Il travaglio di parto: le diverse fasi

Ogni esperienza di travaglio è unica e irripetibile, ma è utile conoscerne il funzionamento fisiologico per essere preparate e affrontarlo con serenità

Immagine per l'autore: Rita Breschi
Rita Breschi , ostetrica
pancione della donna prima del travaglio

Come spieghiamo in modo approfondito anche all’interno del nostro corso preparto online, il travaglio di parto è il più significativo processo di cambiamento che avviene nel corpo della donna durante la sua vita; contemporaneamente è la prima esperienza di cambiamento che ogni essere umano ha sperimentato nascendo. Se non tutte partoriamo, tutti nasciamo.
Questo processo, che coinvolge due persone, è un cammino più o meno intenso e lungo (per il primo bambino è generalmente più impegnativo), che permette al collo dell’utero di aprirsi e al bambino di scendere nel canale del parto e di venire alla luce.
Nella fisiologia umana il travaglio inizia spontaneamente fra 37 e 41 settimane dopo l’ultima mestruazione; la maggioranza delle nascite avviene fra 40 e 41 settimane.

Come indurre il travaglio

Aspettare l’inizio spontaneo del travaglio è un grande vantaggio per la mamma e il bambino, ed è associato a minori complicanze del parto e a minore probabilità di avere un taglio cesareo (in questo articolo parliamo del parto cesareo dolce, approccio centrato sull’esperienza di mamma e bambino che aiuta a ridurre gli aspetti negativi di questo tipo di intervento).

È una decisione molto importante quella di indurre il parto prima del suo inizio naturale. I medici propongono l’induzione del parto con metodi diversi (farmaci e/o altri interventi in base alla situazione e alle condizioni del collo dell’utero) quando diventa più rischioso aspettare. In assenza di fattori di rischio non è consigliato dalle Linee Guida indurre il parto prima delle 41 settimane. L’attività sessuale al termine della gravidanza, per la sua ricaduta sul sistema ormonale che favorisce il parto, è consigliata per facilitare l’avvio fisiologico del travaglio e non presenta rischi. Altri metodi come stimolare i capezzoli per indurre il travaglio hanno mostrato qualche evidenza positiva ma sono da riservare a casi individuati e controllati dal personale sanitario.
Il travaglio di parto è prima di tutto un fenomeno biologico, ma è anche un processo di trasformazione e di adattamento nel quale si manifesta l’unicità dei due protagonisti: la mamma e il bambino.

Contrazioni uterine

L’apertura del collo dell’utero e la discesa del bambino avvengono grazie alle contrazioni uterine che modificano il collo dell’utero rendendolo più soffice e corto. Successivamente agiranno spingendo il piccolo verso il basso e stirando lateralmente il collo per facilitarne l’apertura da zero fino a 10 centimetri.
È molto raro che una donna arrivi al travaglio senza avere sperimentato le contrazioni uterine, che in genere sono presenti già in gravidanza, si intensificano nell’ultimo periodo e diventano dolorose nei giorni che precedono il parto. Questa attività è fondamentale alla preparazione del collo al travaglio di parto.
L’attività contrattile uterina, quindi, cambia molto nel tempo, e si caratterizza in base alla periodicità (contrazioni sporadiche o regolari), alla forza (deboli o valide), alla durata (secondi, minuti), e alla quota di dolore che la accompagna.

Contrazioni e inizio del travaglio

Sebbene sia l’utero a contrarsi (si percepisce appoggiandoci sopra una mano) non si avverte nessun dolore all’addome, anche se questo risulta molto teso e duro. Il dolore, invece, viene percepito distintamente sopra il pube, molto in basso, e può raggiungere anche i muscoli delle cosce, oppure si riflette sulla schiena, nella sede renale, e può raggiungere la zona sacrale. La localizzazione del dolore non è prevedibile, e una non esclude l’altra.
Le contrazioni sono diverse da fase a fase del travaglio. La loro caratteristica principale è quella di “maturare” e diventare via via più efficaci e dolorose (ma paradossalmente anche più sopportabili) col progredire della dilatazione. La fase di riposo successiva alla contrazione (pausa) è fondamentale alla progressione del travaglio quanto la contrazione stessa: la dilatazione non progredisce se le contrazioni sono troppo intense e le pause inefficaci.

Calcola la tua settimana di gravidanza e la data presunta del parto

Data di inizio dell'ultimo ciclo mestruale

Fasi del travaglio

Il fenomeno biologico del travaglio si suddivide in quattro fasi, importanti da conoscere per capire il linguaggio tecnico usato dalle ostetriche e dai medici coinvolti nella cura della salute della mamma e del bambino:

  • Periodo prodromico o prodromi di travaglio. Riguarda tutta la trasformazione del collo dell’utero (rammollimento, accorciamento e dilatazione fino a 4 cm) che precede la fase dilatante.
  • Fase dilatante o primo stadio. Dai 4 cm di dilatazione alla dilatazione completa di 10 cm.
  • Fase espulsiva o secondo stadio. Dalla comparsa delle spinte spontanee alla fuoriuscita del bambino.
  • Secondamento o terzo stadio. Espulsione della placenta e ripristino della contrattilità uterina.

