Vostro figlio si avvicina al fatidico sesto mese e l’idea dello svezzamento imminente vi mette un po’ d’ansia? Avete sentito racconti di tentativi estenuanti, pappine che vengono sputate, strilli e strepiti appena viene messo il bavaglino? Tranquilli, quella dello svezzamento è una tappa destinata ad andare bene in ogni caso.
Può capitare che dopo il compimento del sesto mese di età il bambino non sia ancora pronto, che non mostri alcun interesse verso cibi diversi dal latte. In tal caso, l’atteggiamento più saggio, rispettoso e utile da parte degli adulti è quello di dare fiducia al piccolo e aspettare che sia lui a manifestare interesse verso il cibo solido. Compito dei genitori è quello di far sedere il bambino a tavola durante i pasti della famiglia e vedere se è attratto dai cibi presenti; se sembra fortemente interessato basta proporgli piccolissimi assaggi di quello che si sta mangiando, in modo che possa portarli alla bocca da solo o, se lo richiede, essere imboccato.
Importante: noi possiamo proporre, ma il bambino ha il diritto di provare, rifiutare e decidere quando basta. Quindi nessuna ansia da prestazione: è il piccolo che deve fare tutto da sé.
Evitiamo di voler infilare un boccone in più. Se il bambino chiude la bocca o gira la testa dall’altra parte dimostriamogli la nostra intelligenza accettando questo chiarissimo messaggio non verbale.
È necessario seguire schemi, orari e tabelle durante lo svezzamento? La risposta è no (ne parliamo in modo più approfondito anche in questo articolo). Esistono due modi per svezzare un lattante: quello che si avvale inizialmente di pappine e omogenizzati e quello comunemente definito “autosvezzamento”, che, come detto, prevede di passare direttamente all’assaggio dello stesso cibo che mangiano i genitori. Questo secondo metodo è quello che si usava prima che venissero prodotti cibi liofilizzati e omogeneizzati, ed è tuttora utilizzato nel mondo meno industrializzato.
È un approccio di certo più gratificante rispetto al primo, ma richiede alcune accortezze. Per prima cosa – è bene ripeterlo – bisogna attendere che sia il bambino a dare segnali di interesse vero il cibo dei grandi: allungherà le manine, chiederà un assaggino; deve, insomma, essere pronto, in caso contrario bisognerà aspettare i suoi tempi.
Seconda accortezza: ogni bambino è diverso, c’è quello famelico e onnivoro e quello neofobico e inappetente, quello che ama i sapori decisi e quello che vuole solo cose poco condite. Prendiamo atto che questo fattore non dipende da noi, ma dal temperamento di ogni bambino, che andrà comunque rispettato e accettato.
Ultima accortezza, inderogabile: si cucina in modo sano, partendo da materie prime di qualità, evitando cibi precotti o industriali e un utilizzo eccessivo di sale.
Dunque il bambino può mangiare quello che cucinate per voi. Ma immagino abbiate qualche perplessità: «Anche le lasagne?… E la frittata con le cipolle?». La risposta è: sì, se il piccolo dimostra di gradire queste pietanze.
Di ricette veloci e sane per l’autosvezzamento, che consentano di mettere tutti in tavola, lattante compreso, in circa un quarto d’ora, ne esistono molte. Eccone per voi alcune, utili se vi manca la fantasia. Le dosi sono calcolate per tre-quattro persone.