Mononucleosi: cos’è e come trattarla

È una delle malattie virali più “strane” dell’infanzia e dell’adolescenza, perché si può confondere con altre malattie, ha un lungo periodo di incubazione e, a volte, dura molto. La maggior parte delle volte è asintomatica e non ha conseguenze rilevanti per la salute

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Vincenzo Calia , pediatra e fondatore di Uppa
Controllo della faringe per sospetta mononucleosi

La mononucleosi è un’infezione virale, causata dal virus di Epstein-Barr, che nei bambini tende a manifestarsi con sintomi lievi ma può includere febbre, malessere generale, faringite e ingrossamento dei linfonodi. Di seguito vengono spiegati i segnali da monitorare, le modalità di trasmissione e il motivo per cui, nella maggior parte dei casi, la guarigione è spontanea. Si chiarisce anche quando gli esami come il Monotest o la sierologia possono essere utili per distinguere la mononucleosi da altre infezioni con sintomi simili. Vengono affrontati i tempi di recupero, la possibile splenomegalia e le indicazioni da seguire per evitare rischi, come la riduzione dell’attività fisica intensa. Ampio spazio è dedicato alla gestione dei sintomi, alla cura di supporto e ai casi in cui può essere necessario un approfondimento specialistico.

Una banale faringite e leggera stanchezza, oppure una febbre alta e prolungata, un’infiammazione del fegato, o ancora sintomi neurologici… La mononucleosi è una malattia virale, che colpisce anche i bambini e che può manifestarsi in modo molto variabile, a volte anche in maniera asintomatica. 

Ma si tratta di una malattia molto contagiosa? Come si trasmette la mononucleosi? Come si cura? In questo articolo cercheremo di rispondere alle domande più frequenti sull’argomento, dalle cause ai sintomi, alla durata, alle possibili conseguenze.

Cominciamo subito con il dire, per quanto riguarda la gravità della malattia, che, in un modo o nell’altro, l’abbiamo avuta tutti, ma pochi di noi ne hanno un ricordo: evidentemente, dunque, solo raramente la mononucleosi può avere conseguenze importanti.

Mononucleosi: le cause e come si trasmette

La mononucleosi infettiva è una delle più “strane” malattie virali dell’infanzia e dell’adolescenza: strana perché l’abbiamo avuta tutti – quasi sempre senza accorgercene –, perché si può confondere con altre malattie (la tonsillite batterica soprattutto) e anche perché ha un lungo periodo di incubazione e, a volte, dura molto. [1]

Strana anche per il modo in cui tanti la chiamano, ovvero “malattia del bacio”, un nome che dipende dalle cause di trasmissione della malattia.
Forse è proprio per queste stranezze che la mononucleosi gode di una cattiva (e non meritata) fama, e il solo pronunciare il suo nome fa più paura di quanto non dovrebbe.

Causa della mononucleosi è il Virus di Epstein-Bar (EBV), di cui esistono almeno due varietà (sierotipi) e per il quale non esiste un vaccino.
Al contrario delle altre malattie infettive, la mononucleosi è poco contagiosa: questo fa sì che si presenti spesso nei bambini più grandi e negli adolescenti

Come si prende la mononucleosi? La trasmissione avviene attraverso la saliva, motivo per cui è spesso chiamata “malattia del bacio”, soprattutto tra gli adolescenti. L’infezione si può trasmettere infatti attraverso la condivisione di bicchieri o per effetto di goccioline di saliva disperse con starnuti o colpi di tosse.

Mononucleosi: incubazione e contagio

L’incubazione della mononucleosi è molto lunga: fra i 30 e i 50 giorni. Per quanto riguarda il contagio, questa malattia si trasmette, come detto, con il passaggio della saliva, che può contenere una modesta quantità di virus per un lungo periodo di tempo, anche a distanza di oltre un anno dalla malattia; per questo motivo dopo la guarigione non viene prescritto un periodo di isolamento dalla collettività.

Una volta avuta, la mononucleosi si può riprendere? L’immunità dalla mononucleosi è permanente e perciò la malattia viene una sola volta nella vita. Solo in casi eccezionali ci si ammala due volte, ovvero qualora si abbia la sfortuna di incontrare due sierotipi diversi del virus; ma questo evento è molto raro.

