Stitichezza del neonato e del lattante, è davvero il caso di preoccuparsi?

Le cause e le caratteristiche della stitichezza nel neonato e nel lattante sono molto diverse da quelle riscontrabili nei bambini più grandi. Nella maggior parte dei casi questo disturbo non dà alcun problema ai piccoli, ma occorre prestare molta attenzione qualora si associ ad alcuni sintomi specifici

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Giulia Ceglie , pediatra ematologa e ricercatrice
mamma fa massaggio per stitichezza del neonato

La mamma e il papà di Pietro, nato da appena un mese, sono preoccupati perché il loro bambino non fa la cacca da tre giorni. «Cosa possiamo fare per “sbloccarlo”?», chiedono non appena raggiungono il pediatra, un po’ confusi perché nel frattempo hanno ricevuto da nonni, amici e conoscenti una serie di consigli su rimedi fai da te.

La stitichezza nel neonato e nel lattante è un fenomeno molto comune, ma spesso non rappresenta affatto un disagio per i bambini. A volte basterà adottare alcune accortezze per risolvere la situazione; più raramente, invece, servirà un intervento medico.

Nel corso di questo articolo vedremo come riconoscere i sintomi e le cause più frequenti di stipsi nel neonato e nel lattante, ma approfondiremo anche i casi in cui i bambini fanno poca cacca per altre cause. 

Sintomi della stitichezza nel neonato e nel lattante

Le cause e le caratteristiche della stitichezza nel neonato e nel lattante sono molto diverse da quelle riscontrabili nei bambini più grandi. «Quindi come si fa a capire se il neonato è stitico?», potrebbero chiedersi i genitori del piccolo Pietro.

Partiamo da un punto che potrà sembrare ovvio ma che è sempre importante ricordare: i bambini non sono tutti uguali, e questo principio vale anche per la frequenza con cui fanno la cacca; ognuno ha il suo ritmo, per alcuni è normale andare in bagno due volte al giorno, per altri una volta ogni due giorni eccetera. 

Quand’è, allora, che possiamo parlare di stipsi nel neonato o nel lattante? Quando la ritenzione delle feci che perdura da giorni crea un disagio al bambino. In caso contrario, non c’è necessità di intervenire.

Non bisogna, però, considerare solo la frequenza con cui i piccoli fanno la cacca. Anche le evacuazioni difficoltose o dolorose, infatti, seppur quotidiane, sono sintomo di stipsi e vanno trattate.
Dunque, per capire se il neonato è stitico, è necessario osservarlo: se la cacca è poca e molto dura, probabilmente si tratta di stitichezza.

Più le feci stazionano nell’ultima parte del retto più si disidratano, si induriscono e saranno quindi più difficili da evacuare. In questo caso l’espulsione può causare dolore, e il bambino tenderà a non voler fare la cacca per non ripetere l’esperienza. Si rischia così l’instaurarsi di un circolo vizioso che rende le feci sempre più dure e il piccolo sempre più stitico. Bisogna anche considerare che neonati e lattanti si trovano quasi sempre in posizione distesa, il che non favorisce l’evacuazione delle feci.

Tutt’altro fenomeno si verifica invece quando il bambino piccolo facendo la cacca piange disperato, diventa tutto rosso per lo sforzo e solo dopo molti minuti riesce a evacuare feci morbide e formate normalmente. Questi non sono sintomi di stitichezza del neonato o del lattante, ma manifestazioni della cosiddetta “dischezia del lattante”, dovuta al fatto che i muscoli responsabili dell’evacuazione non sono ancora abbastanza maturi. Questo fenomeno, che spesso può far preoccupare i genitori, si risolve da solo ed è del tutto innocuo.

Stitichezza nei neonati: cause e allattamento 

Mentre nel caso di un bambino più grande possiamo parlare di stitichezza quando ci si trova di fronte a un numero di evacuazioni ridotte, la stitichezza nei neonati è più complicata da definire.
Nei primi 28 giorni di vita un neonato allattato al seno defeca in media molte volte al giorno (fino a otto), ma può anche capitare che ciò accada una volta ogni quattro-cinque giorni. 

Chi è alla ricerca delle cause della stitichezza del proprio neonato dovrebbe prima valutare un’importante questione legata all’assunzione del latte materno che, povero di scorie, viene completamente assorbito dal piccolo, lasciando ben pochi residui (questi andranno a costituire la massa fecale). Inoltre, l’intestino del neonato è ancora parzialmente immaturo; si contrae meno e, di conseguenza, fa avanzare meno le feci rispetto al bimbo più grande. Cosa fare in questo caso? Assolutamente nulla! I bambini allattati al seno non soffrono quasi mai di stitichezza, semplicemente fanno la cacca seguendo il proprio ritmo. 