Sintomi del travaglio

L’attività contrattile sporadica (anche dolorosa) è presente nell’ultimo periodo della gravidanza, ed è un bene, perché il collo si modifica e si prepara già nel periodo (settimane, giorni) precedente il travaglio. È esperienza comune, infatti, avere delle contrazioni durante la sera, che passano poi prima della notte. Questi non sono i sintomi del travaglio, ma certamente ci dicono che tutto va per il meglio, che l’utero si sta allenando a contrarsi davvero, e che il travaglio si avvicina.

Sintomi del travaglio e prime contrazioni
NataliaDeriabina / iStock

Perdita del tappo mucoso

Questo lavoro di preparazione, quando particolarmente intenso, può essere accompagnato da segni quali perdite di muco bianco, marrone o rosato. Il collo si apre e qualche piccolo capillare può generare una gocciolina di sangue, che può manifestarsi subito (il rosa) o uscire più tardi (il marrone). Qualche volta, ma non è affatto una regola, si può avere la fuoriuscita anche abbondante di una sostanza gelatinosa, grigiastra o giallognola, compatta, che è il tappo di muco. Il tappo non è un sintomo assoluto di inizio travaglio perché può uscire successivamente, un po’ per volta, o anche mai.

Fase prodromica

Arriverà un bel giorno in cui queste contrazioni non passano, anzi, tendono a regolarizzarsi. Il periodo prodromico del travaglio di parto è proprio questo, caratterizzato da cicli di contrazioni abbastanza regolari e dolorose, inframezzate da pause anche lunghe, a volte spossanti e noiose. Spesso, ma non sempre, in questa fase si ha anche uno spontaneo, facile e abbondante svuotamento dell’intestino. Talvolta compare nausea e più raramente vomito. Ma bisogna comunque sforzarsi di mangiare qualcosa e bere.
La fase dei prodromi è forse il fenomeno più variabile e imprevedibile che riguarda la nascita. Se infatti l’obiettivo da raggiungere per essere in travaglio sono i famosi 4 cm di dilatazione, il tempo e le energie per raggiungere questo risultato non sono quantificabili, e moltissimo dipende dalle condizioni in cui si trova il collo dell’utero al suo inizio: se queste condizioni sono favorevoli, sarà più facile, se invece sono sfavorevoli occorre essere preparate a fare in alcune ore (6/12) il lavoro che qualche nostra amica ha fatto in diversi giorni. Pazienza, non si può scegliere. In ogni caso, con tempi molto variabili, il collo dell’utero si modificherà e il travaglio di parto comincerà.

La fase prodromica del travaglio
staticnak1983 / iStock

Cosa fare nel periodo prodromico?

È fondamentale garantirsi una situazione comoda, intima, la compagnia giusta, piccoli pasti appetitosi e digeribili, e bevande tiepide o fresche leggermente zuccherate. Ingannare l’attesa con attività piacevoli, passeggiare, riposarsi, dormire. E, soprattutto, è fondamentale evitare stress da prestazione, in genere indotto dall’ansia dei parenti: «Chissà quando nascerà…».
Meglio aspettare a casa fino a che ci si sente comode e al sicuro. Il posto meno indicato per favorire i prodromi è un letto nella degenza dell’ospedale dove si andrà a partorire, perché difficilmente si viene ammessi in sala travaglio prima dei 4 cm di dilatazione.

Dolori del travaglio e fase dilatante

Una volta raggiunti i 4 cm di dilatazione, di solito la mamma e il suo accompagnatore (in questo articolo parliamo dell’importanza di questa figura) vengono ammessi in sala travaglio e affidati alle cure di un’ostetrica che ha il compito di sostenere e incoraggiare la mamma, controllare l’evoluzione del processo, il suo benessere e la salute del bambino.
Per contrastare il dolore, quando necessario, si possono utilizzare metodi naturali diversi e complementari, e senza controindicazioni, oppure farmaci (parto in analgesia). Ogni donna ha diritto a scegliere le varie opzioni, fra le quali spicca per efficacia, basso costo e gradimento l’immersione in acqua tiepida.
Quando si fantastica sul travaglio cercando di immaginare quello che succederà, è il caso di considerare molti altri aspetti, veri punti di forza che è bene portare con decisione all’attenzione delle mamme e delle coppie:

  • Il travaglio è anche pausa, non è solo dolore (è dolore/pausa, dolore/pausa).
  • La natura aiuta producendo l’antidoto al dolore (le endorfine invadono il corpo materno).
  • Non sei malata, pensati in movimento, non sdraiata (stai in piedi, sali, scendi, accovacciati, sdraiati, inginocchiati, mangia, bevi).
  • Siete in tre (non sei sola, abbraccia il bambino, fatti abbracciare).

