Il Coronavirus non vola!

Il virus della COVID-19 non circola libero nell’aria, ma si trasmette da persona a persona attraverso specifiche modalità. Vediamo insieme quali sono e facciamo chiarezza sulle misure utili per prevenire il contagio

Immagine per l'autore: Sergio Conti Nibali
Sergio Conti Nibali , pediatra e consulente scientifico di Uppa
Bambina che si lava le mani

Da quando l’epidemia del virus SARS-CoV-2 è dilagata anche in Italia le informazioni sulle modalità di contagio e sulle conseguenti misure di prevenzione si sono moltiplicate e a volte, passando di bocca in bocca, si sono trasformate in vere e proprie fake news. Su un punto, in particolare, è importante fare chiarezza una volta per tutte, in modo che non nascano inutili preoccupazioni e non si adottino comportamenti irrazionali: il virus SARS-CoV2 non circola libero nell’aria, non vola alla ricerca di un malcapitato, ma si trasmette da persona a persona attraverso precise modalità. Vediamo allora quali sono queste modalità e come possiamo prevenire il contagio.  

Come avviene il contagio?

Il virus viene diffuso da chi è già stato infettato, e non è necessario che abbia sintomi evidenti: può essere una persona infetta ma senza sintomi, o chi sta incubando la malattia, o un soggetto malato che non sospetta di esserlo perché i sintomi sono lievi, oppure può trattarsi di un paziente guarito, ma che non ha ancora concluso il periodo di contagio.  

Le modalità più frequenti di contagio sono due:

  • attraverso le goccioline contaminate emesse nell’aria con starnuti e tosse, o semplicemente parlando;
  • attraverso il contatto delle nostre mani – contaminate dalle secrezioni emesse da persone infette – con gli occhi, il naso o la bocca.

Molto più raramente il contagio può avvenire attraverso le feci infette.

Le due modalità di contagio più frequenti

1) Le goccioline contaminate vengono emesse nell’aria da una persona infetta attraverso gli starnuti o con un colpo di tosse, o semplicemente parlando. 

Se un individuo infetto tossisce, starnutisce, o semplicemente parla, emette piccole goccioline contenenti il virus che, arrivando agli occhi, alla bocca o al naso dell’interlocutore, lo possono infettare. Durante una conversazione le goccioline si depositano a una distanza massima di 1 metro; tuttavia con un colpo di tosse possono arrivare a 2 metri e con uno starnuto fino a 6 metri. 

2) Il virus arriva agli occhi, al naso o alla bocca attraverso le nostre mani, se contaminate dalle secrezioni emesse da una persona infetta.

Una persona infetta può contaminare le superfici e gli oggetti che le stanno attorno. Se ad esempio parla o tossisce, le goccioline di saliva che contengono il virus si depositano sulle superfici che ha davanti; oppure se tossisce nella mano e poi tocca un oggetto, il virus passa su quell’oggetto. Se una persona sana stringe la mano di una persona contagiata, o tocca la superficie o l’oggetto su cui si trovano le secrezioni di una persona infetta, è molto probabile che il virus contaminerà anche le sue mani che, se verranno a contatto con occhi, naso o bocca, saranno il veicolo dell’infezione.

Quali misure sono efficaci per ridurre il rischio di contagio? Prima modalità

Dal primo tipo di contagio (goccioline emesse dal soggetto infetto nell’aria), ci si può proteggere più facilmente. La misura più efficace è quella di mantenere sempre una distanza di sicurezza dalle altre persone; tale distanza è stata codificata in 1 metro. Tuttavia occorre tenere presente, come già accennato, che se un soggetto infetto da COVID-19 tossisce o starnutisce senza alcuna protezione, le goccioline di saliva possono arrivare da 2 fino a 6 metri di distanza. 

Si può abbassare il rischio di contagio utilizzando dei dispositivi di sicurezza. Per evitare di essere contagiati attraverso gli occhi ci si può proteggere con occhiali a tenuta, lavabili o disinfettabili, come quelli che si usano per fare il bagno in piscina, oppure per sciare. Questi tipi di protezione, dopo l’uso, devono essere accuratamente lavati con acqua e sapone o disinfettati con spray antisettici. 

