Amniocentesi: dai rischi alle alternative

È un esame diagnostico invasivo e non obbligatorio che in genere viene eseguito nel secondo trimestre di gravidanza ed è consigliato in presenza di alcuni fattori di rischio. Scopriamo quali

Martina Sarti , ostetrica
Momento del prelievo transaddominale durante l'amniocentesi

L’amniocentesi è un esame diagnostico invasivo non obbligatorio che si può eseguire nel secondo trimestre di gravidanza; più nel dettaglio, le evidenze scientifiche indicano che il periodo più utile per fare l’amniocentesi va dalla 15^ settimana di gravidanza fino alla 20^ circa.

Non si tratta di un test obbligatorio: l’amniocentesi in gravidanza viene infatti proposta ed eseguita, previo consenso informato della donna e della coppia, solo in alcune situazioni o casi specifici. Vediamo meglio quali.

Cos’è e come funziona l’amniocentesi

Laura, alla sua seconda gravidanza, ha appena superato il primo trimestre e pochi giorni fa ha ricevuto il risultato del bitest, che ha dato esiti buoni. Durante una visita di controllo mi racconta di un incontro con alcune amiche che le hanno parlato dell’amniocentesi, esame che, nel corso della sua precedente gestazione, non aveva preso in considerazione. 

La sua domanda arriva diretta: «Esattamente, cos’è l’amniocentesi? Come si esegue?».
Le spiego che, a differenza dei test di screening prenatali (come appunto il bitest), che non sono né invasivi e né diagnostici (il risultato di “rischio” che si ottiene, alto o basso che sia, offre solo un’indicazione di probabilità), l’amniocentesi è un esame invasivo e diagnostico (offre una diagnosi certa in merito alle patologie prese in esame).

Per capire meglio come funziona l’amniocentesi è importante innanzitutto sapere che consiste in un prelievo di liquido amniotico. Tale prelievo è effettuato mediante un ago, raccordato a un’apposita siringa, che viene inserito nell’addome materno per aspirare e raccogliere il liquido amniotico necessario all’indagine cromosomica. 

L’esame viene effettuato con il supporto dell’ecografia, che permette agli operatori di prestare la massima attenzione alla posizione e ai movimenti del feto ed evitare di toccare quest’ultimo con l’ago. L’ago per l’amniocentesi ha un diametro di circa 7-9 mm, per una lunghezza di circa 18-20 cm.

Con l’amniocentesi è possibile svolgere l’indagine del cariotipo: nel liquido amniotico raccolto sono presenti alcuni residui di origine fetale (cellule, capelli, peluria…) che in laboratorio vengono elaborati con precise tecniche al fine di estrarre il DNA e osservare la mappa cromosomica del nascituro.

Amniocentesi: quando si fa e perché

Rispondiamo di seguito ad alcune domande frequenti sulle tempistiche di questo esame e sul perché viene effettuato.

L’amniocentesi è obbligatoria? No, non è proposta di prassi a tutte le donne in gravidanza e viene effettuata solo se la gestante ne dà il consenso, dopo aver compreso rischi, benefici, modalità di esecuzione e scopo dell’indagine.

Quando si fa l’amniocentesi? In quali casi? Generalmente viene consigliata in presenza di alcuni fattori di rischio. I principali sono divisibili in due categorie:

  1. I casi in cui è noto un rischio prevedibile a priori, come ad esempio l’età materna avanzata, uno dei genitori portatore di anomalie cromosomiche o di mutazioni geniche.
  2. I casi in cui è stato evidenziato un rischio fetale nel corso della gravidanza. Rientrano in tale categoria le malformazioni fetali rilevate dall’ecografia, le malattie infettive insorte durante la gravidanza e la positività dei test di screening (bitest, tritest, translucenza nucale…).

Perché si esegue? Per valutare in modo più approfondito, ossia con una diagnosi, se il feto è affetto da una delle malattie prese in esame. Talvolta viene richiesta dalle donne anche in assenza di fattori di rischio, o di familiarità per patologie genetiche o di risultati ecografici di dubbio risultato, semplicemente per avere informazioni più chiare e certe circa la salute del feto e, dunque, per una necessità personale di rassicurazione.

