i cambiamenti che i ragazzi stanno attraversando.

Come affrontare i comportamenti dell’adolescenza?

Indubbiamente, avere a che fare con gli adolescenti non è sempre facile per gli adulti, anche perché questo rapporto mette sempre in campo i ricordi della propria gioventù. E dunque, come affrontare i problemi dell’adolescenza (reali o meno che siano)? Cosa fare di fronte ai comportamenti non sempre di facile lettura dei ragazzi?

Come abbiamo detto all’inizio, innanzitutto bisogna evitare di considerarli problemi. Se un ragazzo sta vivendo una fase fisiologica della vita ma sente che i suoi comportamenti sono sempre considerati problematici, non riuscirà a capire quale può essere la strada migliore per diventare grande e si chiuderà in sé stesso, impaurito rispetto all’avventura della crescita. Rischia cioè di sentirsi egli stesso un “problema” e di vergognarsi di quelli che invece sono passaggi necessari. I giovani continuano a chiedere agli adulti di non essere giudicati, e si tratta di una richiesta assolutamente sana e giusta. Un conto è proporre ai ragazzi e alle ragazza un modello di adulto (da mostrare però attraverso l’esempio e non solo a parole!), altro invece è continuare a giudicare negativamente i ragazzi facendoli sempre sentire inadeguati. 

Occorre dunque moltissima pazienza da parte dell’adulto, poiché ogni ragazzo o ragazza sta cercando la sua normalità, la sua strada per crescere, che è diversa da quella di qualsiasi altro soggetto. Non c’è un “adolescente tipo” ma ci sono le storie dei singoli ragazzi e delle singole ragazze che hanno bisogno di adulti in grado di offrire ascolto e comprensione. Occorre mettersi in dialogo con loro, ascoltando le loro parole e le loro esigenze ma soprattutto i loro silenzi, perché anche chiudersi rispetto all’adulto è un modo di comunicare. Spesso, infatti, ragazzi e ragazze comunicano anche attraverso la chiusura della porta della propria cameretta o rispondendo con apparente distacco alle domande dei genitori («Come va?»… «Va tutto bene»…). Non si tratta di risposte elusive, ma di un modo tipicamente adolescenziale di mantenere i contatti con l’adulto. L’assoluto diritto alla privacy dei ragazzi e delle ragazze per quanto riguarda la loro intimità fisica deve essere esteso anche alle emozioni e ai sentimenti: è l’adolescente che deve poter scegliere quanto e come aprirsi all’adulto, sapendo di trovare ascolto e non giudizio, disponibilità e non invasività.

Quando preoccuparsi?

Ovviamente ci sono adolescenti cosiddetti “problematici” (anche se questo termine andrebbe abolito), o per meglio dire situazioni in cui la crescita del ragazzo o della ragazza incontra ostacoli, a volte anche gravi. L’adulto deve essere sempre attento a cogliere i segnali di queste situazioni, senza spaventarsi ma anche senza sottovalutarli.

Un adolescente che chiude i rapporti con gli amici e che si ritira socialmente – anche arrivando al punto di non voler andare a scuola per un certo periodo – va capito e seguito con tenerezza e amore, non va forzato alla socialità ma piuttosto aiutato: occorre capire cosa lo spaventa nel rapporto con gli altri e fargli comprendere quali lati positivi del suo carattere e della sua fisicità possono essere apprezzati dal resto del mondo. In generale, i ragazzi e le ragazze avrebbero bisogno di maggiori segnali positivi e realistici al tempo stesso. Dire a un ragazzo «Non sai fare niente» o fargli credere di poter fare tutto – anche ciò che va oltre i suoi limiti – sono due messaggi opposti ma altrettanto nocivi. Ai ragazzi vanno sempre restituiti i lati positivi del loro carattere o i risultati apprezzabili dei loro sforzi, sempre però mantenendo il tutto su un terreno di realtà. «L’hai fatto, dunque sei capace di farlo» è una frase che ogni ragazzo avrebbe diritto di sentirsi dire, e se gli adulti fossero maggiormente concentrati a individuare i dati reali di successo dei propri figli invece che continuare a criticarli o a esaltarne acriticamente qualità non esistenti, i ragazzi guadagnerebbero in equilibrio e autostima.

Uno dei segnali più forti del disagio di un adolescente è quello che viene manifestato attraverso il suo corpo; pensiamo ai disturbi alimentari (anoressia, bulimia), all’autolesionismo, al tentato suicidio, alla dipendenza da sostanze. In questo caso occorre ovviamente un aiuto specialistico ma sarebbe sbagliato delegare tutto allo psicologo o al neuropsichiatra, perché anche in situazioni così problematiche il ruolo del genitore è fondamentale. È necessario capire quali possono essere i cambiamenti da introdurre nel proprio comportamento, senza sensi di colpa ma capendo, in un continuo ascolto e dialogo con il ragazzo o la ragazza, quali possono essere i codici di accesso al suo cuore e ai suoi sentimenti. Tutto questo necessita di un dialogo tra tutti gli adulti che si occupano dell’adolescente (genitori, insegnanti, allenatori, capi scout, catechisti…), per capire insieme quali segnali l’adolescente sta inviando al mondo adulto e quali risposte condivise sono possibili.

In generale occorre ricordare che l’adolescenza non è un’età della vita che, rispetto alle altre, è chiusa come un compartimento stagno: l’infanzia e l’età adulta, cioè il “prima” e il “dopo”, sono da considerare in continuità con gli anni adolescenziali. Un bambino che vive serenamente, circondato da genitori amorevoli, potrà diventare un adolescente che ricorda con gioia la sua infanzia ma che al contempo ha grande voglia di arrivare alla prossima tappa del suo sviluppo.

Articolo pubblicato il 15/06/2023 e aggiornato il 03/11/2023
Immagine in apertura Vichai Phububphapan / iStock

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