Prove allergiche bambini: quando farle e per quali motivi

La richiesta di eseguire le prove allergiche nei bambini è sempre più frequente, con prescrizioni spesso inappropriate e inutili stress per i piccoli e per le loro famiglie. Quando è davvero il caso di effettuarle? E come vengono eseguite?

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Giulia Ceglie , pediatra
bambino fa le prove allergiche

Sara ha 3 anni e ha presentato vari episodi di otite media anche severa… Ginevra, 4 anni, ha il “naso sempre chiuso”… Giovanni invece soffre di laringospasmo ricorrente…

In tutti questi casi i genitori, nella speranza di scoprire le cause dei sintomi, chiedono al pediatra di eseguire delle prove allergiche. Eppure, per nessuna di queste condizioni cliniche vengono generalmente indicate.

La richiesta di eseguire le prove allergiche nei bambini è sempre più frequente, con prescrizioni spesso inappropriate che possono portare alla presenza di falsi negativi o falsi positivi, oltre a un inutile stress per i piccoli e per le loro famiglie. Per evitare queste situazioni, in cui le prove allergiche, oltre che inutili, possono dare informazioni non veritiere e risultare quindi controproducenti, occorre che le prescrizioni vengano fatte solo se necessarie e che venga prescritto il giusto tipo di test a seconda dei sintomi e del sospetto clinico. Vediamo insieme quando è indicato eseguire le prove allergiche e come queste vengono effettuate.

Come si capisce se un bambino è allergico?

Come capire se un bambino è allergico? Nel soggetto allergico il sistema immunitario reagisce in maniera anomala contro sostanze che normalmente sono innocue. Queste sostanze sono definite “allergeni” e possono trovarsi nei cibi (allergie alimentari) o nell’aria sotto forma di polline o polveri (allergeni inalanti).

È ormai noto che le cause possono essere molteplici. Gioca sicuramente un ruolo fondamentale la predisposizione genetica, spesso ereditaria (uno dei due genitori o fratelli è allergico) che può essere diversa tra i diversi familiari (ad esempio, nella stessa famiglia un genitore può avere un’allergia ai pollini e un figlio un’allergia alle proteine del latte).

Vi sono però anche cause ambientali, tra cui una serie di fattori che possono essere ricondotti alla cosiddetta “teoria dell’igiene”: secondo tale ipotesi, la maggiore igiene in cui vivono i nostri bambini nei primi mesi/anni di vita rispetto al passato fa sì che il loro sistema immunitario, non incontrando i più comuni virus e batteri, si rivolga contro altri bersagli innocui, cioè gli allergeni. Attualmente, gli studi in parte confermano e in parte smentiscono questa teoria. In ogni caso, è ormai noto che i fattori ambientali coinvolti nello sviluppo delle allergie nel soggetto predisposto sono numerosi e includono inquinamento, esposizione al fumo, eccessivo riscaldamento ambientale, scarsa o eccessiva esposizione a determinati allergeni. 

Ma quali sono i sintomi dell’allergia nei bambini? Anche questi possono variare. Si va da quelli lievi (ad esempio la rinite) a quelli potenzialmente fatali come l’anafilassi (reazione allergica grave e pericolosa per la vita). A seconda dell’allergene coinvolto si possono manifestare sintomi diversi. Ad esempio, gli allergeni alimentari tendono a dare per lo più sintomi di tipo gastrointestinale (diarrea, vomito, ematochezia, cioè feci miste a sangue rosso vivo), gli allergeni inalanti invece spesso sono responsabili di sintomatologia respiratoria, cioè rinite o asma

Alcune reazioni, però, non sono così facili da leggere. Ad esempio, sia gli allergeni alimentari che inalanti possono dare luogo a manifestazioni cutanee (eczema, orticaria). In merito a quest’ultima evenienza, ricordiamo che una manifestazione cutanea può precedere la sensibilizzazione verso un determinato alimento, rappresentando quindi un importante campanello di allarme. Un rallentamento della crescita può invece indicare un’allergia alimentare qualora questa causi malassorbimento.

Un tipo di manifestazione molto grave e potenzialmente fatale è l’anafilassi, che di solito si verifica in seguito alla puntura di insetti (imenotteri) o all’ingestione di determinati alimenti (ad esempio le arachidi). In tali casi, la reazione sarà così violenta da mettere in pericolo la vita del bambino. 

