Oggi vi parliamo della Scala di Bristol e delle “bandierine rosse” che devono metterci in allarme di fronte a un cambiamento dell’alvo del bambino/a. In particolare, cerchiamo di capire quali sono le situazioni che devono farci allarmare e quali, invece, no.
La Scala delle feci di Bristol è uno strumento di semplice impiego, applicabile a tutte le età, compresa la pediatrica, che risulta molto utile. Si tratta di uno strumento che permette di rendere oggettiva e univoca la classificazione delle feci. In questo modo sarà più facile rendersi conto di eventuali campanelli di allarme per patologie gastroenteriche e per la diagnosi e gestione della terapia della stipsi , ma anche per comunicare con il pediatra in modo chiaro e semplice.
Avete mai sentito parlare della “Scala di Bristol”? Immaginate che il vostro bimbo si sveglia dolorante, indica la pancia, va in bagno e le feci non sono le stesse di sempre: la cacca vi sembra alterata per consistenza, forma e colore. Dovete preoccuparvi? Non ne avete idea, quindi prendete il telefono e chiamate il vostro pediatra di fiducia per avere un confronto. Come comunicare esattamente come è fatta questa cacca? Non è liquida, non è solida, non ha la forma di sempre e peraltro ha cambiato caratteristiche nel corso delle ultime evacuazioni (sono tutte diverse tra loro).
Proprio in queste situazioni ci viene in aiuto la Scala di Bristol, una proposta visuale che si basa sull’ausilio di immagini stilizzate delle feci associate a un grading numerico crescente. La Scala di Bristol è uno strumento che rende oggettivabile e univoca la classificazione della consistenza della massa fecale. In sostanza potrete definire chiaramente le caratteristiche delle feci nel momento in cui richiedete un consulto indicando il numero corrispondente all’immagine che più si avvicina all’evacuazione del bimbo o della bimba e attuare un monitoraggio condiviso in modo obiettivo nei giorni in cui persiste il malessere.
La scala di Bristol, deve il nome all’Università di Medicina di Bristol in cui muove i primi passi grazie al lavoro di due medici inglesi, Ken Heaton e Stephen Lewis. La definizione di Scala di Bristol o “Bristol Stool Chart” viene proposta per la prima volta nel 1997: è uno strumento diagnostico per la classificazione delle feci in sette livelli che vanno dalla forma solida alla diarrea acquosa. Inizialmente impiegata in ambito clinico e sperimentale per la gestione dei disturbi dell’alvo dell’adulto, ha trovato nel tempo ampio impiego anche in ambito pediatrico e oggi è un ausilio fondamentale nella gestione dei pazienti affetti da patologie acute e croniche del sistema gastroenterico e per la diagnosi e gestione della terapia della frequentissima “stipsi funzionale” che spesso colpisce i nostri bimbi.
Perché si usa la scala di Bristol? Questa viene utilizzata per rende più precisa la gestione e la diagnosi del paziente con un disturbo dell’alvo sia per la valutazione quotidiana del bambino con patologia intestinale cronica/ricorrente (in un diario delle evacuazioni), sia per la presa in carico dei bimbi che manifestino sintomi acuti e transitori.
La scala di Bristol distingue sette tipi di feci in base a forma e consistenza. Nello specifico identifica come tipo 1 le feci caprine, costituite da grumi di aumentata consistenza che spesso il bambino ha difficoltà a evacuare perché prova dolore nell’espulsione. Al tipo 2 appartengono feci composte da sfere unite tra loro a formare cordoni. Sono già simili alla forma normale le feci che appartengono al tipo 3, a forma di salame ma di aumentata consistenza (come si evince dalla presenza di crepe sulla loro superficie).
Esattamente a metà e corrispondente alla norma è il tipo 4: sono semplici da evacuare, hanno una consistenza morbida, non presentano crepe in superficie e hanno una forma a salame o serpente. I tipi dal 5 al 7 sono caratterizzati dalla progressiva riduzione di consistenza e forma. Se nel tipo 5 il “serpente” morbido e liscio comincia a frammentarsi in più pezzettini ben identificabili tra loro (potremmo “contarli”), descriveremo come tipo 6 il quadro in cui i pezzetti diventano numerosi, frastagliati e informi. Infine, nel tipo 7 non è riconoscibile alcun frammento: le feci sono acquose e non presentano nessuna componente solida.
