Quali controlli fare in gravidanza?

Lo scopo dei controlli durante la gravidanza non è solo di accertare il livello di salute della donna e del feto, ma anche di favorire l’adattamento della futura mamma e informare la coppia sulle decisioni da prendere

Cristina Servienti , ostetrica
donna in gravidanza durante una visita di controllo

In gravidanza si alternano periodi che trascorrono veloci ad altri che appaiono interminabili; in particolare, durante le prime settimane, il tempo sembra subire un’improvvisa accelerazione. Ci si sente investite da un turbinio di emozioni, scombussolamenti fisici, decisioni da prendere: scegliere insieme al partner un percorso di gravidanza adatto alle proprie condizioni psico-fisiche e capire quali sono i controlli da fare più indicati al proprio stato, quando e perché farli

Per orientarsi in queste prime fasi, la coppia avrà bisogno di ricevere adeguate informazioni, che le permetteranno di capire quali controlli fare in gravidanza in base alla propria storia clinica. Scopriamo quali sono le cose essenziali da sapere.

Controlli in gravidanza: esami principali e perché si fanno

I controlli effettuati durante la gravidanza hanno lo scopo di accertare il livello di salute della donna e del feto, selezionando le situazioni che potrebbero richiedere un approfondimento e valutando i possibili rischi.

Gran parte degli esami effettuati per sorvegliare la gravidanza sono detti di screening: indagini che servono per identificare nella popolazione delle donne incinte particolari malattie che, se presenti, necessitano di trattamento.

Tra i controlli in gravidanza più importanti da effettuare durante troviamo:

  • tra gli esami del sangue, l’emocromo, gli enzimi epatici per valutare la funzionalità del fegato e la glicemia per individuare precocemente un eventuale diabete non riconosciuto o insorto in gravidanza (diabete gestazionale);
  • le prove di coagulazione del sangue, la verifica del gruppo sanguigno e il test di Coombs indiretto (per valutare la compatibilità tra Rh materno e fetale);
  • il test di tolleranza al glucosio (solo in casi selezionati), che serve a identificare il diabete gestazionale;
  • il test per valutare la protezione o la suscettibilità della donna nei confronti di alcune malattie infettive (ad esempio rosolia, toxoplasmosi eccetera);
  • l’esame delle urine e l’urinocoltura;
  • il Pap test (nel primo trimestre), per individuare precocemente eventuali tumori del collo dell’utero o alterazioni che col passare degli anni potrebbero evolvere in questa direzione;
  • il tampone vagino-rettale, per la ricerca del batterio streptococco beta emolitico;
  • l’ecografia per la datazione (nel primo trimestre), attraverso cui si valuta la corrispondenza tra le misure dell’embrione e la data dell’ultimo ciclo mestruale, e l’ecografia morfologica (al quinto mese).

Alcune regioni offrono anche un’ecografia all’ottavo mese, con cui si monitora l’accrescimento fetale. 

I risultati di questi esami sono fondamentali, perché ci permettono di valutare l’adattamento della donna durante la gravidanza. Essenziale, ad esempio, sarà il controllo sulla graduale diluizione di globuli rossi e piastrine nel plasma materno che aumenta di volume: un meccanismo, chiamato “anemia fisiologica”, che favorisce gli scambi tra donna e feto attraverso la placenta.

Ricordiamo anche che nei consultori di alcune regioni italiane viene distribuito un libretto per agevolare le future mamme nella comprensione e nella fruizione dei test di screening. Il ritiro di questo documento è inoltre un’occasione per avere informazioni sul percorso di assistenza in gravidanza e per prenotare le indagini previste.

Il calendario delle visite

Il numero di controlli da effettuare in gravidanza può variare da cinque a dieci, iniziando preferibilmente entro la decima settimana: uno ogni 4-6 settimane fino all’ottavo mese e uno ogni due settimane dal nono mese in poi.

Il calendario delle visite non è standard, ma personalizzato in rapporto ai bisogni della donna e alla sua esperienza: se è alla prima gravidanza, è probabile che richieda un numero di incontri maggiore rispetto a una donna che ha già partorito.

L’assistenza ostetrica

La letteratura scientifica evidenzia da sempre i benefici materni, in termini di gradimento e salute, determinati da un’assistenza ostetrica. Dal concepimento avvengono importanti modificazioni (in gran parte sostenute dal cambiamento dell’assetto ormonale) che consentono alla donna di adattarsi al ritmo della maternità, di attivare l’ascolto del proprio corpo, di scoprire le risorse che inconsapevolmente possiede e il meccanismo di protezione nei confronti del proprio bambino. 

L’ostetrica ha il compito di proteggere questo naturale processo, vigilando sullo stato di salute di mamma e figlio, potenziando le competenze materne, fornendo strumenti che possano aiutare la coppia a scegliere, riducendo l’intervento medico se non necessario e garantendo un prezioso sostegno. In generale, l’assistenza offerta durante il periodo che va dalla gravidanza al ritorno a casa dovrà garantire continuità.

È importante che l’ostetrica e la futura mamma comunichino fra loro efficacemente, con lo scopo di instaurare una relazione basata sulla fiducia. Durante ogni incontro verranno affrontati temi relativi alla gravidanza, allo sviluppo del feto, al parto e all’allattamento. Questo scambio, basato sull’osservazione e l’ascolto, permetterà di gestire efficacemente i sintomi che rappresentano per la futura mamma una novità, valorizzando quelle che sono normali manifestazioni durante la gravidanza.

Inoltre sarà compito dell’ostetrica effettuare le seguenti valutazioni:

  • calcolo dell’Indice di Massa Corporea: è un calcolo che mette in rapporto peso e altezza della donna. L’aumento di peso durante la gravidanza, in presenza di un IMC normale (cioè tra 18,5 e 25,9), dovrebbe essere tra gli 11,5 e i 16 kg;
  • misurazione della pressione arteriosa: è raccomandato misurare la pressione a ogni incontro, poiché oltre a essere un segno indicativo del benessere materno, è un parametro significativo del buon funzionamento placentare;
  • palpazione addominale: con le mani, l’ostetrica valuta la posizione del feto e i suoi movimenti, e stabilisce la quantità di liquido amniotico;
  • misurazione sinfisi pubica-fondo uterino: a partire dalle 20-24 settimane di gestazione, a ogni incontro l’ostetrica misura la lunghezza dell’utero che cresce in rapporto allo sviluppo fetale; una crescita armonica dell’utero segnala indirettamente uno sviluppo normale del bambino;
  • valutazione del tono perineale: verifica dello stato delle strutture muscolari del pavimento pelvico.
  • cardiotocografia (monitoraggio della frequenza cardiaca fetale e dell’eventuale attività contrattile dell’utero) e AFI (valutazione della quantità del liquido amniotico): si effettuano al termine della gravidanza, nella struttura in cui la donna ha deciso di partorire.
Articolo pubblicato il 09/09/2022 e aggiornato il 01/06/2023
Immagine in apertura Anchiy / iStock

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