Dieta vegetariana o vegana fin dalla gravidanza: rischi e benefici

Sempre più famiglie optano per un regime alimentare parzialmente o totalmente privo di cibi di origine animale. È una scelta salutare per lattanti, bambini e adolescenti? La risposta è sì, ma è importante tenere sotto controllo le possibili carenze di alcuni nutrienti

Immagine per l'autore: Paolo Moretti
Paolo Moretti , pediatra
Donna in gravidanza segue una dieta vegetariana

Alcuni sondaggi affermano che nel 2050 un italiano su due sarà vegetariano. Si tratta di previsioni realistiche? Di fatto, a fronte di una crescita negli anni precedenti, negli ultimi cinque anni la popolazione che si dichiara “veg” è rimasta complessivamente stabile: parliamo di poco più di cinque milioni di persone (tra il 7 e l’8% della popolazione). All’interno di questo gruppo, se consideriamo il rapporto Eurispes 2018, il numero di vegetariani è in aumento mentre cala quello dei vegani (che ammontano a meno dell’1%).

Un’alimentazione sana in gravidanza e uno stile di vita salutare riducono le complicanze sia durante la gestazione sia durante il parto. In questo articolo cercheremo di capire se e come è possibile rispettare questo principio seguendo le diete “veg”.

Dieta vegetariana o vegana?

Iniziano con il prefisso “veg” vari tipi di diete che sono accomunate dall’esclusione di carne, pesce e prodotti derivati dalla loro lavorazione, nonché dall’assunzione di un’ampia varietà di cibi di derivazione vegetale, ma che si differenziano l’un l’altra per l’esclusione di diversi gruppi di alimenti. La più diffusa in Italia è la dieta latto-ovo-vegetariana (LOV), che ammette cibi di produzione animale, quali uova, latte e latticini. Sue varianti possono essere la dieta lattovegetariana, quella ovo-vegetariana e la dieta crudista, che esclude tutti i cibi cotti a temperature superiori a 46 °C; la dieta vegana, invece, non prevede alcun cibo di origine animale.

Le diete vegetariana e vegana devono prevedere l’impiego giornaliero di cereali, variando la scelta tra riso, frumento, mais, miglio, avena, orzo, segale, così come di legumi, di sorgenti proteiche quali la soia, la frutta secca, i semi oleaginosi (lino, zucca, canapa, sesamo, girasole), le uova e i latticini (esclusi però dalla dieta vegana), fino al seitan (un alimento, altamente. proteico, ricavato dal glutine del grano). L’apporto di grassi è dato dall’uso dell’olio extravergine di oliva così come dagli oli di semi, di noci e di lino; ampio dev’essere inoltre l’utilizzo di verdure, specialmente crude, e di frutta. Ma quali sono le ragioni che orientano la scelta di alcune famiglie verso un’alimentazione vegetariana o vegana per i loro bambini?

La salute al primo posto

Le ragioni salutistiche sono quelle che hanno un maggior peso in Italia. Anche se non esistono studi scientifici in età pediatrica sulla reale efficacia di una dieta vegetariana nel prevenire le malattie croniche, sono ormai evidenti gli effetti negativi derivanti da un consumo eccessivo di alimenti di origine animale. Da anni, autorevoli istituzioni scientifiche consigliano una dieta basata su un ridotto consumo di prodotti animali e su una grande varietà di cibi vegetali: si ritiene che un simile regime alimentare – che accomuna la dieta vegetariana alla dieta mediterranea, basata soprattutto su cereali, frutta, verdura, olio d’oliva – sia efficace nel prevenire le malattie cardiovascolari, il diabete e diversi tipi di tumori (o anche problemi “minori” come la stitichezza, ne parliamo in questo articolo sulla stipsi in gravidanza).

Da una ricerca americana è emerso che i vegetariani avevano una mortalità per tutte le cause inferiore del 12% rispetto ai non vegetariani, ma c’è da considerare che questa scelta alimentare in genere si accompagna anche a uno stile di vita più salutare, che esclude alcol, fumo e sedentarietà. In seconda istanza ci sono le motivazioni etiche, dal momento che sono considerate inaccettabili le sofferenze inflitte agli animali, riconosciuti come esseri senzienti anche dalla normativa europea. Non sono invece tante le persone che scelgono di mangiare vegetariano per ridurre l’inquinamento causato dagli allevamenti degli animali domestici, anche se l’impatto ambientale di questa industria è assai pesante. Infine, la preferenza a diete prive di carne può essere motivata da ragioni religiose o economiche.

