Cortisone in gravidanza: si può assumere?

L’uso dei farmaci cortisonici in gravidanza viene generalmente indicato nei casi di patologie preesistenti e quando vi è il rischio di un parto prematuro. Ma quali sono esattamente le raccomandazioni della comunità scientifica a riguardo? Esistono delle controindicazioni?

Immagine per l'autore: Margherita Borgatti
Margherita Borgatti , ostetrica e docente
donna in gravidanza prende cortisone

cortisonici sono farmaci con una struttura chimica simile ai corticosteroidi naturali (ormoni prodotti dalla corteccia delle ghiandole surrenali, appartenenti alla classe degli steroidi), con azione immunosoppressiva e antinfiammatoria, impiegati nel trattamento di patologie croniche di tipo autoimmune (reumatologiche, intestinali o dermatologiche).

In presenza di patologie preesistenti, potrebbe essere indicato l’utilizzo di cortisone in gravidanza in diverse modalità di somministrazione. Tuttavia, l’indicazione più comune relativa all’utilizzo di cortisonici in gravidanza è quando i clinici sospettano il rischio di parto prematuro, ossia un parto che avviene prima della 37° settimana di gestazione. Il cortisone in questa situazione ha lo scopo di favorire lo sviluppo dei polmoni fetali, non ancora completamente maturi a causa della prematurità del piccolo. 

Si può assumere il cortisone in gravidanza?

Il cortisone in gravidanza può essere assunto poiché, alla luce degli studi condotti, non è considerato un farmaco teratogeno, ovvero non produce anomalie o malformazioni nel corso dello sviluppo embrionale. Tuttavia, prima di assumere cortisonici in gravidanza occorre affidarsi a uno specialista ed evitare il fai da te.

Nelle donne che soffrono di patologie autoimmuni o di asma, è raccomandato proseguire la terapia, o eseguirla al bisogno, con cortisone già nel 1° trimestre e per tutta la durata della gravidanza. Tuttavia, durante la gestazione queste patologie possono seguire un andamento variabile: è frequente un periodo di miglioramento dei sintomi. Per questo è necessario uno stretto dialogo con lo specialista di riferimento per monitorare i sintomi e modificare, quando necessario, la terapia.

La somministrazione di corticosteroidi (Betametasone o Desametasone) è fortemente raccomandata nelle gravidanze valutate a rischio di parto pretermine in quanto favorisce la maturazione dei polmoni del feto, ancora immaturi a causa della prematurità, facilitando l’adattamento alla vita extra-uterina del neonato. Nonostante la terapia con il cortisone, il piccolo alla nascita potrebbe necessitare di un sostegno per la respirazione e della somministrazione di farmaci, poiché il polmone del feto raggiunge la maturazione necessaria intorno alla 34° settimana di gestazione. L’European Consensus Guidelines of Neonatology (2016) raccomanda la terapia con corticosteroidi in tutte le gravidanze con minaccia di parto pretermine dalla 24° settimana di gestazione, fino al compimento della 36° settimana.

La somministrazione di cortisone nel 2° e nel 3° trimestre deve essere valutata in base al rischio reale di parto pretermine poiché non è un farmaco esente da effetti collaterali per la donna. Per questo motivo l’utilizzo di cortisone in gravidanza deve essere ridotto: è infatti raccomandato evitare di pianificare un taglio cesareo programmato o l’induzione del travaglio di parto prima della 37° settimana. 

Quali disturbi può creare il cortisone in gravidanza?

Sono noti da tempo gli effetti positivi dei corticosteroidi che riducono in modo significativo i rischi per il feto correlati alla prematurità. Dagli anni ’90 si è osservato come il farmaco agisca sulla motilità fetale, riducendo progressivamente la sua attività, per poi tornare alla normalità il 4° giorno dalla terapia: nei giorni successivi la mamma avvertirà una normale riduzione dei movimenti fetali

Ma esistono delle controindicazioni? Le gestanti con diabete pre-gestazionale o gestazionale possono avere dei disturbi a causa del cortisone assunto in gravidanza. Frequentemente possono manifestare un aumento della glicemia e, qualora siano in terapia con insulina, può essere necessario aggiustare il tiro incrementando la dose per un tempo necessario.

Tra i rischi dei cortisonici in gravidanza è segnalato un aumento della possibilità di contrarre infezioni a causa dell’effetto immunosoppressivo dei corticosteroidi, che potrebbero aggravare infezioni sistemiche o attivare malattie latenti, tuttavia è dimostrato, almeno nei Paesi a elevato reddito, che le complicanze materne non aumentano.

Infine va sottolineato che l’utilizzo di cortisone in gravidanza può determinare alcuni problemi, come la riduzione della crescita fetale e placentare, specialmente in presenza di cicli ripetuti di corticosteroidi. 

Quando non è possibile assumere la profilassi di cortisone in gravidanza

Le patologie materne, come il diabete, l’ipertensione e le infezioni non rappresentano controindicazioni alla terapia con cortisone. La terapia corticosteroidea è infatti raccomandata quando il parto prematuro è previsto entro 24 ore e fino a sette giorni dopo il trattamento.

Invece, quando non assumere cortisone? In alcune condizioni non è possibile assumere il cortisone come profilassi, ovvero in quelle situazioni in cui il parto pretermine è imminente o è necessario espletare il parto con urgenza per una compromissione fetale e/o materna. In questi casi non è indicato posticipare il parto per iniziare o completare la terapia con cortisone.

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Margherita Borgatti

Lavora come ostetrica negli ospedali bolognesi dal 2018 e conduce corsi di accompagnamento alla nascita. Dal 2020 è professoressa a contratto presso l’Università di Bologna, per il corso di Laurea in Ostetricia. Ha elaborato e coordinato un progetto, in collaborazione con l’Università di Bologna, di protezione e promozione dell’allattamento al seno, sostenendo a domicilio le mamme con difficoltà nell’avvio dell’allattamento.

Bibliografia
Articolo pubblicato il 27/12/2023 e aggiornato il 16/04/2024
Immagine in apertura PeopleImages / iStock

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