Come funzionano i test allergici per bambini

Cerchiamo ora di capire come funzionano le prove allergiche per i bambini e quando sono necessarie. Come già ricordato, spesso le informazioni cliniche raccolte possono già darci delle risposte sull’eventuale presenza di allergia e sugli allergeni coinvolti senza dover eseguire prove allergiche. Questo è vero, ad esempio, nel caso delle intolleranze, che hanno cause e rimedi completamente diversi rispetto alle allergie. Per quel che riguarda le allergie, una chiara correlazione tra l’ingestione di un cibo e una reazione allergica può essere sufficiente (se ripetuta più di una volta) per fare una diagnosi di allergia verso quel determinato alimento.

Nelle allergie il sistema immunitario reagisce contro molecole di solito innocue riconosciute come estranee, e la risposta può essere una reazione immunitaria immediata (di tipo I), i cui sintomi compaiono in breve tempo, oppure ritardata (di tipo IV), in tal caso i sintomi impiegheranno più tempo a manifestarsi (circa 24-48 ore). Nel caso delle intolleranze, di solito alimentari, non è coinvolto il sistema immunitario ma possono esserci motivazioni legate alla mancata capacità dell’organismo di metabolizzare un determinato componente dell’alimento, è questo il caso dell’intolleranza al lattosio. I test allergici di cui parleremo non servono a diagnosticare un’intolleranza. Vediamo quali sono i più utilizzati e a cosa servono.

Prick test

Tra i più diffusi troviamo i Prick test, che servono a individuare un’allergia di tipo I. Si effettuano applicando delle gocce con gli estratti dell’allergene di cui si vuole testare l’allergia, successivamente la cute viene punta in corrispondenza della gocciolina. Dopo 15 minuti si passerà alla lettura del test osservando la reazione. Per una corretta lettura è necessario inserire anche un controllo negativo con acqua distillata e un controllo positivo con una goccia di istamina. Nel caso in cui vi sia una reazione con il controllo negativo, il test non è affidabile: siamo infatti di fronte a un soggetto con una reattività cutanea aspecifica. Il controllo positivo invece potrebbe essere falsato nel caso in cui un soggetto stia assumendo antistaminici o cortisone; anche in questo caso il test non è attendibile.

Nel caso di test positivo si osserverà un pomfo in corrispondenza della gocciolina di uno specifico allergene. È possibile testare moltissimi allergeni inalanti, alimentari e alcuni principi attivi farmacologici. In alcuni casi si può eseguire il cosiddetto prick by prick, cioè l’operatore immerge la lancetta nella sostanza sospetta (ad esempio un alimento) per poi praticare la puntura sulla pelle del bambino. Questo test può essere praticato a tutte le età ed è completamente innocuo, dal momento che comporta solo un leggero fastidio al momento della puntura.

Patch test

Anche i patch test sono test cutanei, servono a individuare i casi di allergia determinati da un meccanismo ritardato (di tipo IV). Il test consiste nell’applicazione di contenitori, con dentro l’allergene da testare, che vengono fissati alla pelle mediante cerotti anallergici. Il cerotto viene poi rimosso dopo circa 48 ore per la lettura del test e per verificare l’eventuale presenza di reazioni. Questa tipologia di reazioni non è frequente nei bambini ed è caratterizzata da manifestazioni cutanee da contatto con metalli (ad esempio il nickel) o altre sostanze (gomma, piante, eccetera). Si tratta di un test completamente indolore, salvo il prurito che può manifestarsi nella zona della reazione sotto al cerotto.

IgE e RAST

Vi sono anche dei test per le allergie che possono essere eseguite sul sangue, in particolare il dosaggio di IgE totali, cioè la classe di anticorpi implicati nelle reazioni allergiche di tipo I. Questi anticorpi sono particolarmente elevati nei soggetti atopici, cioè a rischio più alto di sviluppare allergie, ma può essere molto elevato anche in altre condizioni, quali le infezioni parassitarie (ad esempio nelle ossiuriasi) o alcune malattie reumatologiche.

Altro test che può essere utilizzato è il cosiddetto RAST, attraverso il quale si ricercano e dosano le IgE di specifici allergeni; una sorta di equivalente dei prick test ma che si esegue sul sangue. Questo tipo di esame è necessario nei rarissimi casi in cui non sia possibile eseguire i prick test, che risultano non solo meno invasivi, più rapidi ed economici, ma anche più sensibili dei rast (soprattutto se eseguiti con alimenti freschi con la tecnica del prick by prick).

Test di eliminazione e test di provocazione orale

Altri test “empirici” che possono essere proposti qualora il sospetto di allergia sia molto forte ma non vi sia una correlazione con i test eseguiti sono il test di eliminazione e quello di provocazione orale.