Tra evoluzione e attualità

Sicuramente la nostra dentatura, l’assenza di zanne e la lunghezza del nostro intestino non ci caratterizzano come predatori carnivori. D’altra parte, secondo alcuni studiosi, l’uomo si sarebbe evoluto anche grazie al passaggio a un’alimentazione carnivora: lo scimpanzé – l’animale che ci è più vicino ed è vegetariano – passa gran parte del suo tempo a masticare. Per 2,5 milioni di anni, fino all’introduzione dell’agricoltura (circa 10.000 anni fa) i nostri progenitori sono stati cacciatori-raccoglitori, cioè si sono nutriti raccogliendo bacche e radici ma soprattutto cacciando animali, preferendo quindi, a parità di peso, un cibo molto più denso di calorie e nutrienti. Lo studio dell’evoluzione, quindi, non ci chiarisce del tutto le idee.

Tornando ai tempi attuali, fa notizia l’aumento, negli ultimi tre anni, dei casi di lattanti ricoverati con sintomi neurologici (col rischio di conseguenze gravi e permanenti) dovuti a carenza di vitamina B12 in gravidanza: si tratta di pochi casi, usati come pretesto da alcuni pediatri per puntare il dito contro la dieta vegana. Anche la scuola sta diventando terreno di scontro, visto che è in crescita il numero di genitori che richiedono per i loro figli una dieta vegetariana o vegana in mensa. Inoltre, le linee guida del Ministero della Salute, che prevedono la sostituzione delle diete per «ragioni etico-religiose o culturali» senza certificato del pediatra, ma solo su domanda dei genitori, hanno provocato resistenze da parte di diversi comuni.

Cosa dicono gli studi?

Al di là della confusione che può creare questo “rumore di fondo” provocato da opinioni varie ed estremizzazioni ideologiche, fino ad arrivare alle immancabili teorie pseudoscientifiche amplificate dal web e dai social network, non possiamo negare che il fenomeno esista e sia diffuso: perciò, quello che conta, è stabilire se l’alimentazione vegetariana/vegana nei bambini sia in grado di garantire un buono stato di salute. Diverse importanti associazioni scientifiche pediatriche si sono pronunciate sulla dieta vegetariana così come su quella vegana affermando che tali scelte alimentari possono essere considerate adeguate e salutari dallo svezzamento all’adolescenza, purché «correttamente pianificate» (come abbiamo spiegato anche nell’articolo sullo svezzamento vegano).

Niente “fai da te”, quindi (ne parliamo anche in questo articolo sull’aumento del peso in gravidanza), ma attento controllo da parte del pediatra sulla crescita e lo stato di salute del bambino, nonché opportuna integrazione di quelle diete che escludono determinate categorie di alimenti. Per motivi etici (i partecipanti alla ricerca verrebbero esposti a rischi superiori ai benefici) non esistono studi sugli effetti che diete vegane/vegetariane non “corrette” potrebbero avere sulla crescita e lo sviluppo neurologico del bambino, mentre sono ben conosciuti gli effetti della mancanza di determinati nutrienti. In ogni caso, nel raffronto tra bambini “onnivori” e bambini vegetariani non sembrano esserci, nelle diverse età, differenze significative di peso o statura. Secondo alcuni, una dieta che va integrata non si può considerare sana. Ma allora che dire dell’acido folico che tutte le donne dovrebbero assumere prima di intraprendere una gravidanza? Dietro una buona alimentazione ci devono essere sia una corretta educazione alimentare sia una comunicazione funzionante tra pediatra e genitori, altrimenti il rischio è che si verifichino carenze o eccessi.

Aspetti critici di una dieta vegana

Se parliamo di dieta vegana, i rischi di un non adeguato bilanciamento sono enormemente superiori. La carenza più significativa di una dieta vegana riguarda la vitamina B12, presente solo in cibi di origine animale, quali carne, pesce, uova, latte e derivati. Il bambino “vegano” deve assumere pertanto la vitamina B12 come integratore, dato che gli alimenti arricchiti con tale vitamina sono ancora poco diffusi in Italia. Nel lattante i sintomi da carenza, all’inizio assenti o poco evidenti, possono consistere in anemia o grave ritardo di crescita e di sviluppo, fino ad arrivare a danni irreversibili al cervello. Sia in gravidanza sia in allattamento la mamma vegana deve quindi assumere quantità sufficienti di vitamina B12.