E se il neonato è alimentato con il latte artificiale? La maggior parte dei neonati nutriti con latte in formula fanno la cacca due-tre volte al giorno, ma ciò dipende dal tipo di prodotto utilizzato. Infatti, le formule a base di latte vaccino o di soia causano feci più solide, quindi più difficili da espellere, mentre quelle “ipoallergeniche”, danno luogo a feci più liquide e quindi a evacuazioni più frequenti. 

Una buona regola per evitare la stitichezza nel neonato nutrito con formula artificiale in polvere è di rispettare la giusta proporzione tra polvere e acqua: la corretta idratazione della polvere eviterà feci troppo dense e difficili da espellere.

Stitichezza e svezzamento

«Dottoressa, quando Marco prendeva solo il mio latte faceva la cacca tutti i giorni e più volte al giorno, da quando abbiamo iniziato lo svezzamento invece tutto è cambiato: la cacca ora è dura e secca, la fa ogni due-tre giorni e mentre la fa si sforza al punto di arrivare a piangere».

Perché il bambino è stitico da quando è stato svezzato? È piuttosto comune che, già a partire dai primi giorni dello svezzamento, si verifichi un po’ di stipsi, poiché il sistema digestivo del bambino deve ancora abituarsi al cibo solido. Di nuovo, è importante ricordare che ogni bambino reagisce in maniera diversa e non c’è un numero giusto o sbagliato di evacuazioni giornaliere che definiscono se il piccolo è stitico oppure no. La cosa importante è che le feci siano morbide e che vengano evacuate facilmente e senza dolore

Se invece il bambino piange quando fa la cacca e le feci appaiono dure e “secche”, proprio come nel caso di Marco, probabilmente siamo di fronte a episodi di stitichezza. Nel lattante in fase di svezzamento è normale che le feci cambino colore e odore; anche queste modifiche sono dovute all’introduzione di cibi nuovi nell’intestino. 

Rimedi per la stitichezza del neonato

Se il neonato effettivamente si sforza molto nel fare la cacca e sembra provare parecchio fastidio, o se si nota un cambiamento repentino nelle abitudini e nel ritmo dell’evacuazione mentre nella sua alimentazione tutto rimane uguale, è possibile mettere in atto qualche rimedio per dargli sollievo.

Un buon rimedio per la stitichezza è fare un bagnetto caldo al neonato; l’acqua calda infatti può aiutarlo a rilassare i muscoli e ad avviare i movimenti intestinali. Una volta finito il bagno, ungiamo le mani con dell’olio o crema fluida adatti alla pelle del neonato e massaggiamogli il pancino in senso orario partendo dalla zona intorno all’ombelico. Il massaggio aiuta le contrazioni intestinali a far progredire la massa fecale verso le parti finali dell’intestino.
Mentre il bambino è sdraiato, muoviamogli le gambette verso la pancia per poi stenderle e ripiegarle di nuovo, proprio come se stesse pedalando una bicicletta. Questi movimenti stimolano la muscolatura addominale e aiutano i muscoli dell’intestino ad attivarsi per far progredire le feci.

Per quanto riguarda l’allattamento, molto raramente i cibi consumati dalla madre possono comportare un problema di stitichezza al neonato, per cui si consiglia di non eliminare cibi senza prima ascoltare il parere del pediatra.

Parlando di latte artificiale, invece, esistono numerose formule “anti-stitichezza”, una definizione che però è solo commerciale e non scientifica, in quanto non esistono studi che dimostrino l’efficacia di questi prodotti.

Un noto rimedio della nonna è quello di “stimolare” il neonato che non fa la cacca con la punta del termometro. Occasionalmente, se proprio si ha l’impressione che la cacca stia per uscire ma il bambino non riesca a espellerla, si può ricorrere a una stimolazione con un sondino o uno strumento simile (supposta, microclisma eccetera). Consigliamo però di non eseguire questa pratica abitualmente, per evitare che il corpo del bambino “dimentichi” come fare la cacca senza “aiutino”.

