Inappetenza nei bambini: cosa fare e quando preoccuparsi

Nei bambini l’inappetenza è spesso legata a una fase della crescita, come ad esempio la dentizione, e non sempre deve far preoccupare i genitori. Quando si verifica, però, è importante continuare a proporre tutti gli alimenti e non limitarsi a ciò che il piccolo mangia solitamente

Elisa De Filippi , biologa nutrizionista
bambino inappetente non mangia

«Il nostro bambino è inappetente». È una frase che si sente pronunciare spesso negli ambulatori pediatrici dai genitori preoccupati che il loro piccolo non mangi a sufficienza. Cerchiamo di capire innanzitutto cos’è l’inappetenza. È la mancanza o riduzione dell’appetito, una circostanza che, come vedremo più avanti, può verificarsi in ogni momento della vita dei bambini. 

I sintomi dell’inappetenza nel bambino sono facili da riconoscere: il piccolo mangia pochissimo, non fa pasti completi bensì tanti piccoli spuntini durante la giornata. Il pranzo e la cena si trasformano così in momenti di scontro, con gli adulti che cercano di stimolare l’appetito del bambino come meglio possono, senza grossi risultati.

Non sempre, però, l’inappetenza deve essere fonte di preoccupazione. Infatti, in determinate circostanze (come ad esempio durante la dentizione) è normale che il bambino mostri un calo dell’appetito o rifiuti di mangiare alimenti con alcune consistenze. 

In questo articolo approfondiremo meglio le cause dell’inappetenza e quando è il caso di rivolgersi al pediatra. 

Cause dell’inappetenza del bambino

Quali sono le cause dell’inappetenza nel bambino? Vediamo di seguito le più comuni:

  • Infiammazione del cavo orale. Dal semplice mal di gola alle fastidiose afte.
  • Diarrea e virus intestinali. Sono tra le principali cause di inappetenza, soprattutto nei bambini che frequentano nidi e asili. Queste situazioni sono di breve durata, e nel mentre il bambino può continuare la sua normale alimentazione (la famosa “dieta in bianco” è completamente inutile!).
  • Allergie. Le allergie alle proteine del latte vaccino e all’uovo sono le prime a manifestarsi nei soggetti predisposti (già quando inizia lo svezzamento). Tra i sintomi evidenti troviamo uno stato di malessere generale che può portare, appunto, anche a fasi di inappetenza. 
  • Comparsa dei primi denti. Questo processo può causare delle brevi fasi di inappetenza che vanno da un paio di giorni a massimo di dieci. I bambini al di sotto dei 12 mesi sono spesso alle prese con dentini che spuntano, e in quei momenti possono alternarsi, anche in modo ravvicinato, inappetenza, irritabilità e un po’ di insonnia.
  • Nascita di un fratellino, inserimento al nido, trasloco o ritorno della mamma al lavoro. Sono cause che hanno a che fare con la sfera psicologica e relazionale. In questi casi occorrerà rassicurare il bambino e farlo sentire compreso e ascoltato.

Gli episodi di inappetenza dovuti alle cause sopra elencate, solitamente, sono di breve durata e non devono far preoccupare i genitori. Se però si prolungano nel tempo, è importante rivolgersi al pediatra per escludere che all’origine ci sia una malattia. 

Cosa fare per l’inappetenza dei bambini?

Esistono delle soluzioni per l’inappetenza del bambino? Ecco di seguito sei suggerimenti per evitare che si creino circoli viziosi:

  1. L’insistenza genera resistenza. In poche parole, più l’adulto insiste, più il bambino dirà di no. L’atmosfera a tavola deve essere distesa e tranquilla, non serve alzare la voce o sgridare il piccolo che non mangia. Il risultato di questo “braccio di ferro”, infatti, potrebbe essere un ulteriore peggioramento dell’inappetenza.
  2. Mangiare insieme. La convivialità durante i pasti è fondamentale. Solo mangiando insieme all’adulto il bambino avrà la possibilità di apprendere regole, comportamenti e modi di fare tipici della famiglia.
  3. Evitare frasi che possono confondere il bambino. «Se finisci tutto il pasto, avrai la cioccolata!»; «Se non mangi tutto, la nonna non ti vuole più bene»; «Coraggio, un boccone per la mamma e uno per il papà». Sono affermazioni che rischiano di confondere il piccolo e di far diventare il momento del pasto un terreno di lotta. Le abitudini alimentari e i valori si insegnano, piuttosto, con il buon esempio.
  4. Non servire ai piccoli il cibo già tagliato, sminuzzato o tritato. In questo modo si rovina l’estetica e si corre il rischio di far sembrare tutto uguale (abbiamo parlato di come tagliare il cibo nel corso dello svezzamento in questo articolo).
  5. Non giudicare il bambino, soprattutto davanti agli altri. Etichettarlo come “inappetente” rischia di far avvertire al piccolo che questo suo comportamento è “sbagliato”, e il giudizio dei genitori potrebbe creare in lui un senso di colpa.
  6. Non esistono prodotti per aumentare l’appetito del bambino. Al massimo, qualora accerti che nell’alimentazione del bambino ci siano davvero delle carenze nutrizionali importanti, il pediatra potrà prescrivere un multivitaminico.