La vitamina D, importante nel controllo del bilancio del calcio e del fosforo nelle ossa e coinvolta anche nella regolazione del sistema immunitario, è contenuta ad esempio nelle uova e in alcuni pesci (sardina, salmone, sgombro e tonno), ma si produce anche esponendo la pelle al sole. I vegani, non assumendo uova, corrono un rischio maggiore di esserne carenti, specialmente nel periodo invernale: è pertanto raccomandabile assumere integratori o alimenti arricchiti con tale vitamina (ne abbiamo parlato anche in questo articolo). Esiste anche il rischio di carenza di calcio, del quale sono ricchi latte e formaggi, anche perché la grande quantità di fibre ingerite con una dieta vegana ne riduce l’assorbimento. È opportuno pertanto aumentare l’introduzione di calcio tramite cibi quali cereali integrali, legumi, verdure a basso contenuto di ossalati, frutta secca, semi oleaginosi. Il basso contenuto calorico della dieta può essere corretto dall’aggiunta di frutta secca e semi oleaginosi, cibi particolarmente calorici.

Tenere i rischi sotto controllo

Con queste premesse anche l’autosvezzamento (o meglio “l’alimentazione complementare a richiesta”) può essere proposto con le stesse modalità valide per le famiglie “onnivore”. L’allattamento al seno va incoraggiato fino ai 2 anni di vita e oltre, se la mamma e il bambino lo desiderano, sia per la dieta vegetariana sia per quella vegana. Se la mamma non allatta o smette di allattare, va consigliata in sostituzione un’opportuna formula vegetale (riso o soia). Anche l’adolescente va attentamente monitorato, anche perché una scelta vegana in tale età potrebbe nascondere e al tempo stesso essere il primo segnale di un disturbo grave del comportamento alimentare quale l’anoressia.

Possiamo dire quindi che se sono presenti una valida integrazione e un attento controllo, le diete vegana e vegetariana in età pediatrica risultano adeguate; particolare attenzione va posta in alcune fasi critiche: mamma in gravidanza e in allattamento, nel lattante, e in adolescenza. È in questi periodi che l’esclusione dal la dieta di qualunque alimento di origine animale può esporre al massimo rischio di carenze nutritive e conseguenti patologie; questo significa che il rapporto del pediatra con le famiglie è fondamentale nel guidare le scelte, ma anche nel sostenerle e gestirle nel modo migliore.

Ferro, zinco e acido alfa linolenico: occhio a quei tre!

Se si fa una dieta vegana o vegetariana, oltre a tenere sotto controllo l’assunzione di vitamina B12, calcio e vitamina D, bisogna fare attenzione ad altre possibili carenze:

  1. L’acido alfa linolenico (ALA), un acido grasso della serie omega 3, è fondamentale per lo sviluppo del cervello e della retina, nonché per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Nel bambino che fa una dieta vegetariana, mentre è facile ottenere un buon apporto di acido linoleico (acido grasso più diffuso della serie omega 6), va posta grande attenzione al contenuto nella dieta di acido alfa linolenico, presente in pochi alimenti, quali noci, semi di lino o di canapa.
  2. Il ferro è essenziale per il nostro organismo, perché, legandosi all’emoglobina, permette il trasporto dell’ossigeno nel sangue. Questo metallo può essere assunto solamente attraverso l’alimentazione, ma esistono delle importanti differenze tra i tipi di ferro presenti nei vari cibi. Infatti, mentre il ferro contenuto nella carne è di tipo eme, e viene assorbito dall’intestino in alta percentuale, quello presente nei vegetali è invece di tipo non-eme, molto abbondante nei legumi ma meno assorbibile di quello contenuto nella carne. L’assorbimento del ferro è ostacolato dai cereali, da vegetali come spinaci e cavoli, dal tè, dal caffè (ne parliamo in modo approfondito in questo articolo) e dal cacao, ma è favorito dagli agrumi: è bene quindi aggiungere quotidianamente alla dieta del succo di limone (ad esempio come condimento dell’insalata).
  3. Fibre e fitati (sali dell’acido fitico e di alcuni minerali) contenuti nei vegetali riducono anche l’assorbimento dello zinco. Strategie come l’ammollo e la lievitazione sono utili per limitare il contenuto di queste sostanze.

Immagine per l'autore: Paolo Moretti
Paolo Moretti

pediatra, esercita la professione di pediatra di famiglia a Padova. È presidente dell’Associazione Culturale Pediatri di Venezia e collabora come volontario con la onlus “Rafiki - Pediatri per l’Africa”.

Articolo pubblicato il 28/04/2020 e aggiornato il 18/04/2024

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