Riassumendo, le caratteristiche chiave della Scala di Bristol sono le seguenti:
Ora sappiamo descrivere in modo oggettivo le feci e attribuire un codice che faccia immediatamente capire al nostro curante di cosa stiamo parlando.
Ma quando preoccuparsi? Quali sono gli elementi che ci mettono paura rispetto a un cambiamento della cacca dei bambini? Dobbiamo controllare 3 campanelli di allarme: colore, forma e frequenza.
Uno degli aspetti importanti che immediatamente notiamo quando osserviamo le feci è il colore. Il colore della cacca dei bambini cambia in base alla loro alimentazione e a molti fattori, sia fisiologici che patologici, ma i veri campanelli di allarme riguardo la colorazione delle feci sono 3:
Se riprendiamo la tematica della forma della cacca dei bambini, guardando la nostra ormai familiare Scala di Bristol, ci preoccuperemo nel caso degli estremi: i tipi 1, 2, 6 e 7.
I primi due tipi indicano infatti un grado più o meno grave di stitichezza, spesso nel bambino connessa all’atteggiamento ritentivo (rimandano l’evacuazione) o alla scarsa idratazione, o a un’alimentazione povera di fibre. Per il bambino è importante essere tempestivi nella diagnosi e nella terapia in quanto l’evacuazione di feci dure costituisce un evento doloroso ed “evitabile” (tenteranno di rimandare il più possibile se hanno sofferto nel fare la cacca) e questa condotta da parte del bambino innesca un circolo vizioso che aumenta ulteriormente la consistenza delle feci e il dolore nel tentativo di defecare.
Nella maggior parte dei casi la causa non è da addebitare a una patologia organica e si parla di “stipsi funzionale”, il vostro pediatra vi aiuterà a migliorare gli apporti di acqua e fibre e supporterà almeno la prima fase della gestione con dei farmaci che aiutano ad ammorbidire le feci per ridurre il dolore connesso all’evacuazione e ripristinare la corretta abitudine e routine all’eliminazione delle feci.
Esistono purtroppo dei casi in cui la stipsi può essere associata a una patologia di base. Tra le bandierine rosse di cui terrà conto il vostro curante campeggiano la nota anamnestica (il racconto dopo la nascita) di una ritardata emissione del meconio (ha fatto tardi e magari con difficoltà la “prima cacca”), la presenza di anomalie anatomiche del distretto urogenitale (in particolare per quel che riguarda i bimbi che manifestano stipsi già nei primi mesi di vita) e l’emissione di feci nastriformi (feci che non hanno la forma del serpente o della salsiccia ma che sembrano dei nastri schiacciati).
Il tipo 3 si avvicina a una condizione ideale, il tipo 4 indica le feci considerate normali, facili da espellere e seguite da senso di svuotamento completo dell’intestino.
Se il tipo 5 può essere parte di una routine normale, il sesto è già indicativo di un alvo tendente alla diarrea e il settimo è francamente diarroico. Anche in questo caso più frequentemente si tratta di disturbi transitori, spesso causati dal contagio di agenti infettanti, quasi sempre virus, che causano un’enterite. L’unica terapia in questi casi è l’idratazione del bambino, per reintegrare le perdite; la reidratazione può essere fatta per bocca con le soluzioni reidratanti o per endovena se fallisce il tentativo di reidratazione per bocca. La rialimentazione, se il bambino mostra appetito, deve essere rapida. rapida.
Un altro parametro, oltre a colore e consistenza, di cui dobbiamo tenere conto è il numero di evacuazioni.
Parleremo di diarrea se il numero è maggiore rispetto a quello abituale e la consistenza secondo la Scala delle feci di Bristol è acquosa (tipo 6-7). Un bambino si può invece definire stitico quando si libera con fatica e dolore, avverte di essersi svuotato in modo incompleto o le feci sono dure, asciutte, o caprine (tipo 1 o 2 secondo la scala di Bristol).
La defecazione è un atto fisiologico che può subire delle variazioni che nella maggior parte dei casi sono transitorie e benigne, non lasciano alcuna traccia o disturbi nel tempo, e che spesso anche quando persistono risultano totalmente reversibili se si attuano uno stile di vita adeguato e una corretta terapia.