I sintomi della mononucleosi

Veniamo ora ai sintomi della mononucleosi negli adulti e nei bambini. La maggior parte delle volte la malattia è asintomatica: è per questo motivo che molti adulti, pur risultando positivi ai test per la mononucleosi, non ricordano di averla avuta. Per quanto riguarda la mononucleosi nei bambini, invece, più sono piccoli e meno caratteristici saranno i sintomi.

I sintomi iniziali della mononucleosi sono: 

  • febbre;
  • gola dolente e infiammata con placche

A questi sintomi se ne possono aggiungere altri: 

  • senso di stanchezza; 
  • linfonodi ingranditi e dolenti ai lati del collo e, qualche volta, anche all’inguine e alle ascelle; 
  • milza e fegato ingrossati; 
  • ittero visibile soprattutto alle sclere (ovvero la parte bianca dell’occhio); 
  • gonfiore delle palpebre;
  • macchioline sparse sul corpo (esantema), nel 15% dei casi. 

Non sono rari i casi di mononucleosi senza febbre, motivo per cui capita spesso che una mononucleosi venga scambiata per una tonsillite batterica e curata con l’antibiotico (amoxicillina). Ma mentre nelle tonsilliti batteriche la somministrazione dell’antibiotico determina un velocissima scomparsa dei sintomi (soprattutto della febbre), nella mononucleosi l’antibiotico non solo è inefficace, ma è stato anche accusato di provocare un violento rash cutaneo (eruzione di bollicine sulla pelle). Studi recenti smentirebbero questa accusa, tuttavia la comparsa di un rash cutaneo in corso di una tonsillite febbrile non sensibile alla terapia antibiotica consente spesso di fare diagnosi di mononucleosi senza che sia necessario un prelievo di sangue. [2]

Diagnosi e durata della mononucleosi

Gli esami del sangue ci consentono di fare una diagnosi della mononucleosi. I sintomi, infatti, possono essere simili a quelli di infezioni provocate da altri batteri o virus (per esempio il citomegalovirus).

In particolare risultano alterati i valori dell’emocromo (aumento dei globuli bianchi, prevalentemente monociti e linfociti, e diminuzione dei granulociti), gli “indici di flogosi” (PCR), la bilirubina e le transaminasi. Sono inoltre presenti anticorpi contro il virus della mononucleosi (il già citato Virus di Epstein-Barr). 

La durata della mononucleosi è estremamente variabile: a volte, come abbiamo detto, viene in forma inapparente, altre volte invece i sintomi – soprattutto la febbre, l’infiammazione della gola e dei linfonodi e il senso di stanchezza – possono durare anche per qualche settimana. È proprio questa lunga durata della convalescenza ad allarmare i genitori e il pediatra e a indurli a fare degli esami del sangue specifici.

Il bambino potrà tornare a scuola quando si sentirà in grado di farlo, cioè nel momento in cui febbre e senso di stanchezza saranno passati. Inoltre, come già anticipato, per questa malattia non è previsto un periodo di isolamento.

È possibile una riattivazione della mononucleosi? No, è possibile. La lunga durata della mononucleosi e il suo decorso irregolare, che può alternare fasi di benessere a fasi di ripresa della febbre e degli altri sintomi, può dare l’impressione che la malattia si riattivi dopo la guarigione. Ma si tratta solo di un’impressione: in realtà la malattia non è ancora guarita. Come abbiamo già detto, non è possibile neppure una recidiva, tranne nel caso eccezionale di una nuova infezione da parte di un altro sierotipo del Virus di Epstein-Barr.

La mononucleosi ha una cura?

Come curare la mononucleosi? Così come per quasi tutte le malattie virali, anche per la mononucleosi non c’è una terapia da seguire. Il riposo e gli antidolorifici possono alleviare i sintomi. [3] Raramente si prescrive una terapia per la mononucleosi a base di cortisone (solo se la diagnosi è certa e le tonsille sono molto gonfie e ostacolano la respirazione). Nella quasi totalità dei casi, una volta fatta la diagnosi di mononucleosi, il pediatra rassicurerà la famiglia e consiglierà di attendere la guarigione spontanea della malattia.