Come strutturare i pasti?

Ricordiamoci che lo stomaco di un bambino è grande all’incirca quanto il suo pugno chiuso. Dunque, in termini di quantità, ciò che a noi adulti sembra “poco” sarà più che sufficiente per lui. Ecco perché, ad esempio, è bene non presentare a tavola porzioni eccessive o piatti troppo colmi, perché si rischia di ottenere l’effetto opposto a quello sperato («C’è tanto cibo, quindi mangerà di più!»).

Il compito dei genitori è preoccuparsi della qualità del cibo piuttosto che della quantità. Sarà quindi importante proporre porzioni piccole e rendere il menù equilibrato. In ogni pasto dovrà esserci:

  • una porzione di carboidrati (pasta, riso, farro, orzo, cous cous, polenta, pane, patate);
  • una porzione di proteine (carne, pesce, uova, formaggi, legumi);
  • una porzione di verdura.

Il tutto può essere articolato, a seconda della preferenza del bambino, in un piatto unico o in un pasto che comprende primo, secondo e contorno.

La frutta, invece, che spesso non trova spazio nello stomaco del piccolo inappetente, è meglio offrirla a merenda, magari insieme alla frutta secca, a uno yogurt oppure ai crackers. 

Al momento del pasto principale può essere utile dare al bambino la possibilità di servirsi autonomamente dal piatto di portata, invitandolo a prendere solo ciò che pensa di mangiare. I genitori possono così alleviare la tensione che può nascere al momento dei pasti e, inoltre, far capire al piccolo che hanno fiducia nelle sue capacità di regolazione.
Altro consiglio utile è quello di cucinare insieme: non bisogna dare per scontato che il bambino assaggerà ciò che lui stesso ha preparato, ma è comunque una valida strategia per farlo avvicinare alla cucina senza nervosismi e tensioni.

«Che mangi quel che vuole, basta che mangi!», è un’altra frase che sento dire spesso ai genitori con bambini la cui dieta è molto poco variegata. Facciamo però l’esempio di un bambino che mangia sempre e solo piccole porzioni di pasta al pomodoro poiché questa è l’unica pietanza che gusta volentieri. Continuare a offrirgli solo quel piatto, vorrà dire escludere tutto il resto.
Anche il bambino che mangia poco dovrebbe essere esposto a una moltitudine di sapori, odori, gusti e pietanze. In questi casi è bene focalizzarsi non tanto sulla quantità, ma sull’equilibrio delle porzioni, che, sebbene piccole, devono essere piene di sostanze nutrienti.

Quando preoccuparsi per l’inappetenza del bambino?

Quando l’inappetenza del bambino perdura nel tempo è invece necessario contattare il pediatra, soprattutto se il piccolo comincia ad avere un rapporto alterato con il cibo

Di solito, se il bambino è molto piccolo e non è ancora in grado di parlare correttamente, i genitori sono portati a preoccuparsi di più, in particolare quando notano che i loro interventi a tavola non solo non migliorano la situazione, ma sembrano peggiorarla.
L’intervento del pediatra in questo caso è fondamentale. Se ci si rende conto che quel comportamento non è determinato da situazioni fisiologiche (il piccolo è sano e non ha alcuna malattia), potrebbe essere necessario indirizzare la famiglia verso uno psicologo e un nutrizionista pediatrico.

Solo in questo modo sarà possibile uscire da quel circolo vizioso fatto di sensi di colpa, ansie e preoccupazioni. L’inappetenza potrebbe infatti essere solo un modo di comunicare a mamma e papà una situazione di disagio. 

Bibliografia
  • Patrizia Bollo. Bambini, Si Mangia! Errori da evitare e trucchi da utilizzare per farli mangiare sani e contenti, Tea Edizioni, 2012.
  • Pamela Pace, Marta Bottiani, E io non mangio!, Red Edizioni, 2014.
  • Pamela Pace, Sfamami. Clinica psicoanalitica dei disturbi alimentari in età pediatrica, Mondadori Bruno, 2009.
Articolo pubblicato il 20/04/2022 e aggiornato il 02/02/2024
Immagine in apertura romrodinka / iStock

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