Nel test di eliminazione si prova a eliminare un alimento dalla dieta per un certo periodo (almeno tre-quattro settimane) e si verifica la scomparsa o il miglioramento del sintomo (ad esempio la dermatite).

Per il test di provocazione orale, invece, si procede, spesso dopo una dieta di eliminazione, a reintrodurre un alimento in ambiente ospedaliero per verificare se il soggetto è effettivamente allergico. Al bambino vengono somministrate quantità inizialmente molto ridotte e poi più cospicue dell’alimento e il test viene interrotto non appena compaiono sintomi allergici (in questo caso il test sarà positivo e l’alimento verrà quindi eliminato definitivamente dalla dieta, a meno che non si proceda con una desensebilizzazione).

L’esecuzione in ambiente protetto è necessaria per permettere ai medici di monitorare la risposta e agire prontamente se dovessero comparire sintomi allergici. Questo test è utile, ad esempio, nel caso in cui si voglia verificare la permanenza o scomparsa di un’allergia già diagnosticata. È questo il caso dell’allergia alle proteine del latte, che di solito si risolve spontaneamente nei primi anni di vita. In questi casi la reintroduzione dell’alimento sarà graduale per verificare l’assenza di sintomi e quindi la scomparsa dell’allergia.

Il test di provocazione orale però non serve soltanto per sapere se il paziente è davvero, o ancora, allergico, ma anche per stimare la gravità dell’eventuale allergia. Il test è utile, inoltre, per avviare un’eventuale desensibilizzazione orale (il cosiddetto “vaccino” contro l’allergia).

Per l’esecuzione di quasi tutti i test allergologici è importante che il bambino non stia assumendo una cura con farmaci antistaminici o cortisonici per bocca. Solitamente invece i cortisonici o broncodilatatori spray o in aerosol non costituiscono un problema. In ogni caso, se il bambino sta assumendo una terapia farmacologica, è sempre meglio informarsi tramite il pediatra per conoscere eventuali effetti sul test.

Quando fare le prove allergiche ai bambini?

Quando fare i ai test allergici bambini? La decisione di effettuare o meno il test allergico al bambino deve essere sempre presa nel contesto di una valutazione specialistica. Spesso, infatti, per giungere a una diagnosi (o a un’esclusione) di allergia può essere sufficiente la storia clinica del paziente e i sintomi presentati, senza ricorrere a prove allergiche che possono risultare costose e stressanti sia per il bambino che per la sua famiglia. 

Spesso i test allergologici vengono richiesti senza una reale indicazione. Tornando agli esempi iniziali, non vi è correlazione tra otiti ricorrenti o laringospasmo ricorrente e allergie. Anche per quanto riguarda il riscontro di naso sempre chiuso, le cause più frequenti sono quelle anatomiche (ipertrofia adenotonsillare) o infettive (infezioni respiratorie ricorrenti), mentre le allergie sono molto raramente implicate.

Inoltre, spesso vengono testati troppi allergeni, laddove la letteratura conferma ormai che ne basterebbero pochi per diagnosticare la maggior parte dei soggetti allergici (acaro, graminacee per i respiratori, latte e uovo per gli alimentari). Va inoltre considerata anche la stagionalità degli allergeni, che porterà ad allargare o restringere il pannello. Ad esempio, nel caso di un’allergia perenne potremmo allargare il pannello al pelo di gatto o di cane, mentre per quel che riguarda le allergie stagionali, alle piante in pollinazione nel periodo in cui siano presenti i sintomi.

Inoltre, è bene ricordare che i test allergici, di qualsiasi tipo, devono essere sempre prescritti e interpretati da uno specialista pediatra o allergologo. Vi sono infatti in commercio diversi test la cui attendibilità clinica non è dimostrata scientificamente e che rischiano di dare falsi positivi con eliminazione di alimenti o altre sostanze completamente innocui, o falsi negativi con il rischio che il soggetto resti in contatto con l’allergene incriminato.

Immagine per l'autore: Giulia Ceglie
Giulia Ceglie

Pediatra, nel 2024 ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Immunologia, Medicina Molecolare e Biotecnologie Applicate presso l’Università di Roma Tor Vergata. Attualmente lavora come Clinical Research Fellow presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dove svolge attività clinica presso il Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico e attività di ricerca presso i laboratori dell’Unità di Terapia Cellulare e Genica delle Malattie Ematologiche.

Articolo pubblicato il 08/04/2024 e aggiornato il 08/04/2024
Immagine in apertura microgen / iStock

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