Pensare che il sonno del bambino sia simile a quello dell’adulto è un’idea molto diffusa ma, allo stesso tempo, sbagliata. Il sonno, infatti, è un fenomeno complesso, che si evolve e si modifica durante la crescita (ne parliamo anche in questo articolo sulla melatonina). Nei primi mesi di vita passiamo circa il 70-80% del tempo dormendo: le ore di sonno per il neonato sono circa 15-20 ore al giorno, contro le cinque-sei ore per la persona anziana.
Molte mamme si preoccupano perché – dicono – il loro neonato «dorme troppo». Cominciamo col dire che il neonato ha più bisogno di dormire (sempre considerando che ogni bambino è differente dall’altro come spieghiamo anche nell’articolo Come addormentare un neonato) e che poi, crescendo, tale esigenza si riduce gradualmente. A tal proposito, numerosi studi evidenziano che un adulto necessita di circa otto ore di sonno al giorno, un dato che però trova riscontro solo negli adolescenti e che decresce man mano che l’età avanza.
I neonati e i bambini in generale dormono di più principalmente perché il sonno influisce sulla loro crescita, in particolare favorendo lo sviluppo cerebrale (soprattutto il sonno nella fase REM, cioè quello più leggero); consolidando la memoria e tutto ciò che il piccolo apprende durante il giorno; stimolando la secrezione dell’ormone della crescita; rafforzando il sistema immunitario; consentendo all’organismo di rallentare e al cervello di “ripulirsi” dalle tossine accumulate durante la veglia.
Come già detto, si calcolano circa 15-20 ore al giorno di sonno per il neonato. Il sonno evolve anche nel corso della giornata e si divide in cicli, della durata di circa un’ora (90-120 minuti per i bambini più grandi e per gli adulti). Anche nell’arco della notte i cicli si susseguono uno dopo l’altro; è dunque sbagliato pensare che il sonno (del neonato come dell’adulto) sia continuo. Inoltre, all’interno del singolo ciclo (anche questo vale sia per i bambini sia per gli adulti) si susseguono “fasi” diverse tra loro in termini di quantità di tempo. I 60 minuti che compongono il ciclo del sonno di un bambino sono divisi tra fase REM e non-REM. Alla nascita, il sonno REM rappresenta circa il 50% del totale, intorno ai 2-3 anni diventa il 25%, per raggiungere poi (come negli adulti) circa il 20% intorno ai 6 anni. Come anticipato, la percentuale di sonno REM nei bambini è maggiore perché funzionale allo sviluppo cerebrale.
A noi adulti capita spesso di svegliarci durante la notte tra un ciclo di sonno e l’altro. Spesso non ce ne accorgiamo neppure o semplicemente ci giriamo dall’altra parte per iniziare un nuovo ciclo. Al neonato e al bambino in generale accade la stessa cosa ma con maggior frequenza (i loro cicli sono più brevi, dunque si parla di “micro-risvegli”), solo che spesso non sono abituati a riaddormentarsi da soli e quindi richiamano l’adulto per essere supportati: tutto ciò è assolutamente normale, dipende dal fatto che i piccoli si spaventano per la lontananza della figura di accudimento, un meccanismo presente anche nel mondo animale e che costituisce una prima difesa dei cuccioli dall’aggressione dei predatori.
Nel caso in cui l’incidenza dei risvegli tra un ciclo di sonno e l’altro aumenta si parla di sleep regression, un fenomeno che si verifica maggiormente nei seguenti momenti:
Quando parliamo di “disturbi del sonno” facciamo riferimento a condizioni che generalmente si verificano nei bambini dai 2 anni in su, come ad esempio gli episodi di sonnambulismo, o i pavor nocturnus (terrori notturni), che compaiono dopo i 2 anni e possono manifestarsi fino a circa 6 anni, e i più comuni incubi. I primi si presentano nelle prime ore del sonno e hanno una durata che varia da uno a 15 minuti: il bimbo appare agitato, spaventato, può parlare in modo confuso, piangere, e tutto ciò può essere accompagnato da tachicardia, sudorazione, dilatazione delle pupille, aumento del tono muscolare.
Gli incubi invece si associano notoriamente a sogni dal contenuto pauroso o angosciante e si presentano nelle ultime ore della notte, in corrispondenza del sonno REM (di come sognano i bambini parliamo in modo approfondito in questo articolo). Mentre del pavor nocturnus non viene ricordato il contenuto, l’incubo viene più facilmente richiamato alla memoria, forse proprio perché si presenta in una fase del sonno più leggera.
Alla luce di quanto detto, possiamo comprendere quanto sia importante lasciar dormire il neonato per tutto il tempo che gli è necessario, cosicché impari a gestire autonomamente i propri ritmi. In alcune circostanza, il piccolo può (o meglio deve) essere svegliato, ad esempio se passano molte ore tra una poppata e l’altra, ma in ogni caso è importante che ciò avvenga possibilmente nelle fasi di sonno leggero, per evitare di irritarlo e innervosirlo.
In generale, il sonno del bambino richiede tempo per autoregolarsi. Molti studiosi hanno “idealizzato” modelli e studi relativi alle differenti modalità di gestione e messa a letto che possono favorire questo naturale processo. Vediamo cosa si può fare, da un punto di vista pratico, per rendere il momento della nanna più facile non solo per i piccoli ma anche per noi genitori:
consegue la laurea in Scienze e tecniche psicologiche e la laurea magistrale in Psicologia dello sviluppo e dei processi educativi presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Successivamente la sua formazione si concentra sulla psicodiagnostica e sul sostegno psicologico a genitori e bambini. Membro del consiglio direttivo dell’Associazione Scientifica Italiana di Psicologia perinatale, dal 2017 lavora presso il reparto di Patologia neonatale dell’Ospedale San Raffaele fornendo supporto psicologico ai genitori dei piccoli ricoverati e presso il Day Hospital della Clinica Pediatrica De Marchi di Milano.