Vietato usare gli antibiotici, come per tutte le malattie virali; se usata inappropriatamente, l’amoxicillina non solo non ha alcuna efficacia ma, come abbiamo già detto, può provocare un rash cutaneo piuttosto violento e fastidioso.

La mononucleosi in gravidanza è pericolosa? E per il neonato?

No, la mononucleosi in gravidanza non è pericolosa. Se una donna incinta dovesse contrarre la mononucleosi, né lei né il feto subirebbero alcun danno.

È inoltre estremamente improbabile che un neonato possa contrarre questa malattia, ma anche se questo dovesse accadere non correrebbe un rischio maggiore di quello che corrono i bambini più grandi e gli adulti.

Mononucleosi: le conseguenze

Esistono possibili complicazioni dovute alla malattia, anche se sono fortunatamente molto rare. Tra le conseguenze della mononucleosi troviamo ad esempio: epatite, anemia emolitica con diminuzione delle piastrine, miocardite (infezione del muscolo cardiaco), meningite, encefalite, Sindrome di Guillain-Barré (malattia che colpisce il sistema nervoso).
Non esiste alcun provvedimento terapeutico in grado di evitare l’insorgenza di queste complicazioni.

FAQ

Per quanto tempo un bambino con mononucleosi è contagioso?
La mononucleosi si trasmette principalmente attraverso la saliva. Dopo l’infezione, la fase di contagiosità è maggiore nelle prime settimane, ma il virus Epstein-Barr può essere eliminato con la saliva anche per mesi, senza necessariamente causare sintomi. Per ridurre il rischio di trasmissione è utile evitare la condivisione di stoviglie e oggetti personali. Per indicazioni specifiche sulla gestione in comunità (nido, scuola) è bene consultare il pediatra.

Quanto può durare la stanchezza dopo la mononucleosi?
La febbre e il mal di gola tendono a migliorare in 2–4 settimane, mentre la sensazione di stanchezza può persistere più a lungo, anche per alcune settimane dopo la fase acuta. Questo andamento è considerato normale e non indica necessariamente una complicanza. È utile favorire un recupero graduale delle attività e monitorare l’andamento con il pediatra, soprattutto se la stanchezza limita la vita quotidiana del bambino.

Quando si può riprendere l’attività fisica dopo la mononucleosi?
Poiché la mononucleosi può comportare un ingrossamento della milza, è prudente evitare sport di contatto e attività che potrebbero provocare traumi addominali per alcune settimane dopo la diagnosi. Il ritorno allo sport deve essere graduale e concordato con il pediatra, che valuterà eventuali segni di persistenza della splenomegalia. Per i bambini più piccoli, è possibile riprendere il gioco libero non rischioso man mano che l’energia ritorna.

È necessario ripetere esami del sangue dopo la guarigione?
Nella maggior parte dei casi, la mononucleosi guarisce senza bisogno di controlli ripetuti. Il medico può però richiedere esami aggiuntivi se i sintomi persistono a lungo, se sono presenti valori alterati inizialmente (come transaminasi elevate) o se si sospettano complicanze. La valutazione deve essere sempre personalizzata e basata sul quadro clinico del bambino.

Immagine per l'autore: Vincenzo Calia
Vincenzo Calia

pediatra e giornalista, ha esercitato per quarant’anni come pediatra di famiglia nel Servizio Sanitario Nazionale e ha fondato nel 2001 il bimestrale per i genitori «Un Pediatra Per Amico», che ha diretto per 16 anni. Attualmente è un pediatra libero professionista.

Note
[1] Ilaria Campagna, Beatrice Ferretti, Luisa Russo Mononucleosi «www.ospedalebambinogesu.it», 28 giugno 2018
[2] Sara Pusceddu, Vitalia Murgia, Federico Marchetti Può l'amoxicillina aumentare il rischio di rash nei casi di mononucleosi? «Medico e Bambino», giugno 2016, vol. 35, n. 6, p. 393-394
[3] Ospedale Niguarda Mononucleosi: quali sono i sintomi? «www.ospedaleniguarda.it», 9 aprile 2020
Bibliografia
Articolo pubblicato il 01/10/2019 e aggiornato il 19/12/2025
Immagine in apertura djedzura / iStock / Getty Images Plus

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