Al fine di comprendere bene le potenzialità e i limiti dell’amniocentesi è molto importante che le donne e le coppie che decidono di eseguire l’amniocentesi cerchino uno spazio di informazione e confronto accurato con gli specialisti e/o con il centro che si occuperà dell’esecuzione dell’indagine. È necessario, a tal proposito, evitare che si crei la falsa aspettativa che l’amniocentesi (e un suo esito negativo) sia una rassicurazione assoluta circa la salute del nascituro.

Sappiamo ad oggi, grazie ai numerosi studi, che l’amniocentesi è un’indagine prenatale associata a una percentuale di riuscita molto elevata (attorno al 98%) e, al contempo, che è in grado di offrire un risultato diagnostico attendibile.
Tuttavia è importante sapere che l’amniocentesi non ha la possibilità di indagare tutte le patologie possibili ed esistenti, ma valuta circa 15-20 patologie e anomalie cromosomiche.
In particolare l’amniocentesi consente:

  • di indagare alcune anomalie cromosomiche e alcune malattie legate al cromosoma X;
  • di condurre indagini biochimiche per individuare errori congeniti del metabolismo;
  • di dosare l’alfa-fetoproteina per la diagnosi definitiva dei difetti del tubo neurale in caso di dubbio dopo i test di screening;
  • di eseguire l’analisi del DNA per la diagnosi delle malattie ereditarie di un singolo gene (malattie ereditarie monogeniche). 

A quante settimane si esegue l’amniocentesi? Il periodo di gestazione indicato per questo esame, come detto, è tra la 15^ e la 20^ settimana. Tuttavia vi sono situazioni specifiche in cui è possibile effettuarla anche in epoca più precoce (tra le 10 e le 14 settimane) o anche più tardivamente (dopo le 24 settimane). Si ritiene comunque che i rischi associati all’amniocentesi diminuiscano dopo le 15 settimane di gravidanza, e che nei casi in cui sia necessario ricorrere a un’amniocentesi precoce, il quantitativo di liquido amniotico estratto sarà minore rispetto a quello prelevato nel periodo gestazionale generalmente consigliato. Nel caso di amniocentesi precoce, può accadere che un minor quantitativo di liquido amniotico renda meno facile un’adeguata raccolta di materiale genetico utile all’identificazione del cariotipo e alle indagini cromosomiche che si dovranno eseguire.

È meglio fare l’amniocentesi o il DNA Fetale? Non esiste una scelta migliore di un’altra in senso assoluto. La decisione di avvalersi di una tecnica di indagine anziché di un’altra dovrebbe essere basata:

  • sui bisogni soggettivi della donna/coppia;
  • sulla valutazione e comprensione della storia clinica della donna e del feto;
  • su informazioni chiare e imparziali fornite dal professionista o team di riferimento all’interno della relazione terapeutica.

La differenza sostanziale è che il DNA Fetale non è un test diagnostico, e che dunque definisce solo su base probabilistica la presenza nel feto delle più comuni anomalie cromosomiche. Va detto, però, che questo esame ha una specificità e sensibilità superiori rispetto agli altri test di screening non invasivi; cioè la probabilità di un falso negativo (ossia che non venga rilevata un’anomalia genetica) è inferiore all’1%, e la probabilità di un falso positivo (cioè che venga rilevata un’anomalia genetica che in realtà non c’è) è inferiore allo 0,1%. Ad ogni modo, in caso di risultato positivo si potrà ottenere una diagnosi certa con le comuni indagini prenatali invasive, come appunto l’amniocentesi o anche la villocentesi (di cui parliamo in questo articolo).

Quali sono i rischi dell’amniocentesi?

I rischi dell’amniocentesi sono legati all’inserimento dell’ago e si possono classificare in rischi materni e rischi fetali. I rischi materni sono prevalentemente quelli associati a complicanze infettive o lesioni di organi interni. I rischi di infezione sono generalmente a carico del liquido amniotico, se la procedura non è effettuata rispettando i criteri di sterilità, mentre il rischio di lesioni agli organi interni è un’evenienza piuttosto rara, dal momento che l’esame viene condotto mediante la guida ecografica.

I rischi fetali possono riguardare infezioni trasmesse al feto o al liquido amniotico oppure la lesione o scollamento delle membrane amniotiche. 