Rimedi per la stitichezza del lattante

I consigli dati finora per il neonato, in particolare il massaggio e il bagno caldo, sono utili anche quando il piccolo cresce, per risolvere la stitichezza del lattante.
Altro consiglio per la stipsi nel lattante è quello di sfruttare il cosiddetto tummy time, un momento di stimolo e gioco in cui il piccolo si trova a pancia in giù e inizia a esplorare l’ambiente circostante mentre impara a muoversi. Questo esercizio, fondamentale per lo sviluppo, favorirà anche il massaggio del pancino, dal momento che sfrutta i movimenti autonomi del bimbo.

Se abbiamo già iniziato con lo svezzamento, possiamo anche aiutarci con il cibo che il nostro bambino assume giornalmente. Aumentare l’acqua – e i cibi che la contengono – è una prima soluzione per riuscire a risolvere il problema della stipsi, ovvero quello di avere pochi liquidi nelle feci.

Anche aumentare il contenuto di fibre è fondamentale, poiché queste, non venendo assorbite dall’intestino, si mischiano alle feci e le rendono più morbide. La frutta quindi, piena d’acqua e fibre, è una nostra preziosa alleata (albicocche e pere ad esempio, sempre rispettando i tagli sicuri). Ricordiamo che prugne, susine e pere sono anche ricche di sorbitolo, uno zucchero che attira acqua nell’intestino rendendo le feci più morbide, un vero e proprio lassativo naturale. Spesso basta una piccola quantità di questi frutti o del loro succo diluito per avere un effetto immediato. 

Quali cibi sono invece da evitare se il lattante è stitico? È bene non far mangiare al bambino o alla bambina troppo riso o cibi processati, poiché riducono il contenuto di fibre nella dieta e hanno un effetto indurente sulle feci. Anche troppe banane o mele (specialmente se private della buccia) possono avere un effetto astringente.

Quando preoccuparsi per la stitichezza?

Il protrarsi di questo disturbo può portare alla formazione di fecalomi, cioè masse fecali disidratate molto grandi e dure che possono causare dolore addominale. Può capitare che la dilatazione estrema dell’intestino determini la fuoriuscita di piccole quantità di feci liquide (diarrea paradossa), che possono uscire senza controllo e quindi sporcare le mutandine. In caso ciò avvenga, è bene consultare subito il pediatra.

Abbiamo detto che nella stragrande maggioranza dei casi la stitichezza del neonato e del lattante non deve far preoccupare i genitori, in quanto si risolve spontaneamente o con piccoli accorgimenti. La stipsi, però, compare nell’elenco dei sintomi di alcune patologie, anche nei bambini molto piccoli. Tra queste:

  • Malattia di Hirschsprung (o megacolon, una malformazione congenita che riguarda l’intestino); 
  • fibrosi cistica;
  • malattie neuromuscolari;
  • ipotiroidismo.

Quando è il caso di chiamare il pediatra per la stitichezza del neonato o del lattante? Ogni qual volta vi siano segnali preoccupanti quali:

  • Sangue nelle feci. Ricordiamo che le ragadi anali (piccole fissurazioni della mucosa dell’ano) possono essere conseguenza di feci particolarmente dure e quindi dare luogo a ferite che possono sanguinare. Una semplice visita con ispezione della zona da parte del pediatra potrà fare chiarezza.
  • Interruzione dell’alimentazione. Se il bambino rifiuta il cibo o presenta vomito deve essere visitato con urgenza per escludere un’occlusione intestinale acuta. Ovviamente il rifiuto del cibo e il vomito devono verificarsi in più episodi, non ne basta uno per sospettare quest’eventualità.
  • Arresto della crescita, ovvero se il bambino smette improvvisamente di prendere peso.
  • Dolore addominale acuto e grave, ovvero un dolore che crea disagio e pianto inconsolabile nel bambino.

Riduzione della produzione delle feci e delle urine. Il numero di pannolini bagnati dalla pipì, insieme a quelli sporchi di feci, sono un parametro importante per valutare l’assunzione di un apporto adeguato di latte nei bambini allattati al seno.

Immagine per l'autore: Giulia Ceglie
Giulia Ceglie

Pediatra, attualmente svolge un dottorato di ricerca in Immunologia, Medicina Molecolare e Biotecnologie Applicate presso l’Università di Roma Tor Vergata e lavora come Clinical Research Fellow presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dove svolge attività clinica presso il Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico e attività di ricerca presso i laboratori dell’Unità di Terapia Cellulare e Genica delle Malattie Ematologiche.

Bibliografia
Articolo pubblicato il 08/07/2022 e aggiornato il 16/08/2023
Immagine in apertura morrowlight / iStock

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