Marta e Luca sono i genitori di Flavia, 11 anni. Dopo alcuni foruncoli ricorrenti sulla pelle, la pediatra parla di “stafilococco”. La parola li spaventa: è contagioso? È grave? E, soprattutto, si può curare?
Lo stafilococco è un batterio molto comune, spesso innocuo, che vive normalmente sulla nostra pelle e nelle mucose. Solo in alcune circostanze può diventare causa di infezione. Conoscerlo meglio aiuta a ridurre paure infondate e a gestire correttamente le situazioni in cui serve davvero un trattamento.
Gli stafilococchi sono batteri Gram-positivi di forma tondeggiante, disposti a grappolo (da cui il nome, dal greco staphyle, “uva”). Ne esistono molte specie, alcune delle quali convivono pacificamente con noi: si parla in questo caso di batteri saprofitici, cioè normalmente presenti sulla cute, nelle narici o nel tratto intestinale, senza provocare malattia.
La specie più conosciuta e clinicamente rilevante è lo Staphylococcus aureus, detto anche stafilococco aureo, un batterio coagulasi positivo, capace cioè di produrre un enzima che lo distingue da altre specie meno aggressive. Accanto a lui esistono numerosi stafilococchi coagulasi negativi come S. epidermidis, S. hominis, S. capitis, S. warneri e S. lugdunensis: per lo più innocui, ma in grado in rari casi di causare infezioni, soprattutto in presenza di dispositivi medici o condizioni di fragilità.
Va chiarito che lo stafilococco è un batterio diverso rispetto allo streptococco o allo pneumococco (Streptococcus pneumoniae), responsabile invece di polmoniti e otiti: si tratta di batteri diversi, anche se entrambi Gram-positivi.
Le infezioni da stafilococco possono interessare diversi organi e tessuti, ma nel bambino le più comuni sono quelle cutanee.
Nel complesso, i sintomi variano da lievi lesioni cutanee a infezioni più profonde, ma nella maggior parte dei casi si risolvono con terapia mirata e senza complicazioni.
Lo Staphylococcus epidermidis è uno dei batteri più comuni della flora cutanea: vive normalmente sulla pelle e di solito è innocuo. Appartiene al gruppo degli stafilococchi coagulasi-negativi, quindi è meno aggressivo dello Staphylococcus aureus, ma può diventare patogeno in alcune circostanze.
Quando le difese sono ridotte o sono presenti dispositivi medici come cateteri, protesi o shunt, può causare infezioni opportunistiche (ovvero infezioni causate da batteri, virus, funghi o protozoi in soggetti con sistema immunitario compromesso; gli stessi patogeni, in condizioni immunitarie normali, non causano malattia), soprattutto in ambiente ospedaliero. In questi casi il batterio forma una biopellicola che lo protegge dagli antibiotici e dal sistema immunitario.
Nei neonati e nei bambini ospedalizzati, lo S. epidermidis può provocare infezioni da catetere o, più raramente, sepsi (condizione acuta dovuta a una risposta infiammatoria eccessiva dell’intero organismo nei confronti di un’infezione). Nei bambini sani, invece, raramente causa problemi.
Il trattamento prevede la rimozione del dispositivo infetto e l’uso di antibiotici mirati.
In sintesi, si tratta di un microbo abituale della pelle che solo in condizioni particolari può trasformarsi in un patogeno.
Durante la gravidanza, lo Staphylococcus aureus può essere presente sulla pelle o nelle mucose (soprattutto di naso e gola) senza dare sintomi: si parla in questo caso di portatori sani. Nella maggior parte dei casi non comporta rischi, ma in alcune situazioni può causare infezioni cutanee, mastiti o, più raramente, infezioni sistemiche, che devono essere trattate con antibiotici compatibili con la gravidanza.
Nei neonati e nei bambini piccoli, lo stafilococco può invece provocare manifestazioni più varie. Le più comuni sono le infezioni cutanee, come l’impetigine, la follicolite o la dermatite da stafilococco. In casi più gravi, soprattutto nei neonati, può causare la sindrome della cute ustionata da stafilococco (staphylococcal scalded skin syndrome), caratterizzata da febbre, arrossamento e distacco della pelle.
In presenza di febbre persistente, lesioni cutanee estese o segni di infezione profonda, è importante rivolgersi tempestivamente al pediatra per impostare una diagnosi corretta e avviare un trattamento adeguato.
Lo stafilococco è un batterio molto diffuso nell’ambiente e può trovarsi su pelle, mucose nasali e gola di molte persone sane, senza causare malattia. La trasmissione avviene principalmente per contatto diretto con lesioni cutanee infette o, più raramente, attraverso oggetti contaminati come asciugamani, lenzuola o strumenti medici.
Per questo motivo lo stafilococco è considerato moderatamente contagioso, soprattutto in comunità chiuse (scuole, palestre, reparti ospedalieri). Tuttavia, la semplice presenza del batterio non basta a provocare un’infezione: servono anche condizioni predisponenti, come piccole ferite, cute irritata o un sistema immunitario indebolito.