In alcuni casi le complicanze sono state ricondotte al prelievo del liquido e quindi alla diminuzione rapida della componente liquida a livello uterino.
Il rischio di aborto correlato all’amniocentesi si aggira attorno all’1%.
Lesioni e traumi fetali da puntura si ritengono comunque un fatto raro da quando è stato inserito il monitoraggio ecografico a supporto dell’esecuzione del prelievo.

L’amniocentesi quindi è sicura? I dati ci dicono che l’amniocentesi, seppur invasiva e con alcuni rischi correlati, è considerata una procedura semplice e abbastanza sicura se:

  • viene eseguita da un’equipe esperta;
  • viene eseguita in un laboratorio affidabile, ossia con un’elevata esperienza nelle analisi genetiche e cromosomiche;
  • viene condotta in circostanze specifiche in cui i rischi di anomalie o patologie giustificano i rischi legati alla procedura.

Le alternative all’amniocentesi possono essere le indagini non invasive del DNA fetale, capaci di individuare con ampia probabilità le anomalie cromosomiche più comuni, anche se – è sempre importante ribadirlo – questo esame, nonostante l’affidabilità, non offre una diagnosi ma sempre un risultato probabilistico.

Prenatal Safe o amniocentesi: quale scegliere?

Tra i vari esami si sente spesso parlare anche del Prenatal Safe, nome commerciale per indicare le varie indagini prenatali proposte generalmente a pagamento da alcuni centri e laboratori. Viene eseguito a partire da un prelievo di sangue materno, da cui viene poi isolato il materiale genetico fetale al fine di indagare la presenza di alcune patologie.
Non è raro che le gestanti si chiedano se è meglio effettuare il Prenatal Safe o l’amniocentesi. Come scegliere? Cosa fare?

Il Prenatal Safe, che è uno screening prenatale non invasivo, offre un calcolo probabilistico circa la presenza delle patologie prese in esame. Viene eseguito a partire dalla 10^ settimana di gravidanza e ha un buon indice di affidabilità. I costi del Prenatal Safe partono dai 500 euro circa per il pacchetto base e vanno via via aumentando, fino a mille-duemila euro per i pacchetti più avanzati. Con la scelta dell’indagine di base si valutano le trisomie più comuni a carico dei cromosomi 21, 13 e 18. Vi sono tuttavia ulteriori approfondimenti possibili che portano a variazioni di prezzo del pacchetto, ad esempio quelli a carico dei cromosomi sessuali, o di aneuploidie minori, o ancora di alcune microdelezioni.
Per comprendere meglio i gradi di approfondimento dei vari pacchetti è importante sapere che:

  • Le aneuploidie sono anomalie che comportano un’alterazione del numero dei cromosomi, che saranno in numero maggiore o minore rispetto allo standard (un esempio sono le trisomie).
  • Le microdelezioni comportano la perdita di un tratto cromosomico di piccole dimensioni e, pertanto, dei geni localizzati su quel frammento cromosomico. Queste alterazioni causano problematiche e patologie di entità variabile (dipende dal cromosoma coinvolto e dalla grandezza dell’area che ha subito la microdelezione).

L’amniocentesi, gratuita per le donne che presentano i fattori rischio di cui abbiamo parlato in precedenza, è invece a pagamento per chi sceglie di seguire questo esame senza specifiche indicazioni mediche e cliniche. I costi dell’amniocentesi partono dai 400-500 euro circa, con variazioni significative in base all’area geografica, al centro medico che la esegue e al livello di approfondimento dell’indagine.

In conclusione, per la scelta dell’esame prenatale più adeguato al proprio caso clinico e per le proprie necessità è importante sapere che l’amniocentesi…

  • fornisce una diagnosi per le patologie prese in esame;
  • è un esame invasivo;
  • è gratuito se vi sono indicazioni cliniche o fattori di rischio;
  • può essere eseguita tra le 15 e le 20 settimane;

…mentre il Prenatal safe…

  • fornisce un risultato probabilistico seppur altamente attendibile; 
  • non è invasivo;
  • è a pagamento (tranne nelle regioni d’Italia in cui l’opzione base è stata inserita nel percorso nascita al pari del test combinato);
  • si esegue a partire dalla decima settimana di gravidanza.
Bibliografia
Articolo pubblicato il 26/06/2023 e aggiornato il 23/06/2023

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