L’uso delle mascherine è una questione più complessa: le mascherine Fp2 e Fp3 vanno utilizzate solo dal personale medico; le più comuni mascherine chirurgiche, invece, non servono per proteggere un individuo sano dalle goccioline emesse da un soggetto contagiato dal virus che parli da una distanza ravvicinata o tossisca senza protezione. Questo è ancor più vero se non si utilizza, oltre alla mascherina, una protezione oculare. 

A cosa servono allora le mascherine chirurgiche? Se indossate da un soggetto infetto, evitano che tossendo o starnutendo sparga a distanza goccioline contaminate dal virus. È del tutto inutile, quindi, indossare una mascherina per passeggiare, per correre, o per andare in bicicletta in solitaria, visto che il virus della COVID-19 non circola libero nell’aria. 

Ricordiamo inoltre che per usare le mascherine vanno adottate particolari cautele: dovrebbero sempre essere sostituite ogni volta che vengono tolte, anche per poco tempo, e comunque non dovrebbero essere indossate per più di 4-5 ore di fila. Al momento della rimozione, poi, bisogna trattarle come se fossero contaminate e quindi non devono mai essere abbassate sulla bocca, ma tolte toccando soltanto gli elastici laterali, per evitare il passaggio del virus sulle mani. 

L’uso della mascherina ha un ulteriore rischio: può infondere un falso senso di sicurezza che induce taluni ad abbassare la guardia e a trascurare altre misure difensive più importanti, come il distanziamento e il lavaggio delle mani.

Quali misure sono efficaci per ridurre il rischio di contagio? Seconda modalità

La seconda modalità di contagio (il virus che passa dalle superfici alle nostre mani) è la più frequente ed è assai più difficile da evitare rispetto alla precedente. Il virus deposto con le secrezioni di un paziente infetto, infatti, può sopravvivere su superfici non lavate o disinfettate anche per alcuni giorni (due o tre, a seconda della superficie). 

Il rimedio più efficace per evitare che avvenga il contagio, in questo caso, è quello di lavarsi spesso e bene le mani con acqua e sapone, preferibilmente liquido, per almeno 50-60 secondi. Le mani insaponate devono essere strofinate sul dorso, sul palmo e tra le dita. È opportuno utilizzare anche uno spazzolino per le unghie, da immergere poi in una soluzione antisettica. Sarebbe meglio asciugare le mani con carta usa e getta o con un flusso d’aria calda; se si usa un asciugamano, ogni membro della famiglia deve avere il proprio.

L’utilizzo di guanti monouso per la popolazione generale non è raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, tuttavia è possibile che, indossandoli, risulti meno spontaneo il gesto inconsapevole di portarsi le mani al viso, agli occhi o al naso. Nel caso si utilizzino è importante, una volta arrivati a casa, toglierli con cautela ed eliminarli nell’indifferenziata, facendo attenzione a ridurre al minimo la possibilità di contaminazione delle proprie mani, che in ogni modo andranno subito lavate accuratamente. 

Un’ultima manovra consigliata (soprattutto se si è in compagnia di individui anziani o con patologie) riguarda il trattamento, dopo l’acquisto, di confezioni di qualsiasi tipo (da quelle per il cibo ai plichi di carta per le stampanti). Gli involucri, infatti, potrebbero essere stati precedentemente contaminati da goccioline cariche di virus. Per questo motivo è consigliabile innanzitutto appoggiare le confezioni su della carta, davanti alla porta di casa. Poi, dopo aver lavato le mani e indossato un nuovo paio di guanti monouso, le superfici esterne andranno pulite con un disinfettante contenente alcol (etanolo) al 75% o a base di cloro allo 0,5% (candeggina). In alternativa, se si tratta di prodotti che non devono essere utilizzati subito, potranno essere lasciati per 3-4 giorni nel sacchetto della spesa, in auto o in garage, senza alcuna disinfezione. Trascorso questo tempo, potranno essere portati in casa e sistemati al loro posto.

Immagine per l'autore: Sergio Conti Nibali
Sergio Conti Nibali

pediatra, è responsabile del gruppo nutrizione dell’Associazione Culturale Pediatri e fondatore dei “No Grazie”. È tutor e valutatore per l’iniziativa “Insieme per l’allattamento” dell’UNICEF. È stato direttore di Uppa magazine tra il 2016 e il 2021, è autore di oltre duecento pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali e membro del comitato editoriale di «Quaderni ACP».

Articolo pubblicato il 01/04/2020 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura PeopleImages / iStock

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