Lo Staphylococcus aureus, in particolare, può colonizzare il naso e la gola, diventando una possibile sorgente di autoinfezione: toccandosi il viso o il naso e poi la pelle, il batterio può passare da un punto all’altro del corpo.
Una buona igiene delle mani e l’uso di oggetti personali non condivisi restano le misure più efficaci per prevenire la diffusione del batterio.
La diagnosi di infezione da stafilococco si basa sempre sulla valutazione clinica – tipo di lesione, sintomi e sede dell’infezione – associate, se necessario, a esami microbiologici mirati.
Il test più comune è il tampone, che può essere cutaneo, nasale o faringeo, a seconda dei sintomi. In presenza di lesioni della pelle, il tampone cutaneo permette di identificare il batterio responsabile e valutarne la sensibilità agli antibiotici tramite antibiogramma.
Nel caso di infezioni più profonde (come osteomielite, artrite settica o sepsi), possono essere necessari esami del sangue, urine o liquidi biologici per isolare il microrganismo.
È importante ricordare che essere portatori di stafilococco, ad esempio nel naso o sulla pelle, non significa essere malati: la terapia va riservata solo ai casi in cui il batterio causa sintomi o infezione attiva.
Il trattamento dell’infezione da stafilococco dipende dal tipo di infezione, dalla sede e dalle condizioni del paziente.
Nelle forme cutanee lievi, come piccole follicoliti o impetigine, è spesso sufficiente una terapia topica con disinfettanti o antibiotici locali (per esempio a base di mupirocina), sempre su indicazione medica.
Le infezioni più estese o profonde richiedono invece antibiotici per via orale o endovenosa. La scelta del farmaco si basa sull’antibiogramma (test che determina la sensibilità di un microrganismo a diversi antibiotici e che aiuta a scegliere la terapia più efficace), poiché alcune varianti – come lo stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA) – non rispondono ai comuni antibiotici β-lattamici.
Alcuni rimedi naturali possono avere un ruolo di supporto alle infezioni cutanee lievi: ad esempio bagni o lavaggi con soluzione salina, creme a base di aloe vera o altri prodotti lenitivi che aiutano a ridurre l’infiammazione e favorire la guarigione della pelle. Non sostituiscono gli antibiotici e vanno sempre usati sotto controllo medico.
La prevenzione delle infezioni da stafilococco si basa soprattutto su buone pratiche igieniche e sull’attenzione ai fattori di rischio.
Le principali misure includono:
Nei neonati e nei bambini ospedalizzati, è particolarmente importante seguire protocolli di igiene del personale e dell’ambiente per prevenire infezioni da stafilococco aureo o altri stafilococchi coagulasi-negativi.
Con queste semplici attenzioni è possibile ridurre significativamente il rischio di infezioni, proteggendo la salute dei bambini senza ricorrere a trattamenti antibiotici preventivi, che non sono indicati in assenza di infezione attiva.
Nella maggior parte dei bambini sani, le infezioni da stafilococco sono lievi e localizzate, come piccole lesioni cutanee o follicoliti. Tuttavia, in alcuni casi il batterio può causare complicanze più serie, soprattutto se non trattato correttamente o se colpisce bambini con difese immunitarie ridotte.
Tra le possibili conseguenze troviamo:
Queste complicanze, pur rare, sottolineano l’importanza di diagnosi tempestiva e trattamento appropriato per evitare che una semplice infezione cutanea evolva in una condizione più grave.
La proteina A è una delle caratteristiche più studiate dello Staphylococcus aureus. Si tratta di una molecola che il batterio produce per proteggersi dal sistema immunitario: si lega agli anticorpi in modo da rendere più difficile al corpo riconoscerlo e attaccarlo. Grazie a questa strategia, il batterio può perdurare più a lungo nell’organismo e causare infezioni più persistenti.
Studi recenti hanno anche evidenziato che la proteina A contribuisce alla formazione di biofilm, cioè strutture adesive che permettono al batterio di attaccarsi saldamente a pelle, mucose o dispositivi medici. Queste biopellicole rendono le infezioni più difficili da trattare e aumentano il rischio di recidive.
Comprendere il ruolo della proteina A è importante perché permette ai ricercatori di sviluppare nuovi farmaci e vaccini mirati a neutralizzare questo meccanismo di difesa del batterio, aprendo la strada a terapie più efficaci contro le infezioni da S. aureus.
In conclusione, conoscere lo stafilococco e i suoi meccanismi di difesa, come la proteina A, aiuta a prevenire, riconoscere e trattare tempestivamente le infezioni. Con igiene, attenzione e cure appropriate, la maggior parte delle infezioni nei bambini può essere gestita efficacemente, riducendo rischi e complicanze.
Pediatra, nel 2024 ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Immunologia, Medicina Molecolare e Biotecnologie Applicate presso l’Università di Roma Tor Vergata. Attualmente lavora come Clinical Research Fellow presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dove svolge attività clinica presso il Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico e attività di ricerca presso i laboratori dell’Unità di Terapia Cellulare e Genica delle Malattie Ematologiche.