Raggiunta la dilatazione completa si assiste in genere a uno spontaneo rallentamento dell’attività contrattile, un benefico periodo di riposo in cui la mamma si ricarica e il suo utero si prepara alle poderose contrazioni necessarie all’espulsione del piccolo: è la cosiddetta “fase latente”, che è indispensabile rispettare per garantire spinte più efficaci successivamente. È necessaria, e da questa fase la mamma esce vigile e coraggiosa, pronta per la fase successiva.

Spinte spontanee e fase espulsiva

«Saprò spingere?». È questa una delle più frequenti ansie delle donne relative al parto. Nella norma non c’è alcun bisogno di insegnare a una donna come deve spingere, semplicemente perché al momento giusto sarà impossibile impedirglielo. A spingere non si insegna e non si impara. La spinta è spontanea, è “incoercibile”, è un riflesso automatico, in genere non doloroso, dovuto alla pressione della testa del bambino sui muscoli del perineo. Semplicemente bisogna assecondarla, ed è così potente che talvolta le donne non se lo aspettano, e può fare quasi paura.
Ma di cosa hanno bisogno le donne durante il periodo espulsivo? Hanno bisogno di calma, rassicurazioni, sostegno fisico ed emotivo, e incoraggiamento ad ascoltare il segnale del bambino. Hanno bisogno di bere e di una quota di zuccheri per compensare la fatica.
No, quindi, nel modo più assoluto, a spinte guidate dall’esterno; no a trattenere l’aria, no a spinte lunghissime, e soprattutto no a spinte in posizione litotomica (sdraiate sulla schiena) e a spinte sulla pancia. Le spinte sono molto più efficaci in posizione libera.
Serviranno molte spinte per far uscire completamente la testa, poi, alla contrazione successiva, sarà il turno delle spalle, e in seguito di tutto il corpo del bambino. Diamo il piccolo alla mamma, pelle a pelle, asciughiamolo e proteggiamolo dal freddo: se sta bene non avrà bisogno di altro.

Espulsione della placenta: il secondamento

Se non c’è perdita di sangue importante si deve aspettare (senza fare manovre né trazioni del cordone ombelicale) che la placenta si distacchi e una poderosa contrazione la faccia uscire. L’unico intervento farmacologico raccomandato per la mamma, nel travaglio fisiologico, è un’iniezione di ossitocina dopo la fuoriuscita delle spalle del bambino, per favorire questo passaggio delicato e proteggerla dall’emorragia.
Non dobbiamo dimenticare che l’attacco precoce al seno è anch’esso un elemento di sicurezza e di contenimento della perdita di sangue della mamma, non costa nulla e non ha controindicazioni.

Come affrontare il travaglio

Ogni donna che abbia partorito ricorda tutti i particolari del suo travaglio di parto, anche se il figlio ha ormai 60 anni. Ogni storia familiare custodisce le narrazioni delle donne, e anche degli uomini, che descrivono ogni nascita, nella sua unicità.
Il travaglio di parto è soprattutto un’esperienza, singolare, irripetibile, originale. Per molte ore si susseguono intense contrazioni, una dopo l’altra, e la dilatazione avanza a ritmo di 1 cm ogni due ore per il primo bambino, e più rapidamente per i successivi. Respiri, sorrisi, lacrime, massaggi, parole di conforto, luci basse, mente non troppo presente e lucida: questo è il travaglio, facilitato da tutte quelle condizioni che favoriscono il rilascio di ossitocina (ormone della contrazione) e di endorfine (ormoni che controllano il dolore e il piacere). L’intimità con il partner, i massaggi e le carezze sono l’aiuto migliore al lavoro degli ormoni. Sarà l’ostetrica a consigliare se e come procedere a stimolazioni più intense, come il massaggio dei capezzoli, qualora la situazione lo richieda.
Ogni travaglio sarà diverso dall’altro e, come ogni fenomeno della natura, contiene una quota di imprevedibilità da accogliere con curiosità.
Il travaglio è un percorso in cui bisogna mettercela tutta, consapevoli che si ha il diritto di essere aiutate. A volte è una maratona e a volte una passeggiata… da fare sempre in buona compagnia.

Immagine per l'autore: Rita Breschi
Rita Breschi

ostetrica, ha avuto una lunga esperienza lavorativa nel servizio pubblico, sia sul campo sia come ostetrica dirigente. In questa veste ha aperto il Centro nascita “Margherita”, struttura dedicata al parto naturale dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze, e lo ha diretto dal 2007 al 2014. È autrice di numerose pubblicazioni su riviste di settore, e del libro “Partorirai con amore”. È in pensione dal 2017.

Bibliografia
Articolo pubblicato il 25/07/2018 e aggiornato il 11/12/2024

Condividi l'articolo