Rientro al lavoro: come gestire l’allattamento?

Conciliare lavoro e allattamento non è sempre facile, ma alcuni espedienti e una buona pianificazione del rientro consentiranno alla mamma di ritrovare la giusta tranquillità

Immagine per l'autore: Natalia Camarda
Natalia Camarda , pediatra e consulente IBCLC
Mamma allatta appena rientrata al lavoro

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e le maggiori associazioni scientifiche internazionali raccomandano l’allattamento esclusivo fino ai 6 mesi di vita del bambino. In Italia queste raccomandazioni sono ancora notevolmente disattese: gli ultimi dati ISTAT ci dicono che le donne che allattano i loro bambini esclusivamente al seno sono troppo poche. Se si analizzano i dati, si nota che la percentuale scende ulteriormente tra il terzo e il sesto mese di vita del piccolo, arrivando appena al 6%, mentre nello stesso periodo aumenta la percentuale di mamme che fanno uso di un’integrazione con formula artificiale. Tra i molteplici motivi di questo drastico calo incide in maniera rilevante il rientro al lavoro.

Scelte difficili

La ripresa dell’attività lavorativa di una mamma che allatta è in genere il primo vero distacco sperimentato dalla nascita del bambino, e rappresenta purtroppo una delle principali cause di interruzione precoce dell’allattamento. Le esperienze riportate dalle donne sono tutte diverse l’una dall’altra: si va da chi non ha iniziato neanche ad allattare, perché sa di dover riprendere molto presto l’attività lavorativa, a chi addirittura non sa neppure se riuscirà a mantenere il proprio posto di lavoro.

In quest’ottica il rientro al lavoro, più che una scelta serena, può diventare un vero dilemma per la mamma; riuscire a conciliare le tante esigenze e trovare un equilibrio armonioso sembrano traguardi solo per “privilegiate”.

Dubbi e paure

In questa fase, spesso, è l’accudimento complessivo del bambino a destare preoccupazione: con chi lasciarlo? Con i nonni, con la baby-sitter o al nido? Come farà a addormentarsi? Soffrirà il distacco? Starà bene? Tuttavia la prosecuzione dell’allattamento è uno dei problemi avvertiti con maggior urgenza. La paura principale è, in genere, di perdere il latte. Infatti, se il bambino poppa di meno per l’assenza della mamma, la produzione di latte diminuisce. Ma con alcuni accorgimenti, che vedremo tra poco, è possibile scongiurare questo rischio. Talvolta si teme anche la stanchezza: non sarà troppo faticoso continuare ad allattare mentre si ricomincia a lavorare fuori casa? Sono soprattutto parenti e amici a interrogarsi in proposito: per la mamma, in realtà, l’allattamento è anche un modo per ricongiungersi al bambino dopo un periodo di separazione, e quindi può rappresentare un aiuto per ritrovarsi dopo il distacco.

Pianificare il rientro

La legge italiana tutela l’allattamento concedendo alle mamme delle ore di permesso quotidiane durante tutto il primo anno di vita del figlio. Spesso, però, questa misura si rivela insufficiente, soprattutto se il bimbo è ancora molto piccolo.

Diventa quindi fondamentale pianificare e organizzare in anticipo il rientro, in modo che ogni famiglia trovi le strategie più consone ed efficaci; le esigenze e le circostanze di ognuna, infatti, sono molto diverse, e bisogna tener conto dell’età del bambino, della distanza dal luogo di lavoro, delle ore di assenza…

Esistono situazioni in cui l’organizzazione della ripresa è abbastanza semplice. Alcune donne, ad esempio, potranno optare per il telelavoro, e in questo caso sarà sufficiente la presenza di una persona che accudisca il piccolo, portandolo alla mamma quando chiede di poppare.

Se si sceglie un part time e le ore di lontananza dal piccolo sono limitate, la strategia più efficace potrebbe essere quella di allattare subito prima di uscire di casa e appena si rientra, opzione valida anche se il bambino è più grandicello. In questo caso, nelle ore in cui la mamma è fuori potrà essere offerto uno spuntino con alimenti diversi dal latte. Se il luogo di lavoro non è distante, nei momenti di pausa la mamma potrà tornare a casa ad allattare, oppure potrà chiedere alla persona che accudisce il bambino di portarlo da lei per la poppata. Una possibile soluzione è anche iscrivere il piccolo a un nido nei pressi del luogo di lavoro, raggiungibile nei momenti di pausa.

Estrarre il latte

Nel caso in cui nessuna di queste soluzioni fosse praticabile, è sempre possibile continuare ad allattare, ma sarà necessaria un po’ di organizzazione in più, poiché si dovranno fare delle scorte di latte da lasciare per il bambino nelle ore di assenza. Sarà opportuno iniziare a estrarre e conservare il latte circa 15-20 giorni prima del rientro al lavoro, in modo da prendere confidenza con lo strumento (se si sceglie un tiralatte) o con la tecnica (se si opta per la spremitura manuale). Inoltre, è consigliabile trascorrere del tempo insieme al piccolo e alla persona che si prenderà cura di lui: così la mamma avrà modo di tranquillizzarsi e la figura accudente di impratichirsi con gli strumenti per offrire il latte, come un bicchiere o una tazzina (con i lattanti di pochi mesi è meglio evitare il biberon, perché può interferire con l’allattamento).

Se il lavoro comporta un’assenza prolungata, per mantenere una produzione di latte regolare ed evitare fastidiosi “ingorghi” bisognerà avere la possibilità di estrarlo anche fuori casa, attrezzandosi con una borsa termica per la conservazione e il trasporto.

Cosa può fare il datore di lavoro?

Il datore di lavoro non avrà nessun costo aggiuntivo nel sostenere una donna che sceglie di proseguire l’allattamento. Anzi, ci sono importanti vantaggi da considerare, primo fra tutti la serenità della dipendente, che potrà lavorare senza preoccupazioni. Inoltre, un bambino allattato a lungo si ammalerà di meno e, di conseguenza, la madre avrà bisogno in misura minore di permessi per accudirlo.

Ma cosa può fare concretamente un datore di lavoro per aiutare le donne? Se non si possono creare dei veri e propri nidi aziendali, come avviene in alcuni ambienti lavorativi, si potrebbe iniziare garantendo la presenza di un posto confortevole per estrarre il latte e di un frigorifero dove riporlo, assicurando le pause necessarie alle madri e facendo sì che possano portare il bambino sul luogo di lavoro per farlo poppare. Gesti semplici, quasi banali, ma di grande valore per ogni donna che allatta e per tutta la società.

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Natalia Camarda

pediatra, consulente professionale in allattamento IBCLC e insegnante di massaggio infantile AIMI, esegue consulenze specialistiche sull’allattamento per futuri genitori e neogenitori, aiutandoli a risolvere eventuali difficoltà prima e dopo la nascita, e in qualunque fase dell’allattamento.

Articolo pubblicato il 04/12/2020 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura Orbon